Rieccoci, cari lettori, dopo qualche giorno di assenza per malanni. Quasi risolti, quindi si torna tra poco alla normalità. Nessun problema con ilsussidiario.net che da anni ormai è casa mia e, finché vorranno, continuerà a esserla. Ogni tot anni, anch’io mi ammalo e ho bisogno di riposo. Oggi, però, nonostante tutto non potevo esimermi dallo scrivere un breve articolo dedicato all’operazione Renzi. Avete visto che, come vi avevo detto, il curatore fallimentare è arrivato prima del 2015? Certi ambienti hanno fretta. Ma sono generosi. Queste ore ci dimostrano una cosa: per migliorare la valutazione di un Paese non serve far migliorare la sua economia, competitività, tasso di occupazione o di attrattività verso investimenti esteri. Basta conoscere le persone giuste, farsi gli amici giusti e tac, i rating migliorano così, per miracolo.
Moody’s, infatti, l’altro giorno ha sì mantenuto la nostra valutazione di credito a Baa2 ma ha rivisto al rialzo l’outlook, passato da negativo a stabile. Il tutto senza colpo ferire, a parte l’anomalia tutta italiana del terzo governo di seguito senza mandato popolare. Ma tant’è, certi mondi hanno superato i riti novecenteschi come il suffragio universale: qui si è fatto cadere un governo in quattro e quattr’otto – non che ne sentirò la mancanza, di Saccomanni in testa – non per ragioni di sopravvenuta sfiducia nelle aule parlamentari, ma per il libro di Alan Friedman, una sorta di assist davanti alla porta per Silvio Berlusconi, quando di fatto si contraddice con prove video il presidente Napolitano sul timing del suo primo contatto con Mario Monti per sondare la disponibilità a sostituire il Cavaliere: non in pieno volo dello spread, ma a maggio, quando Deutsche Bank vendette 7,5 miliardi di titoli di Stato italiani, avendo anche la tenera accortezza di dire ai mercati en plein air che stava contemporaneamente coprendosi con credit default swaps. Come dire, stanno crollando e noi scarichiamo. Insomma, magari non un golpe come proclamato da Berlusconi, ma oggi ci sono le evidenze dei fatti che sia stata un’operazione eterodotta molto ben congegnata.
Ma attenzione a non tramutare, per questo, il Cavaliere in vittima, visto che sia con il governo Monti che con quello guidato da Enrico Letta le sue aziende hanno macinato guadagni del 130% in Borsa – non male per chi ha dovuto pagare un capitale di risarcimento a Carlo De Benedetti – e ora si appresta a fare lo stesso con quello a guida Matteo Renzi, il quale farà di tutto per non disturbare la galassia Fininvest visto che il Cavaliere gli garantisce una fondamentale stampella al Senato. Insomma, qui, di vittime, ce ne sono poche e il più classico dei do ut des per ragioni di Stato, se così vogliamo chiamarle. A pagare il conto, stante la disastrosa situazione dell’economia reale, sono stati solo i cittadini italiani. Ma ora perché questa accelerazione che disarciona Enrico Letta in un giorno spedendo l’enfant prodige a Palazzo Chigi a tempo di record, fino a ieri sembrava addirittura prima della riapertura dei mercati?
Basta guardare alcuni nomi del toto-ministro, come quello di Lucrezia Reichlin, economista di assoluta capacità ma che era in procinto di entrare nel board della Banca d’Inghilterra, istituto guidato da Mark Carney ma che sarebbe stata “caldamente” raccomandata a Matteo Renzi da Mario Draghi in persona. E, come sapete, sia Draghi che Carney sono ex alti dirigenti Goldman Sachs. C’è da governare prima gli interessi e poi il caos che sta arrivando, cari lettori e chi meglio di Matteo Renzi: ambizioso, capace di imporsi e assolutamente pronto ad abbassare il capo di fronte ai desiderata della finanza internazionale e della Germania.
Ci sono ancora da privatizzare le controllate statali, mettere bene a punto la di fatto privatizzazione di Bankitalia che garantirà alla Bundesbank di vedersi riconsegnato l’oro che la Fed non può ridarle perché perso nei paradisi e nelle vaults mai così vuote, visto l’appetito di oro fisico dell’Asia. E poi ci sarà da governare la correzione dei corsi azionari, destinata a tirare un sonoro schiaffone a chi si farà trovare con in mano carta da parati deprezzata. C’è poi la Grecia di cui abbiamo recentemente parlato, c’è il bluff della Spagna e del Portogallo, c’è la crisi dei mercati emergenti legata al “taper”.
C’è una dannata mole di lavoro da fare e siccome tutti sanno, Mario Draghi in testa, che non solo la deflazione è dietro l’angolo ma che l’Italia è davvero “too big to fail”, quindi va commissariata, ecco l’operazione Friedman-Renzi. E sapete una cosa, penso ci sia la possibilità che alcuni grandi soggetti internazionali, quelli che hanno fatto reggere finora il Ftse Mib in rally e lo spread stabile, domani se le politiche interne italiane dovessero proseguire, potrebbero essere tentati di mandare un bel segnale ribassista come avvertimento. Direte voi, sarebbe come sconfessare la bacchetta magica di Renzi?
Non se, a contrattazioni chiuse (o magari ancora aperte, ormai vale tutto), un primario soggetto finanziario, magari proprio Deutsche Bank per mandare anche un chiaro segnale politico, emettesse un comunicato. Io me lo vedo più o meno così: «Il nuovo governo che va per formarsi in Italia gode di credibilità assoluta, anche grazie alla presenza annunciata di personaggi di primissimo ordine professionale, ma la litigiosità già innescata da soggetti che dovrebbero far parte proprio della nuova compagine di governo, manda ai mercati l’ennesimo messaggio di potenziale instabilità della politica italiana». Chissà. Enrico Letta deve aspettare solo pochi mesi, poi il suo premio di consolazione – la nomina a Commissario europeo – arriverà dopo il voto per il Parlamento di Bruxelles. Prevedo scintille, invece, tra Romano Prodi e Mario Draghi per la successione a Giorgio Napolitano al Colle. Vedremo chi avrà gli sponsor più pesanti.
Una cosa è certa, questa volta è commissariamento vero, anche senza visite della troika: la pena, in caso di inadempienza contrattuale, ve l’ho spiegata lo scorso maggio con questo grafico. Come ci hanno mandato lo spread a 575 nel 2011, così possono rifarlo. Anche domani.