Da ieri la Bce ha assunto il compito di vigilare sulle 120 maggiori banche europee. All’Eurotower spetterà il difficile compito di gestire le conseguenze delle analisi degli attivi, o Asset quality review. Un esame che ha già portato alla bocciatura di Mps e Carige, ma che ha rivelato anche prestiti a rischio per 900 miliardi di euro in tutta l’Eurozona. Il compito che spetterà alla Bce sarà particolarmente difficile, tanto che Danièle Nouy, presidente della vigilanza europea, ha commentato: “Non c’è spazio per autocompiacersi”. Ne abbiamo parlato con Antonio Maria Rinaldi, professore straordinario di Economia politica e docente di Finanza aziendale.



A quali esigenze risponde l’unione bancaria?

L’unione bancaria nasce dall’esigenza di spezzare il legame tra rischio della banca e rischio dell’impresa. In questo modo si voleva cercare di neutralizzare i crac bancari con riflesso sui debiti degli Stati. Gran parte dei crac bancari sono stati assorbiti con risorse pubbliche. L’Unione bancaria si rivolge a un numero di attori limitato, in quanto contempla soltanto i 120 maggiori gruppi bancari europei. Lascia invece quelli di dimensioni più piccole ai rispettivi controlli delle banche centrali nazionali.



Lei come valuta questa scelta?

È paradossale che il 45% della struttura bancaria tedesca rimanga al di fuori dei controlli dell’unione bancaria, perché è costituito da 417 banche dei land che negli ultimi anni hanno assorbito aiuti pubblici per cifre considerevoli. Hanno avuto 238 miliardi di euro da parte del Governo tedesco, falsando il mercato del credito. Ciò implica il fatto di dare un taglio al contagio dei debiti pubblici.

Che cosa ne pensa del modo in cui si sta perseguendo questo obiettivo?

Il problema però è che sono stati istituiti due fondi, il Single Resolution Fund, che è un fondo salva banche per cercare di arginare eventuali inadempienze da parte degli istituti di credito. Si è inoltre istituito un fondo di garanzia per i depositanti per importi superiori ai 100mila euro. Per quanto riguarda il rischio insito degli azionisti e di conseguenza anche degli obbligazionisti, devono anche pagare coloro i quali hanno depositato i loro beni. D’altronde abbiamo visto a Cipro le prove generali di quello che potrebbe avvenire.



Con quali conseguenze?

C’è un trasferimento di rischio nei confronti dei cittadini che potrebbero essere chiamati direttamente a pagare le inadempienze della banca depositaria. Ritengo che si dovesse utilizzare un’occasione importante come l’unione bancaria per ripristinare una delle migliori leggi bancarie mai attuate nella storia, il Glass-Steagall Act, il quale prevede essenzialmente la separazione tra la banca commerciale e quella finanziaria. È il problema alla base degli enormi problemi riscontrati negli ultimi anni, cioè la causa della crisi. L’unione bancaria sarebbe stata un’ottima opportunità per rilanciare il Glass-Steagall Act, che di fatto per molti anni ha garantito la stabilità finanziaria negli Stati Uniti, almeno finché Clinton non l’ha abrogato nel 1999.

 

Che cosa ne pensa del modo in cui sono stati fatti gli stress test?

Gli stress test hanno dimostrato di non avere nessuna corrispondenza con la realtà. Sono stati di fatto penalizzati i soggetti bancari che erogavano credito all’economia reale e non quelli che avevano fatto speculazione finanziaria con i derivati. Gli stress test dimostrano che a Bruxelles e a Francoforte non vogliono risolvere il problema prendendolo dalle corna. Se lo avessero voluto, non avrebbero nel modo più assoluto penalizzato le banche che fanno il loro mestiere, cioè l’intermediazione del credito, rispetto a quelle che fanno solo ed esclusivamente speculazione finanziaria. Se avessero voluto effettivamente fare gli interessi del sistema bancario e quindi dell’economia reale avrebbero immediatamente suddiviso le attività commerciali e quelle speculative.

 

(Pietro Vernizzi)