Visti gli atti e i fatti di questa crisi; visti i vizi e gli stravizi degli agenti economici coinvolti; sconquassata la produttività totale dei fattori: così del doman non v’è certezza. Già i fattacci dei fattori: si ferma la spesa, si ferma il consumo; se il capitale sottoremunera il lavoro perché sovrapproduce, fa aumentare ancor più il sovrapprodotto. Oplà, bassa la produttività del quel capitale, mortificata quella del lavoro; addirittura inagibile quella del consumo; non se la passa meglio un altro agente finora incognito: la Terra, ch’eppur monopolista del monopolio sconta produttività al collasso [].



Fiuuuuu! In questo tempo impervio altro che crisi: crisi doppia, quella della produzione e quella della generazione. Sì, insomma quella economica e quella ecologica; la sovraccapacità della prima, il sovraccarico della seconda. Per porre rimedio al danno, da decenni si è ritenuto dover fare politiche monetarie, scagliando bombe di reflazione contro la deflazione, ottenendo l’effetto collaterale di sterilizzare il suo contrario: l’inflazione. Gulp!



Se ne avvede e tuona Christine Lagarde: “Quello che stiamo vedendo è un’inflazione bassa e se questa durerà per un periodo prolungato, potenzialmente potrebbe destabilizzare le previsioni dei consumatori sull’evoluzione a lungo termine dell’inflazione”, ha detto il direttore generale del Fmi in un convegno nel nord della Spagna. Non paga aggiunge: “Stiamo dicendo che il rischio potenziale esiste. Stimiamo questo rischio nel 15-20% ed è per questo che raccomandiamo che i banchieri centrali stiano all’erta e tengano a disposizione gli strumenti per rispondere a questa situazione in termini di politica monetaria”.



La deflazione invece ringalluzzita sta lì, incombe, in barba ai policy maker. Teniamolo a mente. Incombe ancora la sovrapproduzione, tutta. La Terra, addirittura, inciampa contro un’impronta tanto profonda da farle lo sgambetto. La crisi degenera in crisi di sistema, tanto che nemmeno la solita crescita riesce a debellare. Quella crescita che mostra la corda che per rifocillarsi ha bisogno di trovare nuovi equilibri. Nuovi, appunto, per dare risposta pure a chi, con fiero cipiglio, dubita della crescita senza se, senza ma.

Bene, chi tra gli anzidetti agenti sarà in grado di dare adeguata risposta a tal imperativo? Ci sono i consumatori. Possono vantare un sacco di credito e passare quindi all’incasso. Quel ristoro, buono per rifocillare il potere d’acquisto che serve a fare quella spesa in grado di scongiurare la deflazione.

[1] Allarme rosso: lo segnala “l’impronta ecologica”, la spia dell’improduttività, messa lì a misurare l’area biologicamente produttiva necessaria per rigenerare le risorse impiegate dal genere umano e per riassorbirne i rifiuti prodotti.

Già, occorre remunerare quella spesa. Giammai con l’aumento del reddito che aumentando il costo del lavoro fa danno alla produttività; con la riduzione dei prezzi, invece, l’impresa aumenta quella capacità competitiva che smaltisce le sovraccapacità. Buona per tornare a fare utili. Si dirà: pure questa è deflazione []. Già, programmata però!

Ordunque, così si può tornare alla crescita; per farla “buona” occorre fare altro. E, se è pur vero che la domanda comanda, non si può riposare sugli allori: oltre gli onori ci stanno gli oneri. Per farla breve, occorre mettere in campo la responsabilità; condita con un po’ di convenienza, meglio! Responsabilità, appunto, e se domanda s’ha da fare che domanda sia, di merci ipoenergivore ed eco-compatibili, finanche immateriali, per alleggerire il sovraccarico antropico. Lunga vita alla Terra, insomma. E perché no godere a lungo i ristori economici che si intravvedono.

Toh, ci sono i termini per un’ alleanza che non t’aspetti. Con questa nuova Terra, agente generante il tutto e accogliente grembo che poi smaltisce il residuo. Questa Terra siffatta genera materia, il lavoro la trasforma in materiale, l’impresa ne fa poi merce, il consumatore l’usa facendone residuo. Il cerchio si chiude, il meccanismo gira e rigira, si genera ricchezza [].

 

[2] Alla faccia della perfida deflazione, Francesco Daveri riferisce che tra il 1990 e il 2012 in Giappone i prezzi al consumo sono scesi del 12%. Nello stesso periodo di tempo il Pil è salito complessivamente del 22%. Caspita, tra aumento del potere d’acquisto e aumento del reddito, i consumatori con gli occhi a mandorla, ad occhio e croce, hanno messo in tasca un + 1,54% l’anno e l’occupazione ai massimi.

 

[3] Il dire di Bataille, in proposito, illumina: “A mio parere, la legge generale della vita richiede che in condizioni nuove un organismo produca una somma di energia maggiore di quelle di cui ha bisogno per sussistere. Ne deriva che il sovrappiù di energia disponibile può essere impiegato o per la crescita o per la riproduzione, altrimenti viene sprecato”.