È ancora presto per dire se i tonfi borsistici a livello globale di questi giorni siano l’inizio della più vasta correzione o invece solo delle sell-off innescate dalla necessità di alleggerire portafogli troppo gonfi e sempre più rischiosi. Una cosa è certa, però: molti investitori stanno cominciando a capire che il driver della liquidità garantita dalle banche centrali non solo non è eterno ma ha creato bolle sparse lungo il corso rialzista e ora si inizia a temere l’esplosione di quelle distorsioni, come ad esempio i titoli biotecnologici sul Nasdaq con una versione 2.0 delle dot.com (il “rimbalzo del gatto morto” garantito dalla pubblicazione delle minute della Fed è durato un solo giorno, brutto segnale).



È un mercato drogato, ve lo dico da mesi e per capirlo è interessante tornare sul nuovo bond quinquennale greco emesso giovedì mattina per un ammontare di 3 miliardi di euro e con un rendimento del 4,95%. Come me, immagino anche voi avrete sentito a tutti i telegiornali grida di gaudio che hanno accompagnato la notizia, funestata soltanto dal piccolo particolare dell’autobomba nel cuore di Atene: la Grecia è salva, l’Europa è salva, la crisi dei debiti è finita!



Balle, tutte. Quell’asta ci dice in verità solo due cose: primo, la ricerca del rendimento è il nuovo Dio di questo mercato dove ancora per un po’ l’avidità avrà la meglio sulla paura. Secondo, i Paesi con surplus di conto corrente devono riciclare in qualche modo quel denaro. Tutti gli osservatori hanno sottolineato con notevole enfasi il basso tasso di rendimento cui la Grecia è riuscita a finanziarsi, ma non hanno detto una cosa: non è ancora abbastanza basso per creare una traiettoria di sostenibilità, visto che il costo del debito ellenico è ancora molto più grande del tasso di crescita del Paese. Allo stato attuale delle cose, infatti, la Grecia non sarà in grado comunque di ripagare i propri debiti e un’altra crisi – se non un altro salvataggio – saranno inevitabili in futuro, temo nemmeno troppo in là, salvo miracoli.



Tutto questo non è solo un mio giudizio meramente economico, ma trova fondamento anche in una formula, la quale definisce le condizioni necessarie perché una nazione sia solvibile: S = (r-g)*D. Non allarmatevi, è meno astrusa di quanto possa sembrare. Dunque, S rappresenta il deficit di budget primario, r il tasso di interesse nominale sul debito governativo, g il tasso di crescita nominale dell’economia e D la ratio debito/Pil. Prendete quest’ultima voce e moltiplicatela per la differenza tra il tasso di interesse dei pagamenti del Paese e il tasso di crescita, operazione questa che ci garantisce di scoprire l’incremento annuale del debito ogni anno. Se il tasso di interesse che il Paese paga è più alto del suo tasso di crescita, a quel punto r-g sarà positivo e vedremo crescere lo stock di debito come percentuale del Pil, mentre se la crescita è maggiore dei costi sul debito, r-g sarà negativo e il debito totale gradualmente calerà.

Partendo poi da sinistra, abbiamo il deficit di budget primario come percentuale del Pil, ovvero quanto lo Stato deve generare per evitare che il debito cresca. Se questo non accade, il debito continuerà a crescere prendendo l’abbrivio classico della palla di neve che rotolando si trasforma in valanga: i costi degli interessi saliranno più velocemente delle entrate statali. E non è poi peregrino pensare che sia proprio la voce di pagamento interessi-sugli-interessi a far collassare il budget di uno Stato. Insomma, ci sono solo tre modi per evitare il collasso: avere un grande avanzo primario sul budget, crescere molto rapidamente o avere tassi di interesse bassi.

Guardate questo grafico e rendetevi conto da soli, nell’Europa attuale, quanti paesi soddisfano la condizione della voce r-g di cui abbiamo parlato prima. La Germania ovviamente e anche il Portogallo si sta avvicinando (attenzione, non è che la troika lì abbia funzionato, è che Lisbona vanta un grosso avanzo primario generato dalle privatizzazioni che, in quanto tali, sono però una voce di entrata una tantum), ma le altre nazioni cosiddette “periferiche” no e la Grecia è quella messa peggio.

Tra mille strepiti dei grandi media, giovedì la Grecia si è finanziata pagando un interesse del 4,95%, stante una previsione di crescita per quest’anno dello 0,2% (fonte Fmi, quindi sarà più bassa, visto che nel 2013 la contrazione è stata del 5%) e la ratio debito/Pil è prevista al 174%. Utilizziamo questi numeri nella nostra formula di prima e scopriamo che la Grecia per avere una sostenibilità del debito e non farlo crescere dovrebbe vantare un avanzo primario pari all’8,3% del Pil: peccato che il Fmi preveda per Atene un avanzo primario solo dell’1,5% quest’anno. Insomma, la Grecia ha emesso debito come se avesse l’economia della Germania: e la speculazione si è lanciata, visto che l’unica cosa che interessa è la caccia al rendimento. E 4,95% è ancora un gran bel rendimento. La Germania infatti lo scorso hanno aveva un surplus di conto corrente di 201 miliardi di euro, pari al 7,5% del Pil, quest’anno è previsto al 6,8% del Pil e vanta un surplus commerciale con il resto dell’eurozona di 50 miliardi di euro all’anno: quindi non mi stupirei che con questi numeri e con la necessità di esportare capitali siano state soprattutto le banche e le assicurazioni tedesche a comprare quel bond con il badile, salvo scaricarlo al parco buoi quando comincerà a scottare.

L’hanno già fatto, lo rifaranno: lasceranno la palla di neve crescere e crescere e quando capiranno che la slavina è alle porte via a vendere, sfruttando magari le notizie fantasmagoriche sul futuro greco che danno i grandi media, tipo l’altro giorno. Pensate che io sia il solito pessimista? Forse avete ragione, però guardate questo grafico: se come comunicato dal Tesoro ellenico, il nuovo bond quinquennale ha ricevuto richieste per 20 miliardi di euro, circa 7 volte l’ammontare collocato, dove è finita tutta questa domanda, tutta questa voglia di Grecia se ieri – a 24 ore dall’emissione – il prezzo di quel bond è già collassato di 1,5 punti e il rendimento ha preso di botto 30 punti base?

La realtà non è quasi mai quello che sembra. E stavolta, anche chi si crede più furbo e potente degli altri, potrebbe rimanere spiazzato dalla velocità e della portata della correzione in arrivo: e restare con il cerino in mano. Non ne piangerei, lo ammetto.

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