La Bce è pronta “ad acquistare bond sovrani” in caso di deflazione o di bassa inflazione prolungata. È quanto affermato da Mario Draghi, governatore dell’Eurotower, in occasione del suo discorso al Parlamento europeo. Nello stesso giorno, però, Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, in un’intervista al quotidiano Handelsblatt aveva spiegato che “tali acquisti possono creare nuovi incentivi per aumentare il debito”, e quindi vanno assolutamente evitati. L’annuncio di Draghi sulla possibilità di politiche espansive da parte della Bce arriva però proprio nel giorno in cui si registra il -0,4% del Pil del Giappone, la cui banca centrale ha attuato politiche espansive pur senza riuscire a risollevare l’economia. Ne abbiamo parlato con il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.



Il caso giapponese è la dimostrazione del fatto che Draghi ha torto?

Il problema del Giappone è che le politiche espansive hanno avuto come contropartita un aumento dell’Iva che ha mandato in fumo gli obiettivi, perché i consumi ne hanno risentito fortemente. Il primo anno si era registrato un incremento positivo del Pil, ma poi l’Abenomics è scivolata sull’Iva. I giapponesi, che non sono abituati a livelli di imposte sui consumi particolarmente alti, sono stati messi in difficoltà.



Eppure l’Abenomics era proprio basata su politiche espansive…

Prima di dire che le politiche espansive non funzionano, bisognerebbe andare a vedere Paesi come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna dove hanno funzionato benissimo. Il Giappone partiva da una situazione molto diversa rispetto a quella di America e Inghilterra, in quanto Tokyo aveva già una crescita pluridecennale molto bassa. Già prima della recessione il Giappone non era certo un centometrista del Pil, ma faceva una grande fatica a crescere.

Quali sono state le performance economiche di Usa e Uk?

I tassi di crescita dell’economia dell’Eurozona sono pari esattamente a un terzo rispetto a Stati Uniti e Gran Bretagna. In questi anni Draghi ha fatto il possibile per tenere insieme la squadra dell’euro, dimostrandosi in sostanza un allenatore-giocatore. Ma non può essere sempre e solo lui a rimediare i danni di una squadra dove metà dei giocatori è in campo per segnare e l’altra metà fa la barriera davanti alla porta avversaria anziché alla propria. Il clima di questi ultimi mesi, in cui non appena Draghi annuncia qualcosa fa seguito un contro annuncio della Bundesbank, non è francamente dei migliori.



Come valuta le prese di posizione della Bundesbank?

Sarebbe interessante che le banche centrali svolgessero un lavoro di tipo tecnico ed economico, mentre la Bundesbank sta operando come un soggetto politico. Nel 2012 Draghi è riuscito a calmierare il mercato dell’euro e dei titoli a costo zero. Adesso però se si continua a lavorargli ai fianchi in questo modo, diventa più debole.

 

L’acquisto di bond sovrani produrrebbe effetti positivi?

L’idea di Draghi di intervenire sui titoli pubblici non è peregrina, perché comunque in questo momento le banche di Paesi che erano stati in difficoltà, tra cui Italia e Spagna, hanno acquistato molti titoli di Stato. Un’operazione in stile americano sarebbe molto utile anche per liberare liquidità presso le banche, per poi riversarla utilmente sul mercato del credito a favore di imprese e famiglie.

 

La proposta di Draghi quindi non è sbagliata. Come ritiene che andrebbe attuata questa idea?

L’acquisto di titoli di Stato andrebbe attuato dando la preferenza quantomeno ai Paesi che stanno dimostrando di avere degli avanzi primari, cioè di avere dei bilanci pubblici che, una volta sottratti gli interessi sul debito, risultano in attivo. Soprattutto se si tratta di avanzi primari di lungo periodo, senza avere ricevuto aiuti Ue.

 

Eppure l’Italia è in deficit nonostante l’avanzo primario…

L’Italia ha un avanzo primario cospicuo, ma lo stock del debito pregresso ci costringe a pagare una mole di interessi che non riescono a essere compensati dall’avanzo primario. Nel caso del nostro Paese quindi siamo in presenza di un deficit che trae le sue origini da problemi precedenti. Se si vuole premiare chi cambia rotta e attua politiche virtuose, potrebbe essere proprio questa una delle condizioni da frapporre all’acquisto di titoli di Stato. Non avrebbe senso acquistare titoli di Stato francesi, in un momento in cui Parigi non riesce a produrre un avanzo primario. Un obiettivo quest’ultimo che invece è raggiunto dall’Italia che quindi andrebbe premiata.

 

(Pietro Vernizzi)