Il Segretario al Tesoro americano, Jacob J. Lew, ha inviato una lettera al Congresso mettendo in guardia che dal 7 febbraio 2014 è raggiunto il limite massimo di indebitamento dello Stato, e che entro la fine del mese corrente la liquidità nelle casse pubbliche non sarà sufficiente per i pagamenti correnti. Ci risiamo, gli Usa devono nuovamente aumentare il tetto del debito pubblico oppure dichiarare l’insolvenza. Si annuncia un nuovo scontro tra il presidente Obama e i Repubblicani/Tea Party del Congresso. Era il 2008 quando per la prima volta si è parlato di possibile insolvenza americana. In quell’estate del 2008 si aprivano i giochi olimpici di Pechino mentre simultaneamente scoppiava la guerra in Georgia che ha portato all’intervento militare della Russia a favore delle repubbliche secessioniste di Abkhazia e Ossezia del Sud. Sempre in quell’anno, l’allora primo ministro della Federazione Russa, Vladimir Putin, rilanciava il progetto di creazione di Unione Eurasiatica che entrerà in vigore entro il 2015 tra varie repubbliche ex sovietiche e la Russia.
Mentre gli Usa sono nuovamente al bordo del fallimento, oggi si aprono ufficialmente le Olimpiadi Invernali di Sochi, tra boicottaggi di protesta contro l’omofobia, denunce di violazione delle libertà, minacce di atti terroristici, e il dispiegamento di navi militari Usa nel Mar Nero per intervenire in caso di necessità a protezione degli atleti americani. Ad arte vengono circolate veline che vorrebbero imminente un attacco chimico con dentifricio esplosivo, mentre altre, più serie, indicano un riposizionamento strategico della jihad islamica dalla Siria verso il Caucaso e finanche in Ucraina. Intanto il segretario di Stato, John Kerry, dichiara falliti i tentativi di mediazione in Siria e l’Occidente pensa a riarmare l’opposizione “buona” siriana oltre a sostenere politicamente, e forse anche con finanziamenti e mezzi, l’opposizione ucraina che vuole abbattere il presidente Yanukovic. È singolare, se non preoccupante, che il Dipartimento di Stato Usa abbia pubblicato un’allerta sull’Ucraina che giudica la situazione “imprevedibile” fino al 24 marzo 2014. Dopo questa data sarà tutto risolto, con un “cambio di regime” e il trionfo della democrazia? Ah saperlo!
Insomma, tra il 7 febbraio e il 24 marzo si è preparato un cocktail davvero “esplosivo” che se sfuggisse di mano aprirebbe a scenari indicibili. L’Europa ne sarebbe la più colpita con danni di notevole portata. Infatti, finanche politici polacchi filoamericani esprimono profonda preoccupazione. Mentre il nostro “Enrico d’Arabia” torna in patria ottimista e sorridente (beato lui!), l’ex presidente della Polonia, Alexsander Kwasniewski, che rappresenta il Parlamento europeo in Ucraina per quanto riguarda il caso Tymoshenko, ha dichiarato: «La situazione in Ucraina potrebbe uscire completamente fuori dal controllo delle autorità e dell’opposizione con conseguenze estremamente tragiche non solo per gli ucraini, ma anche per l’Unione europea […]. Il fatto che persone innocenti vengono uccise in Ucraina potrebbe provocare un’ondata di migrazione e di problemi economici […]. Siamo veramente a rischio di una grave tragedia. Penso che i diplomatici europei, quelli dei paesi vicini e quelli polacchi dovrebbero essere molto più sensibili a queste questioni. Potremmo entrare in una spirale di eventi che non saremo più in grado di fermare».
I grandi media concentrano l’attenzione delle opinioni pubbliche sull’effimero dell’organizzazione delle olimpiadi, agitando i diritti degli omosessuali russi e le tragiche sofferenze umane delle popolazioni siriane per coprire i veri problemi ai quali siamo confrontati. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha parlato ieri, ammettendo lo stallo economico e quindi lasciando invariati i tassi di sconto (0.25%) in attesa di marzo (anche lui?!), benché l’inflazione e la crescita siano molto deboli nell’eurozona. La situazione in Ucraina e le minacce terroristiche a Sochi fanno buon gioco per nascondere i dati sulle dimensioni della diminuzione del reddito reale disponibile degli americani dal 1974 in poi, che è al di sotto delle aspettative (la variazione si può vedere nel grafico a fondo pagina).
A tutto questo, si aggiungono altre crisi, per ora più o meno malamente gestite, che agitano lo scacchiere geopolitico: Egitto, dopo il colpo di stato militare, la repressione e gli arresti; Thailandia, dopo le elezioni contestazione violenta della minoranza; Turchia, tra flessione economica e vendette politiche si avvia alle elezioni locali di marzo; e, Mar della Cina, agitato dalla rivalità sino-giapponese e tra le due Coree.
La Germania ha capito che è il momento di agire con più efficacia a livello internazionale. Infatti, il presidente tedesco, Joachim Gauck, ha dichiarato di voler agire “più decisamente e sostanzialmente” come attore strategico internazionale. La Francia già lo fa nelle sue ex colonie africane – Mali e Repubblica Centrafricana – ma l’Italia è assente, il Regno Unito si astiene, e l’Unione europea è evanescente nella sua immaginaria “potenza vellutata” (soft power).
Il 23 febbraio si chiuderanno le ufficialmente le Olimpiadi di Sochi e la Russia di Putin tornerà a occuparsi più visibilmente e concretamente delle questioni geopolitiche e geoeconomiche. Vorrei sbagliare, ma non credo che sarà un ritorno tranquillo in scioltezza e serenità. L’attendismo all’italiana, la retorica buonista, le non scelte, rischiano di aggravare ancor di più, se non in modo definitivo, la situazione del nostro Paese. È prevedibile che ci sarà un “cambiamento di clima” che imporrà decisioni rapide ed efficaci. Distrarsi con il “concorso di bellezza” per le elezioni europee di maggio potrebbe essere fatale!