Ci sono delle piccole storie che, a volte, danno il senso di tutta la storia o di storie più grandi. Anche qui abbiamo, in fondo, la traccia visibile della natura frattale degli eventi, cioè di quella proprietà dei frattali nota come invarianza di scala. Ingrandendo una figura frattale (come i noti frattali di Mandelbrot) si osservano figure che sono pressoché identiche a quella originale. Quindi anche nella storia (poiché pure il tempo è frattale) si possono trovare piccole storie il cui svolgimento ripete in qualche modo una storia più grande. Questo è quello che mi è venuto in mente leggendo la notizia di una signora di Viterbo che ha trovato, nascosti in un armadio, 100 milioni di lire, lasciati in eredità da uno zio.
Dopo un momento di gioia iniziale, la brutta notizia: la signora ha immediatamente telefonato a Bankitalia dove le avrebbero detto che quelle banconote sono carta straccia, poiché sono passati più di dieci anni dall’introduzione della nuova moneta (una cosa analoga è capitata a una vedova della provincia di Siracusa che ha trovato 43 milioni in una damigiana). Questo pone in luce una questione delicata: con quale autorità morale la banca centrale determina quale moneta ha valore e quale no? Quale autorità morale può vantare un istituto che sempre più è in mano a soggetti privati, cioè le banche italiane?
Perché se l’unica forza è la forza della legge, allora bisogna considerare che le leggi si possono cambiare. E soprattutto bisogna considerare se la materia (cioè la moneta) è una materia che rientra a pieno titolo in quelli che genericamente sono chiamati “beni comuni”. Infatti, non si capisce come non vi possano essere dei conflitti di interesse, nel caso in cui un bene comune di tale portata sia in qualche modo influenzato dalla partecipazione al capitale di soggetti privati, portatori di legittimi interessi privati.
Il recente aumento di capitale, che tenta di essere un sollievo per i bilanci delle banche italiane, vittime di sempre maggiori sofferenze, mostra qui tutta la limitatezza di visione strategica e culturale. Se infatti vale il principio per cui il valore di partecipazione al capitale doveva essere aggiornato al valore reale, questo porta come conseguenza che su quel valore reale i partecipanti al capitali hanno concreti diritti. Ma questo è in contrasto con il fatto che la Banca d’Italia è solo custode di quei beni, poiché essi sono frutto del signoraggio bancario e sono moralmente di tutti gli italiani. Tanto più questo vale per l’oro indicato in bilancio, il cui valore è di circa 100 miliardi, uno dei maggiori depositi al mondo.
Ma la storia della signora di Viterbo non finisce qui. Sembra infatti che sia prassi consolidata in giurisprudenza il considerare il tempo di decorrenza (dieci anni) a partire dal momento in cui si ha la disponibilità della vecchia moneta. Se così fosse, la banca centrale dovrà piegarsi a cambiare la moneta, proprio in forza di quella legge che voleva imporre.
Questa piccola storia racconta alla fine una semplice morale. Un’arma è sempre un’arma, occorre saperla maneggiare senza fare i gradassi, altrimenti ci si fa male da soli. E lo stesso vale per la finanza speculativa, che tenta di fare strage dell’economia reale, facendo pagare a quella i propri danni. Finirà col farsi del male, proprio a causa del suo strapotere. E lo stesso dicasi per il famoso bazooka di Draghi, che pomposamente nel luglio del 2012 aveva affermato che la Bce avrebbe fatto di tutto per salvare l’euro, concludendo con uno spavaldo “credetemi, sarà abbastanza”.
Quel “fare di tutto” per salvare l’euro è una cosa da far venire i brividi: ma a ogni costo? Al costo di quali sofferenze sociali? Al costo di quanti fallimenti, di quanti disoccupati, di quante chiusure di servizi essenziali? Lo vediamo in questi giorni: un euro troppo forte, tanto da far intervenire lo stesso Draghi a dire che sono “pronti a intervenire contro il super-euro”. Ma in realtà non si sa cosa possa fare, anche perché il mandato della Bce ha un obiettivo ben preciso e si chiama controllo dell’inflazione: e pure su quello sta fallendo. Dovrebbe essere, secondo i documenti ufficiali, “inferiore e prossima al 2%”, mentre è molto inferiore (siamo allo 0,8%) con un trend in deciso calo e pure conforti divergenze tra un Paese e l’altro.
Proprio per fronteggiare le sempre maggiori divergenze tra i paesi europei, pure un recente studio di Nomisma (una società di economisti che non possono essere certo definiti come antieuropeisti) rilevava che occorrerebbe un maggiore inflazione per diversi anni, intorno al 3%, per favorire lo sviluppo dell’economia reale e permettere così un maggiore equilibrio in Europa. Ma la Bce non sembra sentirci da quell’orecchio. E a dirla tutta, non si sa bene nemmeno cosa possa fare: anche le altre monete (dollaro e yen) stanno svalutando, con massicce iniezioni di liquidità. Se anche la Bce inizierà a farlo, potrà solo limitare un danno che oggi aumenta a dismisura le sofferenze dell’economia reale. Infatti, a causa del valore forte dell’euro, ormai avviato a 1,40 dollari, le esportazioni italiane, uno dei pochi valori positivi di questo periodo, rischiano di crollare, con effetti a catena devastanti.
La Bce dovrebbe aumentare la massa monetaria in circolazione, ma proprio a causa delle sue regole non può farlo. Può solo prestare denaro alle banche (quelle che lo chiedono, fin quando lo chiedono) e poi sperare che queste lo prestino all’economia reale. Ma alle stesse banche, a causa delle stesse regole, è impedito di occuparsi del bene comune, devono invece fare profitti.
La stessa ottusa cecità delle regole è quella che sta tentando, nel suo piccolo, di distruggere il valore monetario dei 100 milioni di lire ritrovati dalla signora di Viterbo. Quei soldi, che supponiamo guadagnati onestamente, sono dovuti a un’opera reale, a un qualche valore reale, quindi rappresentano un valore reale. Ma per legge, all’improvviso vengono distrutti. Chi ci guadagna?
La Banca d’Italia si può forse vantare di aver risparmiato i 51 mila euro che non vuole dare alla signora? Ma così facendo, visto che nessuno mangia moneta, la signora non avrà moneta da spendere nell’economia reale e l’economia reale ci rimetterà.
La grande finanza vuole salire sempre più in alto, vuole conquistare il mondo, ma non si accorge di avere i piedi di argilla. Pensa di imporre al mondo il suo potere attraverso le regole e le leggi, e alla fine saranno proprio queste a farla crollare. Non ci resta che costruire, da subito, un mondo diverso.