«Non nascondiamoci dietro l’euro per giustificare i problemi italiani. Questi ultimi non si risolvono con la politica monetaria che tutt’al più li può tamponare». Enrico Colombatto, docente di Politica economica all’Università di Torino, spiega così la situazione di difficoltà in cui si trova il nostro Paese. Martedì la Germania è tornata a tuonare affermando che “l’Ue è troppo morbida nei confronti di Italia e Francia”. Per farlo ha preso come spunto il vertice franco-tedesco tenutosi a Berlino, cui hanno preso parte i ministri di Economia e Finanze e i presidenti delle banche centrali dei due Paesi.
Come valuta i risultati del vertice franco-tedesco?
Non darei troppa importanza a questi vertici, che sono più orientati a gestire delle situazioni di politica interna che non a risolvere i problemi dell’Unione europea. Ai tedeschi tutto sommato va molto bene tenere paesi come l’Italia e la Francia dentro l’euro, perché consente loro un tasso di cambio fisso che fa molto comodo. A Berlino quindi conviene tenere l’Ue e l’Eurozona così come sono oggi, e il suo obiettivo è quindi quello di limitare le forze disgregatrici.
Perché allora il cancelliere tedesco continua a criticare Italia e Francia?
Perché la Merkel ha un problema di politica interna, e cioè il timore dell’opinione pubblica tedesca di doversi fare carico del debito pubblico degli altri paesi. Il Cancelliere quindi gonfia i muscoli, ma è essenzialmente un modo per tranquillizzare l’opinione pubblica interna. Se la Germania avesse voluto fare sul serio, lo avrebbe fatto già quattro o cinque anni fa.
Fare sul serio in che senso?
I pacchetti di bail-out sono stati cinque in quattro anni, e la Germania ha dato il via libera a tutti e cinque. Quando si sono messi insieme due pacchetti per un totale di 240 miliardi per salvare la Grecia, se Berlino avesse voluto avrebbe potuto bloccarli e non lo ha fatto. Lo stesso vale per il pacchetto per la Spagna e l’Irlanda.
Il fatto che la Germania voglia conservare lo status quo non finisce per penalizzare paesi come l’Italia?
Certo, ma i problemi dell’Italia non si risolvono con la politica monetaria, tutt’al più in questo modo si possono tamponare. Fino a quando non faremo le riforme strutturali continueremo a essere nei guai. Noi adesso diamo la colpa all’euro, e può anche darsi che in parte sia vero, ma nascondersi dietro l’euro è solo controproducente. L’Italia si trascina problemi di bassa produttività da decenni. Anzi l’euro per certi versi ha nascosto la dimensione del problema, perché nel momento in cui siamo entrati nella moneta unica ci siamo trovati con tassi d’interesse molto più bassi.
Da che cosa dipende la bassa produttività dell’Italia?
Tra le concause ci sono il sistema giudiziario inefficiente e un sistema bizantino di regolamentazione burocratica. A pesare molto è anche un fisco perverso, nel senso che le leggi cambiano ogni cinque minuti e la pressione fiscale è molto alta, chiunque faccia impresa non sa quale sarà la struttura fiscale tra due o tre anni. A ciò si aggiungono un mercato del lavoro iper-regolamentato e un sistema scolastico che non funziona, perché non prepara al mondo delle professioni. Ci mancano l’istruzione tecnica e il peso sulla parte scientifica e operativa.
Se questi sono i problemi dell’Italia, perché l’Eurozona cresce meno di Asia e Stati Uniti?
Per una scelta se vogliamo ideologica. Noi europei negli ultimi 40 anni, tra efficienza ed equità, abbiamo sempre dato la priorità alla seconda. Ci va bene uno Stato che sia un po’ “mamma” e un Welfare State esteso anche se a danno dell’efficienza. Vogliamo dare garanzie anche a costo di produrre iper-regolamentazione. Possono essere scelte giuste o sbagliate, ma non sono gratuite, in quanto se noi vogliamo avere uno Stato sociale esteso, diritti per i lavoratori e garanzie di tutti i tipi, poi la produttività, l’efficienza e la crescita ne risentono.
(Pietro Vernizzi)