«Le elezioni europee del 25 maggio, il semestre di presidenza italiana da luglio e il mandato della Commissione Ue in scadenza a ottobre rendono impossibile per la stessa Germania mostrare il volto feroce del rigorismo economico». È l’osservazione di Guido Gentili, editorialista ed ex direttore de Il Sole 24 Ore, secondo cui la richiesta del governo italiano di un rinvio al 2016 del pareggio di bilancio non poteva arrivare in un momento migliore. La decisione spetterà ora all’Unione europea, dopo che Senato e Camera hanno dato il loro benestare. Anche se Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e candidato di Forza Italia alle elezioni europee, ha commentato: “Si sta facendo un pasticcio, ottenere un allentamento dei vincoli di bilancio è possibile con riforme già avviate, non solo con promesse”.



Gentili, ritiene che quella di rinviare il pareggio di bilancio al 2016 sia una scelta giusta?

Le regole europee sono state entusiasticamente approvate dalla nostra classe politica nel 2012 con il cosiddetto pareggio di bilancio in Costituzione, con la parola pareggio solo nel titolo perché nel testo si parla assai più prudentemente di equilibrio. La legge del dicembre 2012 ha dato attuazione alla norma costituzionale. Noi italiani ci siamo legati le mani da soli, in piena consapevolezza, approvando una procedura rinforzata che prevede la maggioranza assoluta per consentire uno scostamento rispetto alle previsioni di bilancio. Queste sono le regole che dobbiamo rispettare, e quindi dobbiamo andare in Europa a chiedere il permesso per questo slittamento.



Ritiene che le conseguenze economiche e politiche saranno negative?

Ciò ci metterà in una posizione più difficile rispetto a due o tre mesi fa, quando questa prospettiva non era ancora così concreta. È però una scelta indispensabile, perché se i conti non tornano dobbiamo farlo per forza. La circostanza eccezionale invocata dal governo italiano per giustificare lo scostamento del pareggio è la necessità di sbloccare i pagamenti alle imprese. Quando la questione dei debiti della Pubblica amministrazione venne alla luce sotto il governo Letta, ci fu un intervento congiunto del vicepresidente Tajani e del commissario Olli Rehn, i quali dichiararono che il pagamento non avrebbe inciso sul livello del nostro debito.



Che cosa può obiettare l’Ue alla richiesta di un rinvio del pareggio di bilancio?

Il pareggio strutturale di cui si parla nelle regole Ue non consiste in un bilancio effettivamente in pareggio, ma prevede che lo si possa sforare dello 0,5%. Uno dei paradossi europei è che all’interno di regole così ferree dove contano anche i decimali, poi c’è sempre una dose di giudizio politico discrezionale alla base di ogni trattativa. La posizione della Germania, contraria a un rinvio del pareggio di bilancio dell’Italia, è importante. Le valutazioni che farà la Commissione Ue sulla scelta italiana sono previste per l’inizio di giugno, dopo le elezioni europee.

 

Che cosa dirà la Germania?

Fino alle elezioni del 25 maggio non credo ci sia l’interesse da parte di nessuno, Germania compresa, a mostrare il volto feroce del rigorismo economico. Il voto potrebbe mettere in crisi gli equilibri fin qui consolidati, con un affermarsi dei partiti euroscettici. A giugno, passata la bufera, il negoziato si aprirà in una condizione diversa. C’è da sperare che pesi positivamente il fatto che a luglio l’Italia prenderà in mano il timone della presidenza europea. Il mandato della Commissione Ue scadrà inoltre a ottobre: anche quest’ultimo fatto lascia ben sperare in un negoziato complessivamente più favorevole per l’Italia.

 

(Pietro Vernizzi)