“Disperati Mai”: il Gruppo Sole 24 ore, in particolare Radio 24, nel 2012 aveva reagito con energia e cuore al tragico succedersi di suicidi di imprenditori in un contesto ai limiti della fantascienza. Perché spesso si trattava di gente con una montagna di crediti da riscuotere dallo Stato o dagli enti pubblici. La rubrica ha fatto conoscere storie straordinarie, uomini, idee, creatività e radici che ci portano a essere uno dei cinque paesi al mondo leader nel manifatturiero. Imputati sempre la burocrazia e le banche, che chiudono i rubinetti.



Perciò “l’asta” di liquidità offerta dalla Bce alle banche, il 18 settembre, non può restare un piccolo argomento nello scenario economico, intanto perché, quale che sia l’opinione su Draghi, severissima come quella di Giulio Sapelli, o entusiasta come per  Davide Serra – il finanziere amico di Renzi – se c’è un settore che ha corso verso il futuro, verso l’idea di più Europa, è quello delle banche. La crisi, in Europa e nel mondo, ha evidenziato fra le altre cose che si crea un legame pericoloso fra l’idea (o la percezione) sulla solvibilità di uno Stato e la tenuta del sistema delle banche. Specie dove – come in Italia e in Europa – queste hanno conservato di più la vecchia fisionomia di cassa del risparmio privato, e di leva per le attività d’impresa.



Perciò siamo all’inizio di una pagina davvero nuova. Dall’inizio dell’anno la Bce sta esaminando circa 130 banche europee (15 italiane, diventate 14), quelle considerate sistemiche sulle circa 6.000 dell’Unione. Il progetto (Aqr, Asset quality review) è una specie di collaudo del ruolo della Bce, che diventa il punto di riferimento per la vigilanza e per eventuali soluzioni di crisi. Vigilanza unica per ora in via diretta per quel gruppo di banche, ma è ovvio che criteri e principi, messi a punto in stretta collaborazione con le banche centrali nazionali, diventano il modello valido per tutti. L’obbiettivo, dell’esame in corso e del progetto nel suo complesso, è un trinomio fatto di sicurezza individuale (delle banche), efficienza del sistema e stabilità. Una pre-condizione per lo sviluppo.



Lo stress test, riveduto e corretto (meglio calibrato alle peculiarità dei singoli Paesi, dopo gli esperimenti degli anni scorsi) completa la verifica, simulando le conseguenze di scossoni o crisi di varia natura. Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ripete da mesi che precisi studi e ricerche hanno dimostrato come nel momento peggiore della crisi dello spread “meno della metà di questo fosse riconducibile alla debolezza della nostra economia, il resto rifletteva i timori di rottura della moneta unica”. Perciò la complessa architettura della Bce ambisce a piazzare questo carburatore nel motore europeo, la cui nuova testata dovrà essere l’economia che riparte e il famoso mercato domestico che rivive.

E per non far mancare il carburante ecco il Targeted Longer-Term Refinancing Operations (Tltro), prestito della Bce alle banche allo 0,25% con vincolo di destinazione ad attività produttive e alle famiglie, esclusi mutui per la casa, e con meccanismo “punitivo” (in termini di tempi e interesse applicato alla restituzione) in caso di violazione dello scopo. La prima tranche (o asta) ha deluso nell’aspettativa, circa 82 miliardi contro quasi il doppio disponibile. Ma è stata solo la prima di 8, fino a metà del 2016.

Il rubinetto europeo offre ora il 7% del montante dei prestiti in essere al 30 aprile 2014, poi fino al triplo del valore dei nuovi prestiti. Visco spiega che in Italia si potrebbe arrivare a 200 miliardi. Le banche più presteranno, più potranno accedere a quella fonte. Economica, molto economica. Federico Ghizzoni, l’Ad di Unicredit, a margine dei lavori di Cernobbio, ha anticipato che quel danaro sarà disponibile (salvo il “rating”, la valutazione del rischio del singolo cliente) a partire dal tasso del 2,5%!

Le banche hanno esitato a chiederne perché attendono quel processo di verifica dal quale dipende molto della loro capacità di proposta sul mercato, dopo aver quasi tutte positivamente concluso processi di aumenti di capitale difficili da replicare e da gestire. Perché economisti (e Banca d’Italia) concordano che quella bancaria è un’attività che farà fatica a fare profitto, e perché questo processo di unificazione costa uno sforzo incredibile.

Luigi Federico Signorini, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, evidenziava di recente alla Cattolica che “tra norme europee di rango primario (direttive e regolamenti) e secondario (technical standard dell’Eba) e norme nazionali a vari livelli” la struttura della vigilanza europea presenta un’obbiettiva complessità. “Solo per le norme prudenziali di rango primario”, spiega Signorini, “si parla di 686 articoli e centinaia di pagine di testo con normazione tecnica, nel campo del sistema unico di risoluzione, stabilita da un accordo intergovernativo che ha natura di trattato internazionale”.

Questa complessità è parte della sfida. Qualcuno si è ucciso non sopportando più il volto dei propri dipendenti e l’assurdità per cui sentiva mancare la terra sotto i piedi. Non si dica più che è un problema di soldi. Dica l’impresa se li vuole e a cosa servono, dica la banca se li ha e si li vuole prestare.