Poche parole e poche speranze per Alitalia? Probabilmente non è così, anche se la partita rimane molto incerta. Non è facile capire cosa sia successo nelle due ore del Consiglio d’amministrazione della compagnia aerea italiana svoltosi ieri, ma quel che è certo che la partita sembra ancora lontana dalla chiusura. Etihad continua ad avere il coltello dalla parte del manico e gli azionisti di Alitalia sembrano poter fare poco. Aspettare il Governo non è la soluzione migliore, ma la compagnia italiana non ha molta liquidità.



Tuttavia essendo alle porte il periodo estivo, la benzina per gli aerei del vettore dovrebbe bastare fino a ottobre. I fallimenti delle compagnie non a caso arrivano sempre a fine estate, quando le vendite del periodo migliore dell’aereonautica sono finite. È stato così per la vecchia Alitalia, così come per Windjet. Nonostante questo la partita è da chiudersi in fretta. Le elezioni sono alle porte e arrivare ancora una volta con la “patata bollente” Alitalia non è certo facile per un Governo che si è esposto molto sul tema.



Gli interessi concordano sul fatto che Alitalia non debba fallire, dato che le banche perderebbero molto di più di quanto è richiesto loro di sacrificio dal piano di Etihad. L’esposizione creditizia è infatti vicina al miliardo di euro, mentre la compagnia medio-orientale chiede un sacrificio da 400 milioni. Al Governo si richiede di liberalizzare Linate e questo punto sarebbe dovuto essere attuato già in passato per favorire il traffico aereo lombardo. Non c’è una rivalità tra Linate e Malpensa, semplicemente perché il numero di passeggeri di Alitalia nello scalo varesino è ormai molto basso.



I sindacati, che non hanno ancora proferito parola e sono tra gli artefici del fallimento della trattativa con Air France nel 2007-2008 che voleva investire quasi 6 miliardi di euro in cinque anni (contro il miliardo o poco più investito dai capitani coraggiosi), evidentemente hanno avuto rassicurazioni dal Governo. Qualche forma di cassa integrazione speciale che andrà a carico dei contribuenti non è da escludersi a priori.

Atlantia, azionista di Alitalia e al contempo proprietario dello scalo di Roma Fiumicino, non ha interesse a vedere fallire la compagnia che ha creato una struttura di hub and spokes nell’aeroporto. Dal fallimento sarebbe proprio Fiumicino a perdere più di tutti, subendo di fatto un dehubbing per diversi milioni di passeggeri. E creare una nuova struttura di traffico di questo tipo richiede soldi e tempo. Poche compagnie europee (le uniche che possono fare una cosa del genere per la regolamentazione vigente) avrebbero questa capacità e le low cost difficilmente possono sostituire tutto il traffico odierno dello scalo. Probabilmente dai 36 milioni di passeggeri attuali l’aeroporto di Fiumicino cadrebbe intorno ai 26 milioni, pur con una sostituzione importante di Alitalia con gli altri vettori concorrenti.

Etihad deve dunque aspettare che tutti gli attori decidano di recitare la loro parte e cadano nella rete araba estremamente ben tessuta. Una rete che è anche di salvataggio per Alitalia, che altrimenti, dopo l’estate, si ritroverebbe di nuovo vicina al fallimento. Poche parole sono uscite dal Cda, ma la trattativa rimane estremamente incerta.