«Il programma economico di Renzi è utopico e pericoloso. Promette tagli di spesa impossibili da realizzare, e introduce un reddito minimo garantito per 4-5 milioni di disoccupati che creerà solo nuovo assistenzialismo». Lo sottolinea il professor Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, dopo che Il Sole 24 Ore ha pubblicato il programma in sei punti di Renzi, basato su spending review, codice del lavoro, contratto unico, ammortizzatori sociali, taglio di Irap e Irpef e semplificazioni.
Professor Forte, come valuta il programma economico di Renzi?
Questo programma è viziato da due gravi limiti. È utopico perché presuppone tagli di spesa che Cottarelli non riuscirebbe a fare. Ed è pericoloso perché al già grave guazzabuglio nel mercato del lavoro aggiunge un’indennità gratuita per 4 o 5 milioni di disoccupati. La scelta di introdurre un reddito minimo garantito per chi ha avuto un lavoro è assistenzialismo demagogico e comunque non si capisce dove si prenderanno le risorse. Un problema che si aggiunge a un Jobs Act già di per sé privo di senso.
Perché ritiene che i tagli alla spesa prospettati da Renzi siano irrealizzabili?
Renzi non dice come saranno attuati e questa è già la prima ragione per ritenerli irrealizzabili. Cottarelli ha previsto di poter tagliare 13 miliardi di euro, mentre Renzi ritiene di dovere tagliare una cifra molto più elevata. Dovrebbe quantomeno indicare a quali ambiti o settori intende applicare la spending review. Non mi sembra verosimile, per esempio, che il sindaco di Firenze tagli i fondi agli enti locali.
Che cosa ne pensa del punto del programma che riguarda il cuneo fiscale?
La tesi di Renzi su questo punto sembra inventata in manicomio. Il cuneo fiscale sul quale occorre intervenire per rendere efficiente la produzione e la produttività riguarda i costi di imprese e lavoro, non i bassi redditi. Renzi mescola invece i due problemi finendo per confondere le acque. Il cuneo fiscale tra l’altro è particolarmente gravoso, soprattutto per gli stipendi e i ruoli più elevati. È in particolare per queste posizioni che le imprese tendono ad abbandonare il nostro Paese per cercare spazi dove l’onere fiscale è più ridotto. Le grandi aziende di elettronica e meccanica trasferiscono all’estero dirigenti e ricercatori italiani proprio per risparmiare sulle tasse.
Lei non ritiene che in proporzione il cuneo fiscale possa essere gravoso anche per un operaio?
Il fatto è che l’Irpef in Italia è molto elevata, soprattutto per quanto riguarda il lavoro qualificato. La perdita occupazionale nel nostro Paese non riguarda le mansioni più basse, rispetto a cui in passato è stato decentrato tutto ciò che si poteva fare. L’Italia ha un problema di competitività in relazione ai dirigenti, ai ricercatori, agli operai molto specializzati, i quali hanno tasse sul lavoro, compresa l’Irpef trattenuta alla sorgente, che sono molto elevate e che spingono le imprese a delocalizzare. È su questo aspetto che occorrerebbe agire, come pure per quanto riguarda l’Irap.
Perché ritiene che le proposte di Renzi sull’Irap non siano adeguate?
Perché Renzi ha parlato di un ipotetico taglio dell’Irap senza specificare di quanto sia il suo ammontare. Mentre avrebbe dovuto semplicemente abolire l’Irap sul costo del lavoro. Quest’ultima infatti è una tassa di per sé sbagliata che va trasformata in un’imposta sul reddito. L’Irap sul costo del lavoro crea la tendenza a spostare all’estero la manodopera qualificata. Non si tratta quindi di dare qualche sforbiciata, ma di abolire quella che è un’imposta iniqua.
(Pietro Vernizzi)