Le recenti dichiarazioni di Mario Draghi sulla non rilevanza dei pericoli di deflazione in Europa hanno particolarmente colpito gli osservatori internazionali. Infatti, è ormai convinzione diffusa che senza le misure di abbassamento dei tassi di interesse e di ampliamento della massa monetaria, quale che sia la forma che questa massa monetaria potrà assumere, i pericoli deflazionistici si trasformeranno in realtà. Del resto, le recenti prese di posizione della Commissione europea in merito alle economie degli stati dell’eurozona non fanno che accrescere tale preoccupazione.



Non si tratta soltanto del caso dell’Italia, con la consueta tiritera del solito finlandese su aumento del debito pubblico, produttività, ecc. Lamentele simili sono state rivolte pressoché a tutti gli stati europei, salvo naturalmente a quelli del blocco teutonico nordico, con particolari eccezioni che andrebbero sottolineate. Mi riferisco, per esempio, alle sottolineature sulla corruttela dilagante di cui si fa gran clamore in merito all’Italia, mentre se ne tace la fisiologica consustanzialità con il meccanismo socioeconomico delle nazioni un tempo facenti parte dell’impero sovietico e ora infelicemente incluse nell’Unione, grazie a quella fregola da allargamento in cui si distinsero democratici e ulivisti della prima ora.



Il problema risiede nel fatto che Mario Draghi, nonostante il sostegno americano di cui gode, ha visto la Medusa ed è rimasto pietrificato. La Medusa è la Merkel, la quale è destinata ad assurgere a un ruolo da cancellierato d’attacco deflazionistico sempre più rilevante grazie all’iniziativa diplomatica ed economica di fatto assunta da lei e dal suo governo in occasione della crisi ucraina. Del resto il kombinat tedesco-russo energetico e manifatturiero è congeniale per esercitare su Putin e Lavrov, grande ministro degli esteri russo, un peso assai superiore a quello di ogni diplomazia europea e financo al peso della diplomazia dell’Ue.



Sarebbe bastato che l’incredibile baronessa Ashton, ministro degli esteri della Cacania, si fosse mossa alle prime increspature della crisi, assicurando Putin e il suo blocco economico-militare di potere che l’Ue si sarebbe impegnata a conservare ai russi, in qualsivoglia situazione politica si fosse trovata l‘Ucraina, l’utilizzazione della base di Sebastopoli in Crimea. Base, del resto, che la Russia conserva grazie a un affitto molto ingente, così come fa con quella nucleare in Kazakistan.

Il clima da Guerra fredda che si sta alzando in Europa non può che avere pesantissime conseguenze sulla situazione economica. La paralisi di Mario Draghi è emblematica nel segnalare che il crescente potere della Merkel avrà conseguenze nefaste. Dinanzi a tutto ciò c’è da rimanere stupefatti per la schizofrenia degli Usa. Dimentichi dei saggi avvertimenti di Kissinger, che ben conosce ciò che un intellettuale raffinato come Sergei Karaganov spiega da anni, ossia la sindrome da accerchiamento della Russia postcomunista, dimentichi del sano realismo della scuola westfaliana della diplomazia, gli Usa oscillano da un atteggiamento monocratico a un atteggiamento delegazionistico.

Esempio del primo atteggiamento è il colloquio Lavrov- Kerry avvenuto a Roma in occasione dei colloqui sulla Libia nello stesso giorno in cui si svolgeva la riunione di Bruxelles sul caso ucraino, delegittimando di fatto l‘Europa. Delegittimazione confermata anche dallo sciagurato invio muscolare di aerei da combattimento nelle basi polacche che hanno già i missili rivolti verso la Russia. Ma nel contempo l’incapacità di tradurre i colloqui e le minacce in proposte concrete e realistiche apre la strada al negoziato tutto moneta e beni di scambio che la signora Merkel intrattiene una volta intrecciato il suo grembiule da sensale.

Se si pensa di risolvere la questione ucraina con gli 11 miliardi di euro promessi al nuovo governo ci si sbaglia di grosso. E qui vien fuori l’atteggiamento delegazionistico degli Usa, che mentre si preoccupano, da un canto, della politica economica europea deflazionistica di stampo tedesco, di fatto, assecondandone le manovre nei confronti dell’Ucraina, la assecondano, con effetti controintuitivi disastrosi. Far tirare la cinghia agli europei di serie B, mentre si fa diplomazia facendo l’elemosina, non può che far incattivire la povera gente e quei settori della popolazione già stremati dalla costante, tenace, e cieca distruzione del modello sociale europeo, che Frau Merkel e i suoi muti alleati da anni stanno perseguendo.