«Renzi è un premier di sinistra costretto ad attuare politiche di destra per compiacere Germania e Stati Uniti. La Merkel in particolare teme che se l’Italia non cresce sarà costretta a rinegoziare il Fiscal Compact, e per evitare che ciò avvenga vuole imporre al nostro Paese pesanti tagli alla spesa sociale». Lo sottolinea Carlo Pelanda, professore di Politica ed Economia internazionale nell’Università della Georgia, secondo cui «di fatto l’Italia è come se avesse la Troika proprio come la Grecia». Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in un’intervista a Repubblica aveva sottolineato che “gli impegni vanno rispettati, tutti. Per noi stessi, non perché ce lo chiede l’Europa. Noi non siamo vincolati solo a Maastricht, ma anche al Fiscal compact. Dunque tutti gli scostamenti eventuali dal sentiero di risanamento strutturale programmato vanno approvati dal nostro Parlamento prima ancora che dalla Commissione europea”.
Professor Pelanda, che cosa nascondono veramente le parole del ministro Padoan?
Tanto Stati Uniti quanto Germania sono d’accordo sul fatto che l’Italia deve introdurre determinate misure, perché il debito particolarmente elevato del nostro Paese fa sì che un errore compiuto a Roma possa far saltare l’intera economia mondiale. Al governo Renzi, come ai suoi predecessori, sono stati indicati chiaramente i paletti da rispettare. Fino al 2013 la priorità è stato il rigore per rimettere in ordine i conti pubblici. Poi la priorità è cambiata di colpo e si è scelto di puntare sulla crescita.
Per quale motivo?
Se l’Italia non fa più crescita si finisce per destabilizzare il nostro Paese dal punto di vista sociale, ma soprattutto non saremo più in grado di reggere il Fiscal compact. È proprio per questo che ora l’obiettivo imposto dall’Ue all’Italia è una maggiore crescita. L’Italia non ha la capacità di negoziare su questi aspetti, e di fatto è come se fosse sottoposta alla Troika come la Grecia.
Qual è nello specifico il programma di chi governa l’Italia dall’esterno?
Se il Pil dell’Italia cresce del 3% l’anno, allora il nostro Paese può stare dentro al Fiscal compact, cioè può ridurre di un ventesimo l’anno ciò che manca per riportare il debito pubblico al di sotto della soglia del 60% del Pil. Perché ciò avvenga occorre tagliare di 100 miliardi di euro la spesa pubblica e le tasse, in condizioni di vincolo di pareggio di bilancio. La preoccupazione dell’Ue è che questa situazione crei disordini sociali nel Paese, con migliaia di manifestanti armati di forconi che scendano per strada per chiedere di cambiare il Fiscal compact, costringendo il nostro governo a rinegoziarlo. Se ciò avvenisse, si renderebbe necessario un cambiamento di tutti i trattati europei e l’Eurozona finirebbe per essere rimessa in discussione.
Un premier del Pd come Renzi taglierà davvero la spesa sociale?
Il punto è che nell’Eurozona non sono più possibili politiche di sinistra, che consistono nel finanziare in deficit le garanzie sociali. Il governo Renzi deve rispettare il vincolo del pareggio di bilancio, non può finanziare spesa in deficit e in più deve abbassare le tasse e tagliare la spesa pubblica. La conseguenza è che Renzi sarà costretto a tagliare lo Stato sociale, cioè a fare tutto il contrario di una politica di sinistra che di solito consiste nell’aumentare i dipendenti pubblici inasprendo le tasse. La cosiddetta tax spending è la politica attuata dalla sinistra in tutte le democrazie occidentali, con la sola eccezione di Blair e di Schroeder. Renzi ora cerca di fare il Blair e lo Schroeder, ma senza che ci siano le vere condizioni politiche perché ciò avvenga.
Qual è il significato dell’incontro tra Obama e Renzi?
L‘America aveva il problema di un intervento diretto sull’Italia quando Obama era in campagna elettorale. Il timore della Casa Bianca all’epoca era che il debito italiano saltasse, e quindi gli Stati Uniti hanno rimpiazzato il capo del governo con una figura quale Monti in grado di tenere a posto i conti del nostro Paese durante le elezioni. Quello del contenimento del debito italiano è stato un interesse comune di Obama e della Merkel, in quanto anche il Cancelliere tedesco era sotto elezioni. Fino a quel momento l’enfasi è stata messa sull’equilibrio dei conti pubblici, anche a costo di aumentare le tasse che notoriamente deprimono la crescita. Adesso questa priorità è cambiata e ora il vero problema è quanti dipendenti pubblici sarà costretto a licenziare Renzi. Nel Regno Unito ne sono stati licenziati circa un terzo e prevedo che l’Italia alla fine dovrà fare la stessa cosa.
(Pietro Vernizzi)