«La conversione del falco Weidmann all’acquisto di bond da parte della Bce nasce solo dalla paura di un’affermazione del fronte anti-euro alle prossime elezioni europee. La soluzione non passa però dall’approccio demagogico di Marine Le Pen, Tsipras e degli altri partiti anti-europei, ma da una’analisi dei veri motivi che hanno portato l’Europa alla crisi». Lo sottolinea Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università d’Annunzio di Pescara, dopo che il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, ha aperto alle politiche monetarie espansive. Proprio a questo tema il prossimo 12 aprile sarà dedicato il seminario “Un’Europa senza euro. Costi e benefici per famiglie e imprese nelle proposte di economisti e politici europei”, che si terrà nell’Auditorium Antonianum di viale Manzoni 1 a Roma.



Il quantitative easing prospettato da Weidmann può essere la soluzione ai problemi dell’euro?

Le parole di Weidmann non rappresentano la soluzione ai problemi dell’euro, ma ci mostrano quale sia la vera strada per risolverli.

In che senso?

Per risolvere i problemi dell’euro l’unica strada è fare paura ai cialtroni di Bruxelles e Francoforte. È evidente che in questo momento i commissari Ue hanno paura soltanto di una cosa soltanto, dell’affermazione di Marine Le Pen in Francia. È bastato che il Fronte Nazionale arrivasse primo in una serie di Comuni dove si sapeva benissimo che avrebbe stravinto, perché improvvisamente Weidmann decidesse di fare quanto Giappone, Inghilterra e Stati Uniti stanno già compiendo da tre o quattro anni. L’unico modo per uscire dalla crisi è dare un segnale a queste elite che indichi che il popolo europeo ha capito da che parte è il problema.



Da che parte sta veramente il problema?

Il problema è nell’euro e solo chi sinceramente e convintamente dimostrerà di avere capito questo problema sarà premiato alle prossime elezioni.

La soluzione quindi è una vittoria del fronte anti-euro alle prossime elezioni?

Molto dipende dal modo in cui si intendono risolvere questi problemi. Da un lato c’è chi lo fa in modo strumentale, come fanno Tsipras in Grecia o la lista Alternativa per la Germania (Afd). Partendo da un’analisi sbagliata della situazione, e dando per presupposto che si tratti di una crisi di debito pubblico, propongono ricette altrettanto sbagliate. Il nodo del problema è che Paesi completamente diversi non possono avere una stessa valuta, una stessa politica monetaria e quindi una stessa politica del cambio. Se non si affronta questo nocciolo del problema si continuerà a parlare del nulla fino a quando i mercati faranno giustizia.



 

La politica di quantitative easing della Bce può dare risposte a questi problemi?

La politica di quantitative easing della Bce sarebbe una politica monetaria espansiva centralizzata che non avrebbe fondamentalmente alcun effetto nel risolvere gli squilibri tra i diversi Paesi europei. Intervenendo sull’acquisto di bond pubblici, la Bce può contribuire a comprimere alcuni spread. Se la banca centrale europea decidesse di acquistare i titoli dei Paesi meridionali, sicuramente gli Stati del Nord andrebbero contro questa politica e la vedrebbero contraria ai loro interessi. La considererebbero cioè una politica inflazionistica, con l’obiettivo di costringere i Paesi del Nord a vedersi restituire i loro crediti in una moneta inflazionata. Sono effetti annuncio che servono a far capire agli europei che si vuole tenere conto dei loro problemi, ma è assolutamente impossibile che un cambiamento dello Statuto della Bce che non sia la sua cancellazione dalla faccia della Terra risolva il problema.

 

Insomma occorre tornare a politiche monetarie diverse per ciascun Paese?

Esattamente. Chi controlla la politica monetaria controlla il tasso d’interesse e il tasso di cambio. Adesso vengono a raccontarci che al Sud il tasso d’interesse è troppo alto. È però altrettanto vero che nei periodi in cui la crisi si preparava, avere un tasso d’interesse basso come quello della Germania ha favorito l’indebitamento delle famiglie e le bolle immobiliari. Le persone trovavano denaro a buon mercato e lo spendevano per costruire la seconda o la terza casa. Ciò significa che Spagna e Germania all’epoca avrebbero dovuto avere due tassi d’interesse diversi. Tutti all’epoca erano contenti per il fatto che si fosse realizzata la convergenza, e non capivano che quella era la fonte del problema.

 

(Pietro Vernizzi)

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