In una conferenza stampa in cui ha annunciato nuovi provvedimenti a sostegno dell’economia – riduzione del carico fiscale, riforme costituzionali, vendita delle auto blu, dichiarazioni dei redditi precompilate – Matteo Renzi ha anche promesso sgravi fiscali che dovrebbero portare 1000 euro netti all’anno a chi guadagna meno di 1500 euro al mese. Si tratta di un taglio al cuneo fiscale che riguarda 10 milioni di italiani: 80 euro netti in busta paga. Il limite su cui l’operazione di assesta è di 25mila euro lordi, circa 1500 euro netti mensili, e interessa il 55% dei contribuenti.



Non c’è stato il decreto legge che ci si aspettava, ma il Consiglio dei ministri ha approvato una relazione del Premier, il quale si è esposto in modo piuttosto irreversibile: il provvedimento, che vale dal primo di maggio, è rivolto a persone che hanno contratti da lavoro dipendente o parasubordinato e avrà un costo di circa 10 miliardi di euro. La copertura di questa somma arriverà “dal risparmio di spesa”, da altre manovre di bilancio e “senza aumento di tassazione; sarà lo Stato a stringere un po’ la cinghia”. Il dettaglio dei numeri sarà presentato nei prossimi giorni, ma già il Premier ha cercato di dare un’idea delle possibili fonti di raccolta della somma necessaria, precisando che circa 7 miliardi arriveranno dalla spending review.



Dal primo di maggio è prevista anche una parallela operazione sull’Irap, possibile in virtù dell’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie – non si toccano i titoli di Stato – che passerà dal 20% al 26%. L’Irap si riduce così del 10%: si tratta di 2,4 miliardi per le imprese.

Il pluri-annunciato taglio è molto complesso, questo anche il motivo del suo slittamento di qualche settimana: l’intera operazione sarebbe stata finanziata con uno scostamento consistente del bilancio, ma solo poche ore prima del Cdm ci si è ricordati del Fiscal compact che impone rispetto del pareggio di bilancio, e che per sforare chiede l’autorizzazione delle Camere e il via libera dell’Unione europea, che sicuramente arriveranno nei prossimi giorni, in virtù dell’impegno dell’esecutivo a tagliare molti costi dell’“apparato”.



Detto questo, le parole del Premier in conferenza stampa fanno credere a una certa non-reversibilità dell’annuncio: nel momento in cui sarà tutto confermato, si tratterà di fatto di un’operazione di rilievo, di cui si parla da anni. In questo i meriti di Matteo Renzi sono indiscutibili. Tra gli altri interventi annunciati, dal 1° giugno 500 milioni saranno a disposizione per chi vuole creare imprese sociali, e un aumento di 600 milioni del credito di imposta per i ricercatori con l’obiettivo, da qui al 2018, di creare 100.000 posti di lavoro. E, ancora per le piccole e medie imprese, una riduzione del 10% del costo dell’energia – oggi pari a 14 miliardi di euro.

Che dire, Renzi in effetti dà inizio a un processo di riduzione delle tasse di cui questo Paese ha un fisiologico bisogno: ne hanno bisogno le famiglie, come del resto ne hanno bisogno le imprese. In questo momento il Governo ha comprensibilmente scelto di dare enfasi – nei toni oltre che nel merito – al taglio che avvantaggia i lavoratori e il cui reddito non è particolarmente elevato: questa scelta da una parte è condizionata dalle pressioni che nello specifico, ma a dire il vero ogni volta che si presenta un problema simile, arrivano dal Sindacato (in particolare dalla Cgil) e dalla sinistra meno aperta al riformismo; dall’altra, alla comprensibile necessità per Renzi e il suo governo di incontrare un po’ di consenso e di popolarità in questo momento. Non a caso, ieri mattina Renzi annunciava un provvedimento “molto a sinistra”, ma durante la conferenza stampa di ieri ha anche detto che gli piacerebbe “segnalare ed evidenziare in busta paga quanto si avrà in più”. Molto concentrato quindi il Premier a parlare ai ceti più bassi, anche nella speranza che la scelta di scegliere a loro vantaggio possa avere un effetto positivo sull’economia, in particolare, a favore dei consumi.

Consideriamo anche, però, che per tagliare l’Irpef si fa spending review mentre per tagliare l’Irap si tassano le rendite finanziarie: come dire, per andare incontro ai lavoratori rinuncio io a qualcosa, per andare incontro all’impresa pagherà qualcun altro. Bisognerebbe chiedere a Squinzi se è contento, lui che va ricordando che “non c’è ripresa se non funziona l’impresa”. Il leader degli industriali ha ragione, tuttavia il Premier ha anche garantito lo sblocco “immediato e totale” dei debiti della pubblica amministrazione: 22 miliardi già pagati, 68 miliardi saranno pagati entro luglio.

Vediamo se Renzi sarà di parola, ma tutto fa pensare che non tradirà gli impegni presi. Non c’è dubbio che, nonostante i grovigli che rallentano la ripresa, qualcosa – parafrasando un ben più celebre toscano – “eppur si muove”.

 

In collaborazione con www.think-in.it

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