Quando con quel che guadagni dal lavoro ci paghi a malapena “quel che serve per vivere” e vuoi, vivaddio, avere un po’ di più, devi darti da fare e pure imparare a farlo. Una bella sfida: si può fare. Et voilà: “consigli per gli acquisti” per usare una domanda sapiente. Quel che costa troppo fare da soli si può fare insieme ad altri e risparmiare: viaggiare insieme costa meno; costa meno pure una casa per le vacanze condivisa; magari pure acquistare il 3 per 2 in tre conviene; acquisti il giusto, non sprechi, spendi meno. Puoi insomma “fare meglio insieme”.
Questo fare gli inglesi lo chiamano sharing, gli economisti lo definiscono economia della condivisione. A noi fa risparmiare. Quando vai in giro, acchiappa tutte le “carte fedeltà” che ti vengono offerte. Quando ri-giri usale, non rimirarti negli specchietti come fa l’allodola, acquista al meglio quel che costa meno. Fidelizzi i fidelizzatori e risparmi.
Se vuoi puoi. Senza andare in giro, al mercatino sottocasa, i prezzi variano. Alle 13 sono più bassi delle 10: prezzi a orologeria. Guarda l’orologio! Fai il pane per te, la pizza con quelli del pianerottolo. Fai il menù settimanale dopo aver acquistato le “offerte”, non prima. Vesti alla moda? Fatti furbo: se acquisti il giorno dopo la “scadenza della moda”, se ne accorgono in pochi, quel vestito ti costa la metà. Non vesti alla moda? I tuoi abiti li abiti fino all’usura, spendi meglio il tuo denaro.
Puoi persino fare baratto tra ciò che hai e non usi e ciò che vuoi e non hai. Non spendi: un bel guadagno. Due volte l’anno si smercia l’invenduto: compri a saldo, fai affari d’oro. Se metti in comune la tua forza contrattuale, ci aggiungi l’azione di network operata dai “social shopping”, acquisti confezioni per il ristoro, il tempo libero, gli eventi, la salute, i viaggi, lo sport e i servizi, a prezzi scontati fino all’80%: un bel guadagno.
Tanti sconti, sconti per tanti? Già, senza dimenticare però che nell’economia non esistono pasti gratis. Con quello sconto le imprese acquistano la tua domanda per vendere la loro offerta in eccesso. Se tanto ci dà tanto, al mercato si incontra la possibilità di sfruttare tutte le occasioni per tentare di riparare il danno che ha provocato lo squilibrio del mercato, tra le tonnellate di nuove merci, per numero e volume, da dover acquistare e, come denuncia l’Ufficio studi di Confcommercio, la riduzione del reddito disponibile delle famiglie italiane, che nel 2013 torna ai livelli di 25 anni fa, pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
Un professional consumer deve farlo quel che gli spetta e farlo al meglio, per obbligo di ruolo. Se però, alla fine della fiera resta ancora un resto d’invenduto, beh…. allora avranno ancora più “bisogno” le imprese di vendere che i consumatori d’acquistare. Già, avranno bisogno di rinnovare il loro modello di business, per andare oltre l’occasionalità dello “sconto”.
Imprese impareggiabili nell’averlo già fatto ci sono: nel fare per sé, fanno pure per noi. Ikea vende mobili da montare, li acquisto, li monto, ottengo il prezzo più basso sul mercato; le tv commerciali e le free press fanno commercio della mia attenzione con i pubblicitari; la do in comodato d’uso, in cambio ottengo informazione e intrattenimento tutto l’anno, senza spendere il becco d’un quattrino;
Groupon, Groupalia, Letsbonus, intermediano tra l’offerta in eccesso e la domanda in difetto; loro guadagnano nel farlo, i domandanti pure con sconti travolgenti; H3G che fa contratti telefonici biennali, deflazionando il prezzo, reflazionando il pacchetto offerto, è okay; gli outlet guadagnano gestendo “città dello sconto” dove si incontrano chi ha invenduto e chi vorrebbe acquistarlo; Bla bla car organizza il viaggiare condiviso, ci guadagna; ci guadagnano pure i viaggiatori.
Olè, ai politici tocca tornare a prender parte, farsi parte, nella questione. C’è una montagna di credito elettorale da guadagnare e senza sconto. Ci sono pure quelli della spesa, a loro toccherà fare una scelta, difficile e solenne: giocare in difesa, mettendo i risparmi al pizzo in attesa di giorni peggiori o, all’attacco, impiegandoli per rifocillare quel potere d’acquisto che spende per fare crescita e un domani migliore? Magari pure per chi non ha lavoro, magari pure per i nostri figli e i figli dei nostri figli.