“Ho visto i numeri, la Tasi mi sembra un’altra botta. Pare che ancora una volta si voglia aumentare il carico fiscale e recuperare risorse invece di ridurre i costi”. Lo ha osservato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a proposito della nuova tassa sui servizi indivisibili. Secondo una ricerca della Cgia di Mestre, presieduta da Giuseppe Bortolussi, la Tasi costerà in tutto ai contribuenti una stangata da 1 miliardo di euro e solo alle imprese italiane 650 milioni di euro. Ma colpirà anche le famiglie, di fatto aumentando l’imposizione fiscale rispetto a quando c’era l’Imu sulla prima casa.
Bortolussi, come avete calcolato che la Tasi sarà una stangata da 1 miliardo di euro?
La stangata da un miliardo è relativa all’ipotesi in cui venga applicata l’aliquota minima dell’1 per mille. Ma potrebbe arrivare tranquillamente a 2 miliardi e 161 milioni di euro, in quanto i Comuni hanno la facoltà di aumentarla fino all’11,4 per mille sommando Imu e Tasi. La Tasi può arrivare a un massimo del 9,6 per mille, l’Imu al 2,7 per mille. Abbiamo formulato l’ipotesi che su 4 milioni e 419mila immobili strumentali si applichino cioè l’aliquota minima o quella massima. Nel passaggio tra Ici e Imu, l’aumento medio è stato tra il 100% e il 110%, con punte massime del 155%.
Qual è il contesto in cui si inseriscono questi rincari?
Il contesto in cui ciò avviene è che sempre più spesso le imprese chiudono non riescono a trovare nessuno che compri o prenda in affitto il loro capannone, e così si trovano a pagare ancora tasse esorbitanti anche se la loro azienda non esiste più.
Quanto è la pressione fiscale per le piccole e medie imprese?
Un artigiano che lavora da solo e ha un reddito da 35mila euro, paga il 53% in tasse. Un commerciante senza dipendenti con un reddito pari a 30mila euro è costretto a sua volta a versare il 53%, mentre un’impresa artigiana composta da due soci e con 100 dipendenti, con un reddito annuo di 80mila euro, paga il 59%.
Intanto però le famiglie possono respirare in quanto è stata abolita l’Imu sulla prima casa…
L’abolizione dell’Imu sulla prima casa, che era pari a circa 4 miliardi di gettito, è stata compensata dal governo con l’introduzione della Tasi. Quest’ultima inizialmente era già compresa nella Tarsu, quindi non prevedeva che si pagasse qualcosa in più. Oggi si inventano questa nuova tassa per cercare di recuperare l’Imu sulla prima casa, e per le famiglie con figli a carico la Tasi lo farà interamente. Finché c’era l’Imu, era prevista una detrazione fissa di 200 euro alla quale si aggiungevano 50 euro per ciascun figlio con meno di 26 anni. In diversi casi le simulazioni hanno documentato che era più conveniente l’Imu sulla prima casa. Molto dipenderà dalle aliquote che vanno dall’1 al 3,3 per mille, nonché dalle detrazioni che saranno applicate dai singoli Comuni. Vedremo quindi, anche se da alcune simulazioni emerge che l’Imu era più conveniente rispetto ad alcune situazioni che si potranno venire a determinare quando si applicherà il massimo. Un’aliquota Tasi del 2,5-3 per mille sarà meno favorevole rispetto all’Imu sulla prima casa.
Veniamo ai capannoni. Pagheranno di più o di meno?
L’Imu rispetto all’Ici ha già comportato notevoli rincari. La Tares per una piccola impresa vale inoltre tra il doppio e il triplo, cioè chi paga mille euro di Imu rischia di pagarne tra le 2mila e le 3mila di Tares. Non si capisce quindi quale necessità ci sia di applicare la Tasi anche sui capannoni, con una tassa che si aggiunge a tutto il resto.
(Pietro Vernizzi)