In un articolo sul The Telegraph, Ambrose Evans-Pritchard analizza lo scontro tra il sistema del dollaro e il resto del mondo. Con l’abile stratagemma della crisi in Ucraina, iniziata e pilotata sin dal 1991, è iniziata l’aggressione Usa alla Russia, rea di non essersi piegata al “volere del dollaro”, come invece sembra aver fatto, almeno parzialmente, la Cina. A complemento di quanto abbiamo già scritto su queste pagine, riproduciamo qui di seguito l’articolo tradotto.



La resa dei conti per la finanza degli Stati Uniti con la Russia è più pericolosa di quello che sembra. Il Tesoro degli Stati Uniti deve combattere contro una preda formidabile, il più grande produttore mondiale di energia con un fatturato da duemila miliardi di dollari, con degli scienziati eccellenti e un arsenale nucleare di prim’ordine: la Russia.



Gli Stati Uniti hanno costruito una bomba al neutrone finanziario. Negli ultimi 12 anni hanno affidato a un dipartimento di elite del Tesoro Usa il compito di affilare gli strumenti per una guerra economica, progettando come mettere il Paese (la Russia) in ginocchio senza sparare un colpo. Questa strategia si basa sul controllo egemonico del sistema bancario globale, sostenuto da una rete di alleati e da una serie di paesi neutrali che, pur se con riluttanza, devono collaborare. È il “Progetto Manhattan” dei primi anni del XXI secolo.“È un nuovo tipo di guerra, una specie di insurrezione finanziaria strisciante, con l’intento di incidere sulla linfa vitale finanziaria dei nostri nemici, senza precedenti per portata ed efficacia”, dice Juan Zarate, il responsabile del Tesoro e della Casa Bianca che ha contribuito a ridisegnare la politica dopo l’11 settembre. “Questo nuovo gioco dicevo economico può essere più efficiente e sottile di qualsiasi altro confronto geopolitico del passato, ma non è meno spietato e distruttivo”, scrive nel suo libro “La guerra del Tesoro: lo scatenamento di una nuova era di guerra finanziaria”.



Bisogna tener presente che in questo modo Washington può stringere il cappio intorno al collo della Russia di Vladimir Putin, lentamente chiudendo l’accesso al mercato per banche aziende ed enti statali russi per un debito in dollari di 714 miliardi (Sberbank data). L’arma invisibile è una ”lettera scarlatta”, messa a punto secondo quanto stabilito dal Cap. 311 del Patriot Act Usa, per cui se una banca si macchia di mancato rispetto delle norme previste – se viene accusata di riciclaggio di denaro o di sovvenzione ad attività terroristiche o di reati collaterali – diventa radioattiva, viene catturata nell’“abbraccio mortale di un boa conscriptor” come ammette lo stesso Zarate.

Questa può essere una condanna a morte, anche se il creditore non svolge nessuna operazione negli Stati Uniti. Le banche europee non hanno il coraggio di sfidare le autorità di regolamentazione Usa e rompono tutti i loro rapporti con la vittima. Così fanno pure i cinesi, come si vide già nel 2005, quando gli Usa colpirono il Banco Delta Asia (Bda) di Macao, accusandolo di essere stato un canale di pirateria commerciale verso la Corea del Nord. La Cina staccò la spina e il Bda fallì entro due settimane. La Cina poi fece anche una soffiata a Washington quando Putin propose un attacco congiunto sino-russo contro le obbligazioni di Fanny Mae e Freddie Mac nel 2008, per tentare di innescare il crac del dollaro.

Zarate mi ha detto che gli Uda possono “andare da soli”, con le sanzioni se necessario. E quindi poco importa se l’Ue vuol mettere un piede in Ucraina, gli Usa optano per il minimo comune denominatore di mantenere Bulgaria, Cipro, Ungheria e Lussemburgo a bordo. Washington ha la forza di dettare il ritmo.

Il nuovo arsenale fu schierato contro l’Ucraina – ovunque – a dicembre 2002, quando accusarono le sue banche di riciclaggio di fondi della criminalità russa organizzata. Kiev capitolò in breve tempo. Birmania, il Nord di Cipro, la Bielorussia e la Lettonia sono state abbattute una a una, tutte costrette a uniformarsi alle richieste degli Stati Uniti. La Corea del Nord poi fu paralizzata. Ma il primo premio è stato vinto contro l’Iran che, finalmente, è stato portato al tavolo. “Si sta facendo una guerra segreta su scala globale di lungo termine. Questo è un tipo di guerra in cui il nemico dà per scontato che potrà sconfiggere la nazione iraniana” – disse l’allora Presidente Mahmoud Ahmadinejad al Parlamento iraniano con aria di sfida. Invece stava prevedendo il futuro. 

Il Tesoro degli Stati Uniti deve combattere contro una preda formidabile, il più grande produttore mondiale di energia con un fatturato da duemila miliardi di dollari, con degli scienziati eccellenti e un arsenale nucleare di prim’ordine: la Russia, che è anche strettamente legata alle economie tedesca e dei paesi orientali. Gli Stati Uniti rischierebbero di mettere in pericolo il proprio sistema di alleanze se dovessero calpestare i loro amici. È più o meno la stessa situazione della Gran Bretagna alla metà del XIX secolo, quando grazie alla sua supremazia navale si permetteva di servirsi delle (presunte?) navi negriere di tutto il mondo, sotto qualsiasi bandiera, mettendo il naso ovunque.

Il Presidente Putin sa esattamente che cosa possono fare gli Usa con le loro armi finanziarie. La Russia entrò nel loop quando i due paesi per un po’ sono stati “alleati” nella lotta contro il terrorismo jihadista. Putin diede incarico al lealista Viktor Zubkov – poi Primo Ministro – di gestire i rapporti con il Tesoro degli Stati Uniti. Zarate ha detto che la Casa Bianca di Obama ha aspettato anche troppo a lungo per fare sul serio, aggrappandosi alla speranza che Putin avrebbe smesso presto di strappare le pagine del libro delle regole del mondo. ”Dovrebbero togliersi i guanti. Più aspettano, più dovranno muoversi pesantemente”, ha detto.

Quella era una escalation calibrata, quando si mandò una lettera scarlatta alle banche russe che aiutavano il regime siriano. Zarate crede che potrebbe essere già troppo tardi per mantenere il controllo dell’Ucraina orientale, ma non troppo tardi per far pagare un prezzo molto caro. “Se il Tesoro degli Stati Uniti affermasse che tre banche russe sono coinvolte in preoccupanti operazioni di riciclaggio, siamo sicuri che Ubs o Standard Chartered non ci rimetterebbero niente?”. Questo potrebbe far mettere delle sanzioni progressive alle imprese della difesa russa, alle esportazioni di minerali e di energia – cercando di non danneggiare troppo le attività della BP in Russia – aggiunge con tatto – e conclude dicendo che basterebbe una stretta su Gazprom, per far fallire tutto il resto.

Sia che siamo pro o contro questo programma, non dobbiamo farci nessuna illusione su quello che significa: vivremmo in un mondo diverso, dove lo S&P 500 si dimenticherà di vedere il suo titolo commercializzato a Wall Street a un valore che possa avvicinarsi a 1.850. È vero che la Russia non ha più il potere di una volta e questo lo possiamo vedere da questi grafici di Sberbank che confrontano il rapporto economico con la Cina e l’Europa.

 

 

Questa non è un’altra guerra fredda. Non c’è nessun plausibile equilibrio tra Russia e Occidente e nessuna ideologia mistica da contrapporre. La Russia ha 470 miliardi di dollari di riserve estere, ma sono già diminuite di 35 miliardi dall’inizio della crisi, perché la sua banca centrale combatte la fuga dei capitali e difende il rublo. Mosca non può gettare, senza pensarci, parte delle sue riserve per evitare una crisi senza che ci sia una contrazione del denaro circolante, aggravando una recessione che è quasi certamente in corso. Il mnistro delle Finanze Anton Siluanov dice che la crescita sarà pari a zero quest’anno. La Banca Mondiale teme invece che sarà -1.8%, mentre Danske Banks dice che potrebbe arrivare al -4%. 

Putin non può contare su alleati globali per aiutarlo a superare la crisi. Solo Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua, Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Sudan, Zimbabwe e Armenia sono si allineate con Putin alle Nazioni Unite quando si è parlato di Crimea,una cosa veramente irrilevante. Eppure, come dice il vecchio proverbio: “La Russia non è mai tanto forte come sembra, ma la Russia non è mai tanto debole come sembra”.

Il Professor Harold James, di Princeton, ricorda gli echi degli eventi precedenti la Prima guerra mondiale, quando la Gran Bretagna e la Francia immaginarono di poter usare una guerra finanziaria per controllare la potenza tedesca: rompere gli equilibri che sostengono la finanza mondiale significa che niente potrà più contenerla. Le sanzioni rischiano di innescare una serie di reazioni a catena simili allo shock del 2008. “Lehman era solo un piccolo istituto se lo dovessimo confrontare con le banche austriache, francesi e tedesche che sono oggi altamente esposte al sistema finanziario della Russia. Un congelamento dei beni russi potrebbe essere catastrofico per i mercati finanziari europei, anzi per i mercati globali”, ha scritto il professore su Project Syndicate.

Forse il Cancelliere George Osborne era all’oscuro dei piani segreti Usa, infatti la scorsa settimana ha mandato un avviso a Washington, per informare i banchieri della City di prepararsi alle ricadute per effetto delle sanzioni. “La City è preziosa – ha detto -, ma questo non significa che i suoi interessi possano prevaricare gli interessi di sicurezza nazionale del nostro Paese”. 

Il rischio maggiore è sicuramente una replica “asimmetrica” dal Cremlino. Gli esperti russi di guerrra-cibernetica sono tra i migliori e fecero un giro di prova sull’Estonia nel 2007. Un fermo cibernetico di un sistema idrico dell’Illinois nel 2011è stato attribuito a fonti russe. Non sappiamo se la US Homeland Security possa essere in grado di contrastare un attacco in piena regola che preveda un “blocco-dei-servizi” alle reti elettriche, ai sistemi idrici, al controllo del traffico aereo, o peggio ancora al ??New York Stock Exchange, o a Washington stessa. “Se scoppiasse una guerra cibernetica oggi, gli Stati Uniti perderebbero. Siamo semplicemente un Paese molto dipendente e vulnerabile”, disse il Capo del Servizio di Spionaggio Usa Mike McConnell nel 2010. 

Il segretario alla difesa statunitense Leon Panetta mise l’allerta per un possibile cyber-attack tipo Pearl-Harbour nel 2012: “Potrebbero bloccare la rete elettrica di vaste zone del Paese. Potrebbero far deragliare treni passeggeri o, ancor più pericolosamente, far deragliare treni passeggeri carichi di sostanze chimiche letali o potrebbero contaminare la fornitura di acqua nelle grandi città”. Una battuta esagerata per chiedere più fondi al Congresso? Vedremo. 

Le sanzioni sono vecchie come il mondo, così come le lezioni salutari. Pericle cercò di spaventare la città-stato di Megara nel 432 a.C. bloccando tutti i suoi commerci con i mercati dell’impero ateniese e cominciarono così le guerre del Peloponneso che portarono la fanteria oplita di Sparta ad abbattersi su Atene e distruggere tutto. Il sistema economico della Grecia cadde in rovina e in balia della Persia. Questo fu un assaggio di asimmetria.

(traduzione a cura di Bosque Primario, donchisciotte.org)