Con la pubblicazione da parte della Bce delle regole e dei criteri che presiedono alla valutazione degli attivi bancari (Asset quality review) si è avviata la fase più importate e significativa del processo che condurrà, nel prossimo novembre, alla Vigilanza unificata diretta su 128 grandi banche dell’eurozona.

Il manuale appena pubblicato (disponibile sul sito della Bce) consta di dieci sezioni relative ad altrettanti filoni di verifiche specifiche della “seconda fase” (ispezioni in loco) dell’intera procedura di valutazione avviata nel novembre scorso (la prima fase ha riguardato i rischi generali, come la liquidità, la leva finanziaria e la raccolta); fra questi filoni figurano l’analisi dei processi, delle politiche e delle pratiche contabili, l’esame delle esposizioni rilevanti (i crediti di maggior importo), la stima del valore delle garanzie, l’analisi delle attività di terzo livello al fair value (cioè di quelle attività più rischiose che, secondo i principi contabili internazionali – Ifrs – hanno solo un prezzo stimato, come ad esempio i derivati).



Si tratta di un esercizio molto complesso, che per ogni banca implica l’esame di almeno 1250 posizioni e che riguarda portafogli per circa 4 mila miliardi di euro, che corrispondono al 58% del totale delle attività ponderate per il rischio delle banche sottoposte all’esercizio. In aggiunta, un gruppo di 29 banche, più attive nel trading (fra cui le italiane Mps, Intesa, Mediobanca e Unicredit), verrà sottoposto a un controllo particolarmente attento su quest’area di attività. È bene chiedersi cosa implichi tutto questo sforzo e cosa possiamo ragionevolmente aspettarci sulle nostre banche.



Intanto è importante chiarire che, vista la posta di credibilità in gioco, la Bce, anche con questo manuale, vuole dimostrare che intende realizzare un esame molto approfondito sulle “condizioni di salute” delle singole banche, a partire ovviamente dalla qualità dei loro attivi; ciò significa che si farà finalmente giustizia di visioni quantomeno “soggettive” delle singole autorità di vigilanza nazionali e si assicurerà l’uniformità di valutazione del valore dei cespiti iscritti nei bilanci bancari. In concreto, i crediti, i titoli (anche le attività “di terzo livello”, che non avendo prezzi ufficiali sono valutate, con l’uso di appositi modelli, al “fair value”), gli immobili e le garanzie di varia natura, saranno sottoposti con criteri uniformi al vaglio degli ispettori (vigilanza nazionale) coadiuvati anche da esperti esterni.



Il risultato sarà non solo la reale consistenza, in termini di sostenibilità e tenuta, dei singoli bilanci bancari e dunque delle rispettive istituzioni, ma, finalmente, si avrà un quadro più veritiero della reale forza e solidità dei singoli sistemi nazionali, senza più il “velo” dell’indulgenza o del rigore che ha fin qui caratterizzato l’intervento delle singole autorità nazionali di vigilanza.

Da un lato la Bce avrà la verifica della solidità del sistema che si appresta a controllare e dunque potrà affrontare con maggiori certezze (il che significa banche con capitali adeguati alla rischiosità dell’attivo) il compito che le è stato affidato in vista della costruzione dell’Unione bancaria. Dall’altro, dalla verifica scaturiranno anche gli eventuali problemi residui (dopo lo sforzo di aggiustamento che, speriamo dappertutto, si sta già realizzando), che saranno affrontati e risolti anche grazie all’ulteriore prova degli stress test già in programma e che si concluderà a ottobre prossimo, col risultato di restituire al mercato un sistema di banche più trasparenti e nelle quali riporre una rinnovata fiducia.

Per quel che riguarda le nostre banche, si è già avuto modo di esprimere una relativa tranquillità; intanto perché sono già noti e avviati a soluzione i casi di necessità di maggiore patrimonializzazione (Mps, Banco popolare, Carige, Bpm, ecc.); in secondo luogo, perché la struttura degli impieghi delle nostre banche vede prevalere largamente i prestiti, rispetto alla cosiddetta finanza, fatta non solo di titoli pubblici, ma anche di quelle attività di terzo livello di cui sopra. Sui prestiti, per quanto appesantiti dall’avversa congiuntura degli ultimi due anni (recessione!), c’è un’assidua attenzione anche per effetto di una vigilanza particolarmente rigorosa; ne risulta che i criteri di valutazione sono già sostanzialmente allineati a quelli imposti dall’esercizio dell’Aqr e che, dato il persistere della crisi e l’avversa congiuntura, si stanno realizzando da tempo rettifiche e accantonamenti crescenti.

Infine, con l’approssimarsi del controllo unificato da parte della Bce e l’avvio dell’esercizio in discorso, le banche italiane (più o meno spontaneamente) hanno cominciato ad adeguarsi al nuovo corso che prenderà la vigilanza, sempre più attenta alla qualità dell’attivo e alla corrispondenza fra la sua rischiosità e l’adeguatezza patrimoniale. Ne è un chiaro esempio quello che sta avvenendo con l’approvazione dei bilanci delle banche avvenuta negli ultimi giorni e, fra questi, quello di Unicredit: si è prodotta una chiara scelta sul miglioramento della qualità dell’attivo sia attraverso opportune svalutazioni e rettifiche di valore, sia accantonando ulteriori risorse su eventuali rischi futuri; queste scelte comportano nell’immediato un grave sacrificio in termini reddituali (nella fattispecie una perdita di 14 miliardi), ma predispongono a un rapido miglioramento dell’attività di impiego (anche per la liberazione di risorse che la pulizia di bilancio consente) e a un recupero di redditività operativa (sempre nella fattispecie è previsto un significativo miglioramento del Rote -return on tangible equity- che passa dal 2% al 13% nell’arco di un quinquennio).

Se ciò avviene rispettando, anche con anticipo, i requisiti patrimoniali di Basilea 3 e addirittura con un chiaro apprezzamento del mercato, direi che non ci sono proprio motivi di allarme.