Dobbiamo ammetterlo: siamo stati piacevolmente sorpresi dalla versione finale del decreto legge sul bonus Irpef da 80 euro, finalmente pubblicato giovedì sera sulla Gazzetta ufficiale. Quindi definitivo. Sono state infatti recepite le obiezioni che il Forum delle famiglie (e altri – pochi, per la verità) avevano più volte sottoposto nel dibattito pubblico, sul fatto che molte famiglie con carichi familiari sarebbero state escluse dal beneficio. Oggi invece risulta, dal testo definitivo, che il bonus non è misura fiscale, ma “credito a sé stante”, svincolato quindi dalle altre possibili detrazioni: e quindi il beneficio sarà accessibile a una platea più ampia, senza “iniquità burocratiche”.



Bene, molto bene! Una modifica sul filo di lana, si potrebbe dire, con un doppio giudizio positivo: non è mai troppo tardi, per migliorare una misura, e soprattutto un’innovativa dimostrazione di ascolto, da parte del Governo, del Paese reale. Certo, non è positivamente orientato alla famiglia (per farlo avrebbe dovuto dare uno sconto maggiore a chi ha carichi familiari più alti): ma almeno non esclude proprio le famiglie con più carichi familiari, come sembrava fino a qualche giorno fa. Non era affatto scontato.



Quindi non ci accodiamo, oggi, ai “benaltristi”, a chi dice che 80 euro sono poca cosa, o a chi sostiene che “ben altre sono le priorità”: siamo consapevoli che non è una misura perfetta, che molte famiglie restano fuori da questa azione (il popolo delle partite Iva, le oltre 400.000 famiglie con figli che vivono senza reddito da lavoro dipendente, gli “incapienti puri”, sotto gli 8.000 euro di reddito annuo…). Però cogliamo una novità essenziale: una misura partita da un approccio esclusivamente “lavoristico”, dal giusto obiettivo di ridurre il costo del lavoro e il cuneo fiscale, è diventata un po’ più “family friendly”: più soldi in busta paga, ma almeno senza penalizzare le famiglie.



Le recenti parole di Renzi, e quelle del Sottosegretario Delrio, sull’equità fiscale, sul sostegno alle famiglie, anche rispetto alle prossime discussioni sulla delega fiscale, entro l’estate, sembrano poi aprire un ulteriore spiraglio, una possibilità questa volta più consistente: infatti sembra di capire che “d’accordo, avete ragione, questa diminuzione del cuneo fiscale potevamo farla meglio, abbiamo provato a farla un po’ più a misura di famiglia: quindi ci impegniamo a farlo meglio nei prossimi mesi”. Del resto è pur vero che questa operazione, a regime, ogni anno “restituisce” 10 miliardi di euro di minori tasse a circa 10 milioni di cittadini con reddito medio-basso. Usiamo intenzionalmente la parola “restituisce”, che lo stesso Renzi spesso sottolinea, quando parla di questa misura. Ma ricordiamo che alle famiglie italiane occorre restituire ben altro, dopo anni e anni di resistenza, e di dimenticanza della politica.

È chiaro: una rondine non fa primavera, e il positivo – anche se circoscritto – segnale lanciato dal decreto legge definitivo sugli 80 euro non consente soverchie illusioni. Il sostegno e la promozione della famiglia nel nostro Paese sono rimasti per troppo tempo lettera morta: molte parole, molte vuote dichiarazioni di principio, ma ben poco è stato fatto, negli ultimi decenni. Così, viviamo in un Paese in cui di famiglia si parla molto – spesso a sproposito, come quando si parla dei cosiddetti “diritti civili” – ma in cui rimane ben poco per l’istituzione famiglia – quella dell’art. 29 della Costituzione, per intenderci.

Restiamo il Paese che nel mondo ha il più basso tasso di natalità; da noi la nascita di un figlio genera spesso una “povertà familiare”, dove la famiglia non è colei che genera la povertà, ma la vittima di un sistema iniquo. Intanto i servizi di cura diminuiscono, e si blatera tanto di servizi domiciliari e non residenziali, per bambini, anziani, disabili, ma si fa ben poco per sostenere le famiglie che garantiscono cura e assistenza quotidiana a milioni di persone fragili. È il Paese in cui la riforma del lavoro rischia di crollare sul numero di proroghe dei contratti a tempo determinato, ma niente si fa per aiutare la conciliazione dei tempi tra famiglie e lavoro. Se poi pensiamo alle condizioni per costruire un progetto di vita che vengono offerte ai giovani, quelli che dovrebbero fare famiglia, la delusione e il cinismo diventano ancora più gravi. Che speranza ha un Paese che non investe sulle nuove generazioni, sui bambini, sui giovani?

Come restituire alle famiglie, allora, reddito disponibile? Poche indicazioni, che intendiamo presentare al Governo in modo organico nei prossimi giorni:

1) Ricordiamo che il costo minimo di mantenimento, per i beni essenziali, per ogni figlio, a prescindere dal reddito minimo familiare  (di “sopravvivenza dignitosa”, potremmo dire) è stato stimato in circa 300 euro mensili (Rapporto Cisf 2009). Si pretende quindi una misura che abbatta il reddito familiare con 3.600 euro annui per ogni figlio, per recuperare un minimo di equità fiscale. Il costo medio di allevamento (la spesa media per figlio, quindi), è pari a 800 euro mensili. Ben lontano dagli 80 euro di bonus!

2) Ricordiamo inoltre che le famiglie monoreddito sono pesantemente penalizzate dall’attuale sistema, e lo si è visto con chiarezza anche con gli 80 euro (e questo difetto purtroppo rimane!): due redditi di 15.000 euro nello stesso nucleo possono ricevere fino a 160 euro mensili di beneficio (un bonus a testa), un reddito di 30.000 euro resta integralmente escluso. E se su questi 30.000 euro di monoreddito ci vivono anche due figli a carico, restano a secco anche loro!

3) Il Fattore Famiglia, modello di equità fiscale proposto dal Forum fin dalla Conferenza nazionale sulla Famiglia del Governo di Milano 2010, consentirebbe da subito una riorganizzazione del prelievo fiscale capace di garantire giustizia e equità alle famiglie con carichi familiari: non solo per i figli a carico, ma anche per le condizioni di fragilità, vedovanza, presenza di disabili minori o adulti, monogenitorialità, ecc. Un sistema applicabile da subito, senza riforme di sistema, ma che esige un unico requisito “politico”: mettere finalmente la famiglia al centro dell’agenda di questo Paese, soprattutto in questo 2014, dopo una lunga crisi che ha scaricato proprio sulle famiglie, sui loro risparmi, sulle loro capacità di cura, il peso più grave. Se non ora, quando?