Cosa debbono fare le imprese per mantenere il mercato in equilibrio dinamico? Tenere elevato il livello di produttività nella gestione dei fattori. Quando questo si compie si produce di più e meglio. Quando poi viene dato a Cesare quel ch’è di Cesare, attraverso un’adeguata allocazione delle risorse di ricchezza generate tra tutti gli agenti economici, si porta al mercato il prodotto; percepito come valore e acquistato, remunera i fattori. Tutto bene.
Quando invece si chiude il cerchio del sistema produttivo, che da lineare aperto si fa circolare e continuo ma non adeguatamente lubrificato, quando insomma le risorse economiche, generate dall’aumento della produttività, vengono allocate in maniera sghemba e il moto s’inceppa, gli equilibri saltano. Di male in peggio se le imprese, nel bel mezzo della crisi, tra opzioni di buyback, chiudere la cassa e non abbeverarsi di credito, mostrano di aver sposato la renitenza a investire, altro che migliorare la produttività.
Già, proprio quella produttività che, passata al vaglio di chi fa la spesa, viene rispedita al mittente. Sì, perché seppur forgiata nei processi e trasferita nei prodotti, alla verifica del valore: sdong, s’affloscia! Già quando più di 120 milioni di persone nell’Unione europea sono a rischio povertà o esclusione sociale (lo fa sapere l’Eurostat: la percentuale di persone a rischio povertà o esclusione sociale nel 2013 risulta pari al 24,5%), ovvero 1 persona su 4 non si spende, macché valore d’Egitto! Quando poi, per i restanti tre quarti, quelli satolli – magari pure in sovrappeso – vestiti alla moda che passa di moda – a bordo di un Suv per andare di qua e di là, quel valore vale meno: s’affloscia appunto.
Se c’è poi chi pensa di poter sostenere la produttività delle merci ed estrarne valore, utilizzando fino allo stress marketing e pubblicità, con la crisi dovrà rifare i conti e a conti fatti scorgere che… che il valore non sta nella merce, sta invece negli occhi di chi la guarda, nel tatto di chi la tocca, di chi l’ascolta e l’annusa. Di chi la valuta insomma, poi magari la vuole, sempre che possa acquistarla. Già, possa. Altrimenti tutta quella produttività, messa addosso alla merce, te la sbatti!
Ci siamo. Zitti zitti, quatti quatti, magari per non svalutare le risorse impiegate, credo tocchi achittare una produttività che non si faccia scuotere dall’oscillazione di quei sensi, magari capitalizzando adeguatamente il potere d’acquisto di quei valutatori del valore, affinché ben valutino. O no?