Alla fine del 2013 l’inflazione nell’Eurozona è calata fino a sotto l’1% e le stime correnti la prevedono salire allo 1,1% nel 2014 e allo 1,3% nel 2015. Che i prezzi non salgano è percepito come un beneficio, in particolare da chi ha redditi fissi, ma un po’ di inflazione è salutare per l’economia: l’attesa di prezzi crescenti induce a comprare ora, sostenendo i consumi, mentre quella di prezzi decrescenti tende a posticipare gli acquisti così deprimendo i consumi stessi e la crescita.



Infatti, la Bce ha come obiettivo di inflazione “sana” il 2% annuo. In teoria, ora la Bce dovrebbe attuare una politica monetaria espansiva per correggere il rischio di deflazione e riportare le tendenze 2014/15 verso il 2%. Infatti, il mercato si aspetta che tale manovra cominci giovedì prossimo. Ma è incerta l’intensità.



Il rischio di deflazione – depressione economica – non appare così elevato da richiedere reflazioni massive d’emergenza. Inoltre, parte della riduzione dei prezzi è dovuta al non aumento contingente dei costi energetici che è fenomeno volatile. Pertanto, a prima vista, la “prudenza monetaria” suggerirebbe stimolazioni solo minime. Ma c’è un problema sistemico. I governi dell’Eurozona non sembrano in grado di spingere la crescita attraverso strumenti di politica economica, in particolare fiscali e di bilancio: le riforme di efficienza implicano dissensi che i governi desiderano minimizzare in vicinanza della “conta” che vi sarà alle elezioni europee di maggio.



Un po’ di stimolazione per via politica ci sarà in Francia e Germania, ma sarà poca. In Italia avrà la forza solo di interrompere il ciclo recessivo, ma non di sostenere una vera ripresa. Quindi l’Eurozona è destinata alla stagnazione nel prossimo biennio. Ciò implica che il rischio di deflazione, pur ora non grave, potrebbe diventarlo tra poco. Tale ipotesi è sostenuta dal fatto che le precedenti stime di inflazione da parte della Bce sono risultate, recentemente, sbagliate: il calo è stato superiore alle previsioni.

Quindi, la prudenza monetaria, se applicata una corretta analisi dei contesti, suggerisce una reflazione non minima, ma massima e d’emergenza: tagli dei tassi fino a quasi lo zero, azioni implicite per ridurre il cambio contro dollaro, misure straordinarie di finanziamento al sistema bancario affinché renda disponibile più credito, misura cruciale per l’Italia, nonché meccanismi che facilitino la trasmissione rapida dello stimolo monetario all’economia reale, ecc.

Possibile? Il fatto che l’inflazione sia prevista sotto l’obiettivo del 2% dovrebbe sedare la tipica opposizione tedesca a politiche monetarie espansive. Speriamo.

 

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