La nomina di Juncker alla testa della Commissione europea sta producendo degli effetti contro-intuitivi devastanti. In primo luogo, naturalmente, si tratta di una crisi contingente, ossia di contesto. La crisi da deflazione si approfondisce sempre più e inizia a essere chiaro, soprattutto sulla stampa internazionale anglosassone, che occorre cambiare linea economica. La grande Francia si sta risvegliando dal suo immenso sonno in cui era caduta di fatto dopo l’eliminazione politica – anche lì per via giudiziaria – di Chirac e del gollismo di combattimento che ispirava i suoi fedeli. Sarkozy era una macchietta che muoveva il can per l’aia – e si potrebbe giocar bene di parole – ma non spostava di un etto lo squilibrio dell’asse franco-tedesco tutto ormai orientato verso la massaia sveva, ossia la Cancelliera Merkel.



Certo, la crisi economica è devastante e da qui il guizzo di orgoglio nazionale con la sfida del guanto sul superamento necessario del 3% che l’Italia renziana si affrettava a rilanciare, ricevendo anch’essa uno schiaffone dalla massaia. Ma questa volta è difficile che la Germania incoroni di nuovo il suo imperatore a Versailles come accadde nel 1870, infliggendo un’umiliazione così grande alla Francia che neppure l’odio di Clemenceau dopo la sconfitta della Prima guerra mondiale riuscì a dilavare, con il trattamento riservato ai tedeschi dopo Versailles dai francesi. Un’altra Versailles: quella del trattato che fu così foriero di sconfitte morali e politiche ed economiche sia per l’Europa, sia per l’inconsapevole America del Nord stolidamente wilsoniana, che non ci si risollevò più dalla crisi se non dopo una depressione mondiale, un’altra guerra e un Piano Marshall che tutti i tedeschi in testa e gli economisti bocconiani in coda hanno dimenticato.



La crisi avanza con tendenze disgregatrici terribili. La Scozia è stata una prima scossa tellurica e non è finita. Il dibattito che si è aperto nel Regno Unito tra centralizzazione e federalismo fa accapponare la pelle e solo il coraggio di un Cameron che in questa situazione vola a Kabul per rassicurare il nuovo Presidente afghano che gli inglesi faranno come sempre il loro dovere per difendere la civiltà fa venire le lacrime agli occhi a confronto con le incertezze, le viltà, le stupidità dei post-westfalliani obamiani. Ma non basta: le faglie continuano. Ecco la Catalogna ai cui indipendentisti i tedeschi della Fondazione Adenauer – così come hanno fatto con gli scozzesi – dedicano ogni cura con una dedizione veramente ammirevole e…sospetta.



In fondo, il crollo degli stati nazionali è una sorta di indebolimento del Parlamento europeo e della coesione possibile tra tutti gli avversari potenziali e non solo dell’ordoliberalismus. E qui Juncker fa miracoli, con una coorte di quisling che fanno da scudo ai commissari potenzialmente ribelli; che umiliazione hanno inferto al povero Moscovici ma anche al povero Lord Hill: non gli è stato risparmiato nulla a riprova che i domestici – se possono – sputano nel piatto dell’aristocratico e del pari con gran gusto, tanto più quando possono farlo con incarichi di gran lusso. 

Gli intermediari finanziari europei sono certo in mani poco terze, ossia indipendenti, ma è stata una pena sentire il povero Sir bersagliato da insinuazioni personali piuttosto che oggettive. Chissà, forse si fa ancora così nelle cucine sveve quando un aristocratico cade nelle mani dei vecchi servi ora divenuti padroni.

E poi anche per Draghi son state brutte giornate. Dopo la riunione recente dei banchieri centrali a Napoli si è riversata su di lui una valanga di critiche per la sua inefficienza tecnica non avendo impedito la deflazione. Ma come stupirsi, è l’homunculus faustiano che fuoriesce dalla bottiglia! Come stupirsi, ha sempre parlato di inflazione bassa o non bassa, e allora che si vuole da chi non sa più nemmeno l’abbecedario dell’economia classica e quindi fa svarioni di ogni tipo? Ma il vero significato dell’assalto a Draghi son le sue inferme idee per ostacolare la crisi che tutti conosciamo. Non vanno bene a Frau Merkel. Ma neppur van bene, ecco la perfidia, a un nuovo vassallo: Martin Selmayr, che Juncker si accinge a nominare capo di gabinetto dal primo novembre e quindi presidente ombra della Commissione.

Persona, questo tal Selmayr, che non guarda in faccia nessuno. Si è permesso di modificare un comunicato di Cecilia Malmstrom, la quale dovrà negoziare il Trattato transatlantico con gli Usa. Ella non è contraria agli arbitrati internazionali a cui secondo gli Usa le imprese dovranno sottoporsi allorché il Trattato sarà firmato. La Germania, com’è noto, è decisamente contraria, e in effetti il problema è ben complesso. Ma non se ne discute. Tutto si svolge nell’ombra con clamorosi e nascosti colpi di mano negoziali. Ebbene: Selmayr ha modificato artatamente senza dir nulla il testo della Commissaria al Commercio. Vedremo come andrà a finire…

Io credo che già lo sappiamo. In Europa sta nascendo una nuova inedita versione della questione che oggi inquieta ogni democratico e liberale e socialdemocratico, ecc. di tutto il mondo, ossia una copia metaforica ma non troppo di ciò che accade a Hong Kong. Ma ora Hong Kong è qui in Europa. È la nostra nuova Versailles. La domanda è: “Quale delle due prima evocate?”. Entrambe sono state foriere di catastrofi. E così sarà per l’Europa di oggi se questa vergogna continua.