Roba da matti. Il governo avrebbe intenzione di diminuire drasticamente la remunerazione di alcuni grossi manager di Stato. Sono scoppiate le polemiche quando a questa ipotesi ha risposto l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti: se mi tagliano lo stipendio allora me ne vado (e parliamo di uno stipendio di 850 mila euro l’anno). E io per poco non litigo con mia moglie. Roba da matti. Infatti, tutti si scandalizzano per questo tipo di situazioni, ma non si guarda mai l’altra faccia della medaglia. Se stiamo tutti sulla stessa nave, c’è chi ha la cabina extra lusso e chi invece si ritrova a dormire in un sacco a pelo.
Ovviamente, quando la differenza è eccessiva, il comune senso di giustizia spinge a una reazione. Ma questi non sono tempi normali. E se la nave si chiama Titanic, credete che avere una cabina extra lusso porti a qualche effettivo vantaggio? Magari è una delle cabine più vicine al ristorante e più lontane dalle scialuppe di salvataggio. Ma la vera questione è imparare costantemente a guardare l’altra faccia della medaglia, perché se una rivoluzione la vogliamo fare, deve essere prima di tutto una rivoluzione culturale. Altrimenti butteremo giù i potenti di oggi e ci troveremo con nuovi potenti (magari inetti) che domani faranno le stesse cose.
E quale sarebbe l’altra faccia della medaglia? L’altra faccia della medaglia è lo stipendio dei comuni mortali, quelli da 1.500 euro o anche meno. Quelli da 20 mila euro l’anno o anche meno. Quelli sono il vero problema! Mi spiace se qualche lettore si sente ferito da questa affermazione (suppongo che siano molti a percepire cifre di questo ordine di grandezza). Ma questa è la verità. Il problema dell’Italia è la mancanza di crescita, lo sanno tutti. Chi ha tanti soldi, ovviamente li spenderà (i soldi non si mangiano!). E se prendesse ancora più soldi, difficilmente spenderà di più, perché non ne avrà nemmeno il tempo.
Ma se tutti quelli che prendono uno stipendio da sopravvivenza continuano a prendere lo stesso o anche meno, come faranno a spendere di più? Come potrà mai avvenire una ripresa? I consumi interni sono in crisi, sono al collasso e le previsioni non sono per nulla buone. Ma se la gran parte della popolazione continua ad avere uno stipendio a malapena sufficiente, o anche meno, come potrà mai spendere di più? E come mai potrà esservi una crescita? E quando mai si potrà avviare una ripresa?
Togliere denaro ai ricchi servirà solo a far sì che spendano meno, provocando inevitabilmente un calo, anziché una crescita del Pil. E se i ricchi spendono meno del loro superfluo, loro non ne soffrono, ma chi è povero non ha più lavoro. Esattamente quanto è già successo e continua a succedere. Ancora tutti noi facciamo fatica a capire quanto l’attuale crisi abbia sconquassato i criteri di comprensione, quelli per cui ciò che un tempo era ragionevole (per esempio, attenuare le disuguaglianze) oggi è controproducente e ingannevole.
Un altro esempio è il danno derivante dal profitto chiamato signoraggio, cioè il profitto che ha chi stampa moneta. Questo profitto oggi finisce nel bilancio delle banche centrali, depositarie del diritto di stampare moneta, un diritto però originario degli stati. La scusa è che gli stati stamperebbero moneta in eccesso, mentre una banca centrale con grande indipendenza politica lo farebbe nell’interesse dell’economia. Ho già affrontato numerose volte questa dolente questione, evidenziando che pure le attuali banche centrali, con tutta la loro indipendenza, hanno stampato moneta in eccesso, di fatto favorendo l’attuale crisi. Ma c’è un’altra questione delicata, anche questa figlia della crisi e di questi tempi straordinari, in cui occorre rivalutare tutto.
La questione è che il profitto da signoraggio dovrebbe finire quasi tutto nelle casse dello Stato, come vorrebbe la legge e il buon senso. Ma il profitto della Banca d’Italia deriva dalle banconote in circolazione. Queste sono determinate dalla Bce e ripartite alle varie banche nazionali. Alla Banca d’Italia ne tocca il 18% circa, alla banca centrale tedesca il 25% circa. Queste banconote procurano un profitto alle banche centrali, perché le banche centrali scambiano queste banconote con titoli di Stato, normalmente ciascuna banca centrale con quelle del proprio Stato. Quindi nel caso dell’Italia, parliamo circa del 4% di interessi, mentre nel caso della Germania si tratta del 2% (infatti il nostro spread è all’incirca di 200 punti rispetto a quello tedesco). Quando il titolo di Stato scade, lo Stato paga la banca centrale, ma su quel profitto poi lo Stato stesso incassa. Sembra tutto a posto. Ma…
In realtà, i profitti della Banca d’Italia derivanti dalle banconote in circolazione sono prima riassegnati alla Bce. Qui confluiscono i profitti di tutte le banche centrali che utilizzano l’euro, quindi anche quelli della Germania, quelli che vengono da un rendimento del 2%. In altre parole, nella Bce gli interessi pagati da noi al 4% vengono sommati a quelli pagati dai tedeschi al 2%. Da tale somma di profitti, a ciascuna banca centrale viene riconosciuto il suo profitto in proporzione alla partecipazione alla Bce, cioè nel caso di Bankitalia il 18% circa. Ma non è più il 18% del 4% pagato da noi italiani, si tratta invece del 18% di una somma mediata con (anche) quella tedesca, frutto di un interesse al 2%.
Facciamo un esempio concreto. La Bce decide di stampare 100 miliardi. Ne assegna 18 a Bankitalia e 25 alla Bundesbank. I nostri 18 rendono il 4% (0,72 miliardi), mentre quelli tedeschi rendono il 2% (0,5 miliardi), e quegli degli altri paesi (per semplificare) rendono il 3% (rimanenti 57 miliardi x 0,03 = 1,71 miliardi). Il totale che viene girato alla Bce dalle varie banche centrali è 0,72+0,5+1,71=2,93 miliardi. Questi sono ripartiti dalla Bce alle banche centrali secondo le proprie quote, quindi alla Banca d’Italia tocca il 18%, cioè 0,5274 miliardi (circa 200 milioni in meno rispetto al profitto di Bankitalia pagato dallo Stato, cioè da tutti noi), mentre alla banca centrale tedesca tocca il 25%, cioè 0,7325 miliardi (oltre 200 milioni in più di quanto pagato dal loro Stato).
Avete capito bene: tramite il meccanismo di redistribuzione dei profitti delle banche centrali, noi cittadini italiani siamo tassati pure per finanziare lo Stato tedesco. Questa è una delle storture pazzesche della moderna crisi, così poco compresa.
Ovviamente questo meccanismo infernale di trasferimento di ricchezza monetaria è in esecuzione da quando la differenza di spread tra i titoli di Stato dei diversi stati è divenuta sensibile, cioè in particolare dal 2010, ormai quattro anni fa. E tale trasferimento è ancora più accentuato nel caso di uno spread più alto, come nel caso di Grecia e Portogallo. Quindi, quanto più un Paese è in difficoltà, tanto più i cittadini pagano un trasferimento di ricchezza monetaria causato dalla sovranità monetaria perduta.
Occorre svegliare i nostri politici. Occorre tornare alla sovranità monetaria. Iniziamo a svegliarci noi per primi. Buon risveglio.