«Anziché seguire la strada delle dismissioni immobiliari, che hanno consentito al Belgio di ridurre il rapporto debito/Pil dal 124% al 90%, il governo italiano sta preparando un piano d’emergenza che consiste in una patrimoniale occulta basata sul fatto di riscadenzare i bond trentennali». A rivelarlo è l’economista e giornalista Oscar Giannino, dopo che l’ultimo rapporto Eurostat ha evidenziato che nel 2013 il rapporto debito/Pil dell’Italia ha raggiunto il 132,6%, superando il 127% dell’anno precedente. Il dato italiano a livello europeo è migliore soltanto a quello della Grecia.



Giannino, in che modo è possibile ridurre il rapporto debito/Pil?

La strada lungo la quale tutti i governi italiani dall’estate 2011 si sono impegnati a ridurre il debito è stata attraverso dismissioni di patrimonio pubblico. Il modo più rilevante per raggiungere risultati significativi è attraverso dismissioni immobiliari, e non relative alle società partecipate. Personalmente la ritengo la strada maestra, ma la politica italiana non ha nessuna intenzione di percorrerla, come documenta il fatto che in tre anni non è stato fatto nulla. A questo punto la scommessa che fa la politica italiana è un’altra.



Quale?

La speranza del nostro governo è di poter applicare il Fiscal Compact “all’italiana”, cioè attraverso una crescita in termini reali del Pil italiano che rimarrà bassissima e una richiesta alla Bce di aumentare la parte nominale della crescita tornando verso un’inflazione al 2%. Questa è l’unica maniera verso la quale, al di là delle tante dichiarazioni, la politica italiana si appresta per molti anni a convivere con un debito pubblico ancora così rilevante. Siccome sappiamo perfettamente che la Bce non si accontenterà di poche settimane per tornare con manovre straordinarie che alimentino verso il 2% la componente nominale del Pil, detta altrimenti inflazione, ci manterremo con un debito pubblico che come si vede rimane molto consistente. Ciò nella convinzione che realisticamente in Europa nessuno dall’anno prossimo prenda il Fiscal Compact troppo alla lettera. La mia opinione è che non si farà quasi nulla.



Esisterebbero delle reali alternative per ridurre il debito senza operazioni lacrime e sangue?

Senza andare troppo lontani, avevamo l’esempio del Belgio da prendere come modello. Il rapporto debito/Pil del Belgio è sceso dal 124% al 90%, l’Italia potrebbe fare altrettanto anche se purtroppo il nostro governo non la considera una scelta prioritaria. Il nostro Paese nel frattempo sta facendo un’operazione non dichiarata, perseguendo una strategia di “repressione fiscale”, con un accentramento di quote crescenti del debito pubblico nelle mani italiane. Siamo oltre i due terzi, mentre avevamo il 43% del debito pubblico in mani straniere prima dell’Eurocrisi. Questa strategia è la premessa di qualcosa che temo molto, perché la “repressione fiscale” potrebbe portare a due conseguenze negative.

 

Che cosa teme che possa fare il nostro governo?

Come sostenuto dall’economista Lucrezia Reichlin e da numerosi studiosi che sono diventati euroscettici strada facendo, il nostro governo potrebbe optare per l’allungamento della scadenza del debito. Ciò rappresenterebbe una tassa patrimoniale, in quanto riscadenzare il debito a 30 anni significa semplicemente incorporare il deprezzamento per il numero di anni del minor rendimento atteso, e ciò equivarrebbe a una perdita di valore del 35% sul Bond trentennale.

 

Qual è la seconda scelta che teme possa essere attuata?

La seconda strada possibile è una mega imposta patrimoniale dichiarata. Ritengo che in entrambi i casi si tratti di strade inappropriate, in quanto ci sono esempi di altri Paesi che hanno smaltito il debito in maniera del tutto analoga a quanto dovrebbe e potrebbe fare l’Italia.

 

(Pietro Vernizzi)