Gli ultimi giorni prima della Santa Pasqua consentono di cominciare a delineare qual è la strategia e quale la tattica di quella che possiamo chiamare la Matteonomics. La chiamiamo così soprattutto perché il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha un ruolo molto più marcato del proprio ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. Si sono risolte positivamente (pare) le diffidenze che hanno caratterizzato i primi giorni dell’esecutivo, ma le differenze di età, stile, cultura tecnico-economica, relazioni personali internazionali sono tali e tante che la coesistenza è pacifica, ma giunge a una condivisione più apparente che sostanziale.
L’aspetto strategico di fondo è che è stato avviato un percorso che porta dritto dritto ai contractual arrangements lanciati mesi orsono dal Cancelliere Angela Merkel e accolti con visibile freddezza dal Governo Letta. Lo mostra, in primo luogo, la lettera inviata alle autorità europee per chiedere il differimento degli impegni afferenti al pareggio di bilancio. Lo conferma il contenuto redistributivo degli aspetti centrali del decreto legge approvato il 18 aprile (ma ancora in fase di affinamento; si spera che arrivi al Quirinale il 24 aprile): la redistribuzione dovrebbe aumentare la domanda interna e, unitamente a piccole misure dal lato dell’offerta (il ritocco dell’Irap), dovrebbe dare una spinta alla crescita. Lo conferma il fatto che non si sia parlato di debito pubblico e di misure mirate alla riduzione del suo stock (ad esempio, privatizzazioni o valorizzazione del patrimonio pubblico) né nel comunicato diramato da Palazzo Chigi, né nella conferenza stampa. In breve, il rinvio del pareggio del bilancio è il primo passo per un contractual arrangements che consenta una più energica politica di crescita anche derogando dal Fiscal compact e disapplicando, in sordina, la legge costituzionale rafforzata sul pareggio medesimo.
È una strategia di lungo respiro che richiede la stabilità dell’esecutivo sino al termine naturale della legislatura nella primavera 2018 (passando il capo, sempre tempestoso, dell’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica). Una strategia che, almeno per ora, non contempla “incassi elettorali” a breve termine (ad esempio, nella primavera 2015 dopo l’approvazione della nuova legge su come contare i voti degli italiani). Tuttavia, se la strategia non porta risultati entro la fine del 2014 e viene varata una nuova legge elettorale, la “strana alleanza” chiamata “il patto del Nazareno” potrebbe portare alle urne tra meno di un anno sull’onda di una forte popolarità.
La tattica è improntata a rafforzare la popolarità acquisita in questi mesi. È nei commi e nelle virgole di un Decreto legge il cui testo è ancora in fase di incipriatura. La popolarità e l’adozione a tal fine di misure che guardano all’elettorato, più che agli interessi generali del Paese, sono il sale della democrazia, come ci ricorda un politologo fiorentino, Giovanni Sartori, che del presidente del Consiglio potrebbe essere il nonno. La si vede in tante misure del Decreto chiamato “Per un’Italia coraggiosa e semplice”. Le principali non sono quelle relative ai mitizzati 80 euro al mese (da cui sono esclusi, almeno per ora, i più poveri e di cui non è ancora chiara né la provenienza, né come verranno posti nelle buste paghe di chi ne ha titolo). Sono quelle relative ai tetti alla retribuzione dei dirigenti, e, soprattutto, dei magistrati.
Renzi ha letto George Bernard Shaw e sa che in “Androcles and The Lion” l’Imperatore Domiziano manda alle fiere i cristiani pur essendosi convertito alla loro religione poiché per uno sbranato almeno dieci si fanno battezzare. I magistrati sono la casta braminica più detestata dagli italiani: se parlarne male può causare guai, dire in video di averne piena fiducia e rispetto ma porre fine all’irresistibile ascesa delle loro retribuzioni fa sì che si guadagnano diecimila voti per ogni toga che protesta.
Molte misure tattiche – la riduzione delle auto blu, la concentrazione dei centri per gli acquisti, i contenimenti ai bilanci Rai, Csm, Cnel, Consiglio di Giustizia amministrativa, la tassazione sulle banche via discorrendo – sono “tagli lineari” come quelli di tremontiana memoria. Nel gergo dellaMatteonomics vengono presentati come l’esito di una spending review di cui nessuno conosce il metodo (a differenza di quelle applicate, in via continuativa, in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti). Forse perché metodo non c’è. E Carlo Cottarelli è il Mike Bongiorno di questi anni. Nessuno glielo ha ancora detto. E lui stesso fa finta di non averlo compreso.