“Noi vogliamo un’Europa dove l’Italia non va a prendere la linea per sapere che cosa fare, ma dà un contributo fondamentale, perché senza l’Italia non c’è l’Europa”. È la rivendicazione del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, secondo cui sarebbe un errore “arrivare in Ue con la stessa piattaforma di questioni aperte che gli ultimi governi hanno cercato di risolvere, in particolar modo il governo Letta che in questo ha investito molto”. Per Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, «nonostante le sue rivendicazioni, nella realtà Renzi continuerà con le politiche di austerità che ci sono state imposte dall’Europa negli ultimi anni».



Renzi sta mostrando un atteggiamento più deciso nei confronti dell’Europa. Ritiene che sia soltanto un bluff?

Non mi sembra che ci siano dubbi in proposito, l’Ue continuerà a dettare la linea e ciò fondamentalmente per due motivi. Il primo dipende dai rapporti di forza geopolitica che sono attualmente vigenti nell’Ue. L’Italia è indebolita dalla crisi, per tanti motivi non è mai stata in grado d’imporre una sua linea nel processo di integrazione Ue e sicuramente non ci riuscirà adesso. A ciò si aggiunge un motivo intellettuale…



Quale?

La diagnosi che Renzi e soprattutto il ministro Padoan danno della crisi è identica a quella che dà la Commissione Ue, e cioè che si tratti di un problema di debito pubblico che si deve curare con l’austerità. Questa linea è stata smentita da altre istituzioni della Trojka, come per esempio la Banca centrale europea, il cui vicepresidente nel maggio dell’anno scorso ha chiaramente detto che la crisi europea non nasceva dal debito pubblico ma da quello privato.

La maggioranza è coesa sulla linea pro-austerità di Renzi?

No, all’interno della stessa maggioranza ci sono persone autorevoli come l’onorevole Fassina che hanno già chiaramente detto che le politiche di austerità sono sbagliate non solo perché socialmente ingiuste, ma soprattutto perché risultano del tutto inefficaci. Il fatto che Renzi assuma il suo incarico dopo l’esplosione del debito pubblico legato all’austerità di Monti e non esprima un ripensamento, fa capire che questo è un governo succube di un certo tipo di leadership europea.



Lei quindi ritiene che Renzi sia più vicino alla linea pro-austerity della Germania che non alla finanza americana?

Bisognerebbe capire quanto la costruzione europea sia realmente tale. I fondamenti intellettuali dell’Eurozona sono di fatto chiaramente ascrivibili al monetarismo statunitense. L’eccessiva fiducia nel mercato finanziario da parte di questa impostazione ha consentito di credere che una volta introdotta la moneta unica i flussi di capitale privati avrebbero compensato tutti gli squilibri tra i diversi Stati. A ciò si aggiunge l’idea che la governance economica possa essere assicurata da regole fisse, come quelle che fanno crescere la massa monetaria del 4,5%.

 

Come vede invece la posizione del ministro Padoan nei confronti dell’Europa?

Il ministro Padoan ha compiuto un brillante percorso di carriera in istituzioni internazionali di prestigio dove era rappresentato il nostro Paese. Sono però preoccupato nel sentirgli fare delle affermazioni chiaramente in contrasto con quelle di tanti altri economisti. Padoan ha infatti parlato della necessità di adottare in Italia delle misure di austerità. All’interno della maggioranza questo tipo d posizione non ha più un supporto granitico come due o tre anni fa, e quindi questo atteggiamento, al di là del fatto che non è tecnicamente corretto, dal punto di vista politico mette a rischio la coesione del governo. Con atteggiamenti intransigenti di questo tipo la governabilità del Paese non si assicura.

 

(Pietro Vernizzi)