Mettete che in Francia il potere d’acquisto dei cittadini, dall’introduzione dell’euro a oggi, sia crollato: 1000 franchi del 2001 nel 2011 avrebbero un potere d’acquisto di 181 franchi. Aggiungete che il tasso di occupazione in Italia sia arrivato al 55,2%. Metteteci pure un pizzico di disoccupazione, in Europa al 11,9%. E, oplà, “si sta/come d’autunno/sugli alberi/ le foglie”. Tanto che la stima preliminare della Commissione europea dell’indice relativo alla fiducia dei consumatori dice: -9,3 punti. Sic!
Signori, il cocktail della crisi sta qui, ha pure un nome: “collasso del valore”. Bevetelo! Sì perché, come ebbe a scrivere Menger, il valore non è qualcosa di intrinseco alle merci, non è una loro proprietà, ma semplicemente l’importanza che noi attribuiamo alla soddisfazione dei nostri bisogni; in relazione alla nostra vita e al nostro benessere. Lo sanno le imprese che, con la sfiducia che gira per il mercato, vedono le loro merci svalutate. Lo sanno pure quelli che fanno quelle merci che vedono, negli smilzi redditi, svalutato il loro lavoro.
Il cane si morde la coda: a sfiducia si somma sfiducia; si disgrega ancor più la spesa, pure quella aggregata. Gulp, proprio quella spesa che fa la crescita. Già, quando il debito smette di surrogare le insufficienze del sistema produttivo i nodi vengono al pettine.
La spesa, tenuta fuori dal novero dell’esercizio produttivo, impalla la gestione dei fattori Capitale e Lavoro. Se la crescita rende indifferibile l’esercizio del consumo, alla spesa tocca rivendicare l’imprescindibilità di quell’esercizio per chi, nel farla, impiega pure annessi ancor più produttivi: il tempo, l’attenzione, l’ottimismo.
Già, per dipanare il garbuglio occorre impiegare queste risorse anticicliche che la spesa impiega per fare la crescita. Proprio quegli annessi, accreditati dai pubblicitari e da quelli del marketing che apprezzano in pieno il valore di quelle risorse necessarie per rendere fluido il ciclo economico. Risorse che, ancor più scarse, sono valore. A esser pignoli, si fa valore pure quel reddito, scarsissimo, impegnato per fare quella spesa che sta oltre il bisogno.
Risorse, insomma, da impiegare per ripristinare la produttività del sistema e far tornare a funzionare il meccanismo dello scambio. Prodrome alla spesa, se attive, la stimolano; se stimolata, riavvia quella crescita che rivaluta gli svalutati. Giust’appunto, per acquisire tal vantaggio recuperando capacità produttiva, finanche quella competitiva, agli svalutati tocca l’impresa di ricapitalizzare i gestori di quelle risorse: due piccioni con una fava.