Le condizioni poste da Etihad ad Alitalia assomigliano sempre di più a una richiesta di resa incondizionata. In cambio degli investimenti per quasi 500 milioni di euro, la compagnia degli Emirati Arabi ha presentato un elenco di richieste pesantissime. Tra queste ci sono il taglio di quasi 3mila posti di lavoro, nuove leggi sull’integrazione tra aeroporti e alta velocità ferroviaria e la rinegoziazione di debiti per 400 milioni. Come sottolinea Gianni Dragoni, giornalista de Il Sole 24 Ore, «di fatto Etihad pretende che Alitalia le sia regalata, ma l’amministratore delegato Gabriele Del Torchio si trova con le spalle al muro perché in passato la gestione privata dei capitani coraggiosi ha fatto ancora più danni di quella pubblica».
Dragoni, quali sono gli ostacoli principali a un accordo tra Alitalia ed Etihad?
Il principale ostacolo è la richiesta di una cancellazione di 400 milioni di debiti e di garanzie contro i rischi di passività nei contenziosi legati al passato di Alitalia/Cai. Il secondo punto, molto delicato, è il sacrificio chiesto ai lavoratori, per un totale di almeno 3mila esuberi, e poi c’è tutto il capitolo aeroporti, alta velocità e regolamentazione. Nessuna di queste tre condizioni ha avuto una risposta, almeno nei fatti. Il 29 aprile ci sarà una ripresa dell’incontro tra Alitalia e sindacati, anche se non credo che i sindacati siano disposti a fare sacrifici senza conoscere il progetto industriale dell’alleanza alla base di Alitalia e in particolare delle banche. Si sta cercando di riaprire un dialogo, ma a oggi non credo che i problemi siano stati superati.
Chi può intervenire per sbloccare la situazione?
A meno che il governo pensi di intervenire facendo altri regali ai capitani coraggiosi, o investendo altri soldi in Alitalia, non vedo come possa intervenire in modo concreto. Anche nei confronti dei sindacati, il margine di manovra del governo è limitato. Oltre a rendere disponibili gli ammortizzatori sociali, ciò che può fare il governo è porsi come interlocutore in modo che gli accordi siano rispettati.
E per quanto riguarda le altre richieste di Etihad?
Il governo può fare qualcosa di più anche per quanto riguarda l’integrazione tra alta velocità ferroviaria e aeroporti, come pure impegnandosi per non fare perdere gli slot a Linate. Oltre a ciò, non credo che il governo possa fare molto. Il discorso dovrebbe passare anche attraverso l’Unione europea, proprio in quanto le altre grandi compagnie europee vedono in modo negativo l’ingresso di Etihad in Alitalia.
Alitalia ha ancora liquidità fino a settembre-ottobre. È questo il tempo che bisognerà aspettare per una soluzione?
Non necessariamente, ma se Alitalia arrivasse a quella data nella stessa situazione di stallo e di incertezza in cui si trova oggi a quel punto andrà presa una decisione. Le possibili alternative sono nuovi fondi investiti da parte degli azionisti, nonché attuare misure di discontinuità e di ridimensionamento ulteriore.
Quali alternative ha Alitalia rispetto ad accettare le condizioni di Etihad?
Etihad ha l’atteggiamento di chi si sente un vincitore e detta le condizioni di una resa, al punto che vuole quasi che Alitalia le sia regalata. Esistono però poche reali alternative, a parte lo sciagurato intervento di Poste Italiane deciso dal governo Letta, che ha fatto sì che fossero buttati degli altri soldi pubblici per 75 milioni di euro. Anche se Alitalia ha perso più sotto la gestione privata dei capitani coraggiosi che sotto la gestione pubblica. L’opzione più logica sarebbe però quella di ritornare a fare un discorso con Air France-Klm, che è già azionista di Alitalia. Vedo difficile ricorrere ad altri partner industriali, che non è detto porrebbero condizioni diverse o migliorative rispetto ad Air France o Etihad.
(Pietro Vernizzi)