Il Senato ha approvato la Legge di stabilità con voto di fiducia, e ora la parola passa alla Camera dei deputati. Tra le misure più importanti c’è il fatto che il bonus Irpef di 80 euro in busta paga diventa strutturale. A quest’ultimo si aggiunge il bonus bebè, anche se la platea dei beneficiari sarà ridotta rispetto alle prime ipotesi. L’aliquota sulle casse di previdenza aumenta dall’11,5% al 20% e i lavoratori dipendenti del settore privato potranno chiedere di avere il Tfr in busta paga. Via libera all’Iva agevolata al 4% sugli e-book, mentre quella applicata ai pellet sale al 22%. La manovra blocca inoltre al 2,5 per mille l’aliquota massima della Tasi sulla prima casa per il 2015. Ne abbiamo parlato con Ugo Arrigo, professore di Finanza pubblica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Dal punto di vista fiscale gli italiani ci guadagnano o ci perdono con questa Legge di stabilità?
Difficile dare una risposta esauriente, perché occorrerebbe fare dei complessi calcoli individuali per ciascun contribuente. Nel dubbio gli italiani, che non sono in grado di farsi da soli calcoli così complicati, penseranno che le tasse siano aumentate. Alcune conferme sono buone, come gli 80 euro, ma non fanno notizia perché c’erano già. Mentre le variazioni nuove, soprattutto se sono al rialzo, confermano la percezione dei cittadini che la Legge di stabilità serva esclusivamente al governo per sistemare i suoi conti attraverso un aumento delle tasse.
Che cosa ne pensa della scelta di rinviare il problema dei dipendenti in esubero delle Province?
Il vero problema è la mancanza di chiarezza nel processo di superamento dell’istituzione Provincia. In primo luogo bisognerebbe capire quali sono le funzioni svolte e a quali enti sono assegnate. Questo intervento è attuato invece a posteriori in assenza di un ridisegno complessivo degli enti locali. Il primo problema non dovrebbe essere il personale, bensì a che cosa servano le Province.
L’estensione del taglio Irap per i lavoratori autonomi resta in sospeso. Come valuta questa scelta?
L’Irap è un’imposta molto gravosa, perché è indipendente dai risultati economici delle aziende e di professionisti quali artigiani e lavoratori autonomi: si paga anche se il margine è negativo. Anche in questo caso ciò di cui c’era bisogno era un ridisegno complessivo per capire dove aveva senso mantenere il taglio Irap e dove no. Nel momento in cui si è passati da anni di sviluppo economico, sia pur debole, ad anni di recessione, l’Irap diventa molto più gravosa. È un’imposta che si paga anche se si perdono soldi, e quindi la perdita si aggrava ancora di più.
Per le partite Iva è introdotto un nuovo regime dei minimi più costoso. Quali saranno le conseguenze?
Il regime dei minimi diventa più costoso ma la platea può essere più vasta. Si tenta di contemperare le esigenze di gettito con quelle di adempimento fiscale da parte dei piccoli contribuenti. È quindi corretto introdurre un regime agevolato per ridurre i costi di adempimento fiscale.
Le clausole di salvaguarda prevedono che possa scattare un ulteriore aumento dell’Iva. Quali possono essere le conseguenze?
Il messaggio di queste clausole è molto negativo, perché è una sorta di spada di Damocle fiscale. Il contribuente sa che può scattare in qualsiasi momento, e in ogni caso perché ciò non avvenga forse bisognerà utilizzare altre forme di prelievo. Sarebbe stato meglio una clausola sottoforma di taglio drastico della spesa pubblica, da fare scattare in caso di mancato rispetto dei parametri europei di bilancio.
Come valuta nel complesso questa Legge di stabilità?
Il problema è che i singoli provvedimenti possono anche andare nella direzione giusta, ma finché non sono parte di un ridisegno complessivo del sistema fiscale si limitano a essere dei rattoppi. Quando la situazione è molto complessa, in quanto i provvedimenti hanno creato una serie di incrostazioni, bisogna ridisegnare il sistema da zero. Il nostro sistema fiscale è come una statua che va restaurata, e non semplicemente ritoccata. Si tolgono quindi le incrostazioni precedenti e si riparte dal “fondo”.
In quale direzione dovrebbe andare questo ridisegno complessivo del nostro sistema fiscale?
Se vogliamo ridisegnare un sistema occorre partire dalle regole fondamentali. In primo luogo, lo Stato non può prelevare qualcosa con le tasse senza tenere conto della capacità contributiva dei vari soggetti economici. Lo Stato dovrebbe commisurare quanto spende a quanto ragionevolmente il contribuente può dargli. Va rovesciata la logica: prima ci devono essere delle entrate fiscali ragionevoli e poi va decisa la spesa. Ci sono solo due tipi di soggetti che decidono le loro entrate sulla base di quanto vogliono spendere, gli Stati e i ladri, tutti gli altri soggetti economici decidono quanto spendere in base alle loro disponibilità di reddito.
(Pietro Vernizzi)