«Investiamo i fondi del bonus da 80 euro sul servizio civile per dare 800 euro al mese e un lavoro a 250mila giovani». È la proposta di Mario Deaglio, professore di Economia internazionale all’Università di Torino, che ha appena presentato il suo rapporto, pubblicato dal Centro di ricerca Luigi Einaudi-Ubi Banca, dal titolo “Un disperato bisogno di crescere”. Uno studio di 200 pagine dal quale emerge una diagnosi dell’Italia come un Paese tutt’altro che sprovvisto di risorse finanziarie, ma la cui vera povertà sta nella mancanza di ottimismo e fiducia nel futuro.



Qual è la situazione del nostro Paese che emerge dal rapporto?

Dalla radiografia dell’Italia fatta nel nostro rapporto vediamo l’incrociarsi di due malattie. Una è una malattia di lungo periodo, le cui prime tracce emergono negli anni ’90, e che ci porta a una debolezza di fondo peculiare del nostro Paese. Tendiamo a staccarci dagli altri Paesi europei perché cresciamo meno, e quando ci sono punte al ribasso del ciclo andiamo sottozero. Su questa debolezza di fondo si innesta la crisi globale, che però colpisce con particolare violenza un Paese più debole come il nostro. La caduta è quindi più forte, la ripresa dopo la caduta è più debole e non ci riporta al di sopra dello zero, ma addirittura è seguita da un’altra caduta sia pure più limitata della prima.



Qual è la sua proposta per tornare a crescere?

Abbiamo bisogno di due cure. Da un lato una spinta per ripartire, cioè qualcosa che rimetta in moto la macchina e liberi la potenzialità rappresentata dai risparmi degli italiani. E poi bisogna dire all’autista dove deve andare. Il bonus da 80 euro non ha però prodotto un risultato rapido, e la stessa somma poteva essere utilizzata meglio.

In che modo?

I 15mila giovani che fanno il servizio civile volontario prendono 460 euro al mese. Se invece mettessimo loro in mano 800 euro e usassimo le somme destinate al bonus da 80 euro, assumeremmo 200/250mila giovani. In genere sono giovani che stanno a casa con i genitori e che non hanno le spese fisse. In questo modo si riavvierebbe subito il motore dell’economia attraverso la domanda. A quel punto bisognerà dare la direzione giusta all’autista, decidendo in quali settori vogliamo svilupparci nei prossimi 10-20 anni.



La sua proposta quanto potrebbe smuovere in termini di risorse economiche?

Non è tantissimo ma sarebbe subito: almeno uno 0,5% in più di aumento dei consumi in pochi mesi. Mentre invece per quanto riguarda i 300 miliardi di investimenti Ue, prima che siano deliberati, assegnati e si faccia il bando, il tempo medio di apertura dei cantieri può essere anche di 18 mesi.

 

È meglio scommettere sui giovani o fare quantitative easing come propone Draghi?

Il quantitative easing è l’ossigeno che fa respirare meglio il malato, ma in questo momento le banche sono piene di soldi che non sanno dove mettere. A mancare non sono le risorse finanziarie, ma gli imprenditori credibili. Il gusto di investire deve venire alle imprese sane, che devono pensare a un mercato futuro che vada bene. A occorrere non è la liquidità ma l’ottimismo.

 

Come andrebbero finanziati i nuovi fondi per il servizio civile?

Senz’altro va tagliata la spesa pubblica. Quest’ultimo è un settore su cui intervenire, non tanto con dei tagli orizzontali, ma con una rivisitazione capillare che conduca a spendere meno e ottenere di più. Basterebbe investire sull’informatizzazione, andare a rivedere le procedure dei vari uffici, e si troverebbero tanti doppioni che si possono semplificare. Occorre quindi agire con pazienza su questa macchina complicata che in alcuni punti va anche bene, ma in altri proprio no.

 

(Pietro Vernizzi)