Giovedì il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, ha ignorato la richiesta del Fondo monetario internazionale (Fmi) di abbassare i tassi di interesse per evitare la spinta deflattiva nell’eurozona (cioè un’inflazione negativa che deprime ulteriormente l’economia già stagnante), perché convinto che il mese prossimo (chissà perché?) l’inflazione dell’eurozona ritornerebbe a salire. Tuttavia, Draghi, con una frase sibillina, ha annunciato che il consiglio della banca ha approvato all’unanimità di “essere unito a sostegno di una svolta radicale qualora le prospettive fossero deludenti”.



Mentre la Germania ha visto in questo un “segnale molto positivo” – poche settimane prima il presidente della Bundesbank, Weidmann, aveva improvvisamente invertito rotta chiedendo che la Bce facesse come in America, cioè lanciasse un piano di Quantitative easing (letteralmente “rilassamento della massa monetaria”) -, molti osservatori e analisti hanno mostrato scetticismo quanto alle reali possibilità che la banca possa attuare “una svolta radicale”. D’altra parte, il famoso “bazooka” di Draghi – il programma Omt, cioè la possibilità di acquistare illimitatamente titoli di debito pubblico sul mercato secondario – è stato “congelato” fino al 2015, quando la Corte europea di giustizia si pronuncerà sulla possibile violazione dei Trattati europei da parte dell’Omt, come argomentato nel gennaio 2014 dalla Corte costituzionale tedesca.



L’argomento usato dalla Corte tedesca era che l’Omt costituirebbe “uno strumento non democratico che si concretizzerebbe in un finanziamento monetario ai governi, con rischi considerevoli che infrangerebbero la sovranità dei parlamenti nazionali in materia fiscale e di bilancio”. Verissimo, ma la reclamata sovranità popolare vale solo per la Germania, come ha più volte ribadito la Corte tedesca (“il Volk è esclusivamente rappresentato dal Bundestag che è l’unico organo sovrano con poteri di controllo sul governo e sugli accordi europei o internazionali della Germania”). Infatti, dopo l’imposizione del Fiscal compact e del pareggio di bilancio, che l’Italia ha incredibilmente (e stupidamente) inserito nella propria Costituzione, gli altri stati e i loro parlamenti sono dei meri “portatori d’acqua” per il “deutsche-euro”! Quanto al Parlamento europeo è evidente che nella concezione giuridica tedesca è poco più di un’assemblea senza alcuna rappresentatività della sovranità popolare.



Mentre l’economia e la borsa americane si sono rilanciate con indicatori rialzisti da vari giorni e settimane, la zona euro resta al palo, anzi si impantana in una stagnazione condita di deflazione che promette solo guai. È tristemente paradossale che in questo quadro macroeconomico quelle figure di Magritte che rappresentano l’Ue abbiano persino avuto la velleità di creare un pasticcio internazionale inutile e dannoso in Ucraina e con la Russia. Dei veri incapaci, consigliati da esperti del nulla, che non sono in grado di pensare altro che le loro sterili procedure burocratiche, “non sanno pensare strategicamente perché è ben più facile riempire dei formulari con delle crocette”, ha chiosato sul Financial Times del 3 aprile l’influente editorialista Gideon Rachman.

Grazie a costoro l’Ue rischia di dover pagare il gas tre volte più caro di quello importato finora dalla Russia, e di doversi accollare il costo di 300 miliardi di euro per stabilizzare l’Ucraina. E poi c’è ancora qualcuno che si meraviglia che in Europa stia ritornando l’estrema destra? Il Belgio ha già espulso 3000 cittadini europei e la Germania ha appena ieri approvato una nuova legislazione che va nello stesso senso: chi perde il lavoro se non ne trova un altro entro sei mesi è espulso. Vive l’Europe!

Come abbiamo scritto su queste pagine, pochi giorni fa l’Ue ha ricevuto la visita del presidente americano Obama e di quello cinese Xi. Entrambi hanno proposto all’Ue di creare una zona di libero scambio per il commercio e gli investimenti. Mentre le figure di Magritte hanno già negoziato in assoluta segretezza i termini del “partenariato” (sic!) con gli americani, invece hanno ritenuto che “i tempi non sono maturi” per fare altrettanto con la Cina. Così il tragico trio Van Rompuy-Barroso-Ashton sta sprecando l’opportunità storica per l’Europa per rendersi indipendente dalla “tenaglia del dollaro”: questi tre signori hanno la gravissima responsabilità politica di aver venduto i popoli e le nazioni europee agli Usa. E nessuno glielo dice chiedendo le loro immediate dimissioni e un processo parlamentare d’inchiesta? Eh già, sarebbe “un’altra Europa”, uno scambio che il “cambista” Renzi non riesce nemmeno a immaginare. Quindi torniamo alla stupida Europa che c’è.

Il 31 marzo scorso il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, e il vicepresidente Olli Rehn, commissario europeo per gli Affari economici e monetari e dell’euro, hanno ricevuto il rapporto finale del gruppo di esperti sull’European Redemption Fund/Pact e sugli Eurobills (letteralmente il “fondo europeo di redenzione” e gli “euro certificati”).

Cerchiamo di capirci qualcosa. Si tratta di due nuovi strumenti di governance, cioè di regolamentazione, economica e monetaria dell’Unione europea – dei 28 stati membri, quindi non solo l’eurozona – che furono proposti dalla Germania nel 2011, al picco della crisi. Nonostante la novità lessicale, si tratta di soluzioni classiche con conseguenze ben note in qualsiasi unione economica e monetaria.

L’European Redemption Fund/Pact (Erf) è l’equivalente di una “lavatrice per panni che stingono”, alla quale vengono conferiti i debiti “che stingono” perché in eccesso ai parametri previsti, che nell’Ue è tutto il debito pubblico che oltrepassa il limite di valore del 60% del Pil. Per un totale che supera i 2,4 trilioni di euro (solo l’Italia pesa 1 trilione), ogni Stato “parcheggerebbe” gradualmente la propria quota di debito in eccesso che non figurerebbe più “direttamente” a carico della fiscalità nazionale. In questo modo, con “una magia contabile” su un periodo di 25 anni, il servizio sul debito rimasto in carico allo Stato si ridurrebbe sensibilmente ridando fiato all’economia e al credito.

Chiaramente, come vedremo, nulla avviene gratis. D’altra parte, la proposta del tedesco German Council of Economic Experts si ispirava al Sinking Fund (letteralmente il “fondo che affonda”) degli Stati Uniti d’America che Alexander Hamilton lanciò nel 1790 per “ripulire” i pesanti debiti della guerra di secessione. Come allora nella nascente Unione americana se ne avvantaggiò lo Stato della Virginia, oggi nella nascente Unione economica e monetaria europea se ne avvantaggerebbe in larga misura la Germania, ma anche la Francia. Come ha ben scritto Mauro Bottarelli su queste pagine, il meccanismo è già noto: non si tratta di mutualizzazione del debito (giammai, Deutschland dixit!), ma di un meccanismo intergovernativo per la “distruzione” del debito di quei paesi che danno a garanzia asset corrispondenti. Ci sentiremo nuovamente avanzare la richiesta di dare “l’oro alla patria”?

Gli Eurobills sono dei titoli di debito comuni, emessi dalla Bce, a breve termine (maturità a un anno) che servirebbero a finanziare il costo operativo della “lavatrice” (Erf). Sia chiaro che non si tratta di Eurobonds, ma solo di titoli a fronte del collaterale messo a disposizione “volontariamente” dagli stati che “obbligatoriamente” devono partecipare all’Erf.

Tuttavia, sebbene il magnifico Parlamento europeo abbia visto l’alacre collaborazione di deputati socialisti (Pse) e liberali (Alde) per approvare con varie risoluzioni il famigerato “Two Pact”, cioè Erf ed Eurobills, per fortuna gli esperti nominati dalla Commissione, presieduti dall’austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell, hanno sollevato seri dubbi sulla democraticità e sulla legalità di questi due strumenti. Il rapporto si conclude senza alcuna raccomandazione, e questa è la migliore maniera per ammazzare sul nascere l’ennesima stupidità delle figure di Magritte che guidano e rappresentano 500 milioni di europei.