Mentre – come vi ho spiegato venerdì – la speculazione sul debito sovrano della periferia dell’Ue non sta patendo perdite dalla scelta della Bce di portare i tassi di interesse sui depositi in negativo, ottenendo comunque returns a doppia cifra, c’è qualcuno che invece sta soffrendo e parecchio per le scelte dell’Eurotower, tanto da rischiare addirittura il downgrade da parte delle agenzie di rating. Si tratta dei giganteschi fondi comuni di investimento monetari europei, costretti a lottare con le unghie e con i denti per restare a galla dopo che i tassi in negativo hanno cominciato a drenare la linfa vitale del loro business.
A dirlo in un recente report è stata Standard&Poor’s, a detta della quale il complesso dei money market funds dell’eurozona – un elefante da 500 miliardi di euro – sta attraverso un periodo di forte stress finanziario poiché con il passare del tempo sta diventando sempre meno in grado di generare profitti, proprio alla luce della decisione della Bce di portare a -0,02% il tasso di deposito, di fatto comprimendo al ribasso i tassi a breve termine su tutto lo spettro delle scadenze.
Per Andrew Paranthoiene, direttore del credito di S&P’s, «la pressione sta montando e molto per questi fondi, noi stiamo osservando i loro portafogli ogni settimana. Se riscontriamo qualsiasi deviazione delle nostre metriche di credito, un comitato del rating potrebbe riunirsi per determinare se quell’azione era appropriata. Dal nostro punto di vista, ogni perdita di capitale significa che il principio di sicurezza è stato violato». Per capirci, i fondi comuni di investimento monetari hanno questo nome perché sono caratterizzati da un’estrema liquidità e il loro ambito di investimento è quello degli strumenti come i titoli di Stato nazionali ed esteri e le obbligazioni con vita residua inferiori a un anno.
Questi fondi vengono scelti più che per la decisione di destinare una parte del proprio patrimonio all’investimento, come un’alternativa alla liquidità di conto corrente: se abbiamo delle somme che non vogliamo vincolare ma da cui vogliamo percepire un rendimento seppur minimo, possiamo scegliere di investirle in un fondo monetario, che ha una duration breve che oltre a salvaguardare la liquidità mette al riparo da consistenti variazioni dei tassi di interesse che farebbero scendere il valore dei titoli del fondo. L’interesse percepito è dato dalla differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita, ma bisogna prestare attenzione a non utilizzare lo stesso fondo comune per troppo tempo, però, visto che sul periodo medio-lungo non permettono di coprire nemmeno l’inflazione (non è il caso attuale): vanno utilizzati solo per diversificare la liquidità a brevissimo termine.
A oggi Standard&Poor’s mantiene rating AAA per tutti i fondi d’investimento monetari europei, ma i timori di un downgrade, seppure in prospettiva, sono parecchi da parte degli esperti di questa industria, poiché vista la loro natura di “depositi” ultra-sicuri di denaro corporate non è chiaro per quanto potrebbero continuare a operare con un rating minore. Tanto più che alcuni fondi hanno già inviato sinistri segnali rispetto alla loro probabile incapacità di ripagare in pieno il denaro degli investitori e il gigante BlackRock ha attivato un Reserve Distribution Mechanism, mettendolo in condizioni di ripagare agli investitori minori quote di quante ne avessero acquistate attraverso l’Ics Euro government liquidity fund, citando a sua discolpa «condizioni di trading che pongono nuove sfide» dopo il taglio dei tassi della Bce.
Ovviamente, la compagnia si è affrettata a chiarire che questo non implica che il fondo vada a prezzare un return negativo e tantomeno che questo configuri una sorta di momento del “breaking the buck” – termine utilizzato nell’industria quando un fondo finisce sotto la parità di 100 -, visto che questo non accadrà fin quando il valore di ogni quota resterà costante. Stiamo però parlando di BlackRock, ovvero il più grande assets manager del mondo con investimenti per 4,6 triliardi di dollari e già altre aziende del settore stanno operando simili scelte per quanto riguardo il loro comparto di investimento monetario. Un insider ha però confermato al Daily Telegraph che «gli investitori hanno ricevuto fumo negli occhi, non sembra che abbiano ancora capito che il loro capitale è stato eroso e che molto facilmente incorreranno in perdite se vorranno estinguere le loro quote. Chiaramente siamo in pieno “breaking the buck”».
E vi assicuro che è un avvenimento davvero raro il fatto che un money market fund finisca sotto la parità, l’ultima volta che accadde – in grande stile – fu nel 2008 quando il Reserve primary fund ammise di essere incorso nel “breaking the buck” a causa della sua esposizione su Lehman Brothers: il colpo a livello di fiducia degli investitori fu decisamente forte. In Europa, però , il quadro è interamente differente, almeno stando al giudizio di Susan Handle dell’Institutional money market funds association (Immfa), a detta della quale per quanto riguarda il Vecchio Continente «il motivo del contendere è il rendimento, non il credito», ma resta il fatto che il problema c’è e anche abbastanza serio in prospettiva: soprattutto, ci mostra come tassi di interesse negativi siano una vera e propria arma a doppio taglio.
Non è infatti né chiaro, né automatico come i fondi possano senza incorrere in troppi rischi arrotondare un return positivo se i tassi negativi imposti dalla Bce si diffonderanno attraverso il sistema finanziario, visto che a oggi il tasso Eonia overnight è già al -0,017% e persino l’Euribor a tre mesi prezza un modestissimo 0,08%. Il fondi d’investimento monetari piazzano infatti il loro contante in un paniere misto di strumenti di debito a breve termine, con alcuni basati su tassi overnight: la scadenza media è tra i 45 e i 60 giorni e non hanno la possibilità di operare oltre i 397 giorni. Ma è la natura stessa del loro operato che mette in agitazione, visto che statutariamente l’industria nasce per offrire alle aziende un posto ultra-sicuro per parcheggiare denaro contante, il tutto sulla base di liquidità sufficiente per essere prelevata all’istante in caso di bisogno: i fondi diffondono quel denaro attraverso uno spettro molto ampio di assets e nei fatti sono più sicuri dei conti corrente bancari, anche perché l’assunzione di rischi maggiori nel trading è cosa poco gradita che va a intaccare l’ontologica purezza finanziaria del settore (sempre più sulla carta che nella realtà, a dire il vero).
Inoltre, i fondi giocano un ruolo chiave nel sistema finanziario, tanto è vero che uno dei motivi principali per cui la Fed non taglia mai i tassi in negativo sotto lo zero è proprio per il timore di effetti di ricaduta sui money market funds statunitensi, un gigante da 2,1 triliardi di dollari. Per Marc Ostwald della Adm investor services, «la scelta della Bce di tassi negativi può presentare un pericoloso ritorno di fiamma. Il settore corporate è seduto su un grosso quantitativo di contante e un calo della fiducia nel settore, magari legato a perdite, potrebbe spingere le aziende a vincolare quel denaro per sei mesi o di più in debito a più lungo termine al fine di garantirsi un rendimento positivo. Questo potrebbe portare a uno scoraggiamento generale verso l’investimento nel settore dei fondi d’investimento monetari».
Per la Immfa, i money market funds possono prosperare anche se i returns sono negativi, dato che le banche stanno respingendo i flussi di denaro e per le aziende non ci sono altri settori verso cui voltarsi: «Alla fine la nostra potrebbe essere la migliore cattiva opzione rispetto a quanto il mercato offre». Vedremo chi avrà ragione.