“Premiare la bella gente e punire i fannulloni”. È questo lo scopo della riforma della Pubblica amministrazione, sintetizzato da Matteo Renzi nella conferenza stampa successiva al consiglio dei ministri. “Siamo oggi molto lieti di poter offrire all’attenzione un ulteriore tassello della sistematica operazione di cambiamento del Paese – ha detto il premier – e che sta rispettando tutte le scadenze che ci siamo autoimposti per arrivare ad oggi con la proposta del governo sulla riforma della Pubblica amministrazione”. Ne abbiamo parlato con Guido Gentili, editorialista ed ex direttore de Il Sole 24 Ore.
Come valuta nel suo complesso la riforma della Pubblica amministrazione presentata da Renzi?
Le indicazioni di Renzi vanno nella direzione di migliorare il servizio per i cittadini, e contemporaneamente stabilire delle regole migliori per il funzionamento interno della Pubblica amministrazione. Va rilevato che ci troviamo di fronte a una riforma e non a un semplice disegno di legge o decreto-legge. I tempi sono quelli indicati dal presidente del Consiglio il 13 giugno. In questo modo si va oltre la scadenza elettorale del 25 maggio, dando nel frattempo spazio a un confronto pubblico di 40 giorni con i sindacati che avevano sollecitato un incontro. Ritengo significativo il fatto che Renzi abbia tenuto a dire che non vi saranno gli esuberi contabilizzati dal commissario per la spesa pubblica, Carlo Cottarelli.
Che cosa ne pensa invece della parte della riforma relativa agli accorpamenti?
La razionalizzazione del sistema delle prefetture e l’accorpamento di Aci, Pubblico Registro Automobilistico e Motorizzazione Civile sono tutte operazioni che vanno in una direzione auspicabile. Si cerca di intervenire su tutta una serie di realtà che ci portiamo dietro da decenni e che, se non vogliamo parlare di tagli, ha bisogno di essere razionalizzata. Dalla conferenza stampa del premier Renzi sono emerse diverse indicazioni positive, compresa l’idea di fornire il Pin per il cittadino che rappresenta un’idea assolutamente condivisibile. Il problema sarà quello di riuscire effettivamente a realizzare questa serie di impegni, perché per anni abbiamo ragionato sui benefici che sarebbero derivati dagli sportelli unici per le imprese, e sappiamo che questa esperienza nella realtà è stata un fallimento.
La ritiene una riforma innovativa?
Non tutti i punti individuati ieri dal premier sono delle novità. Tante volte si è parlato del ruolo unico dei dirigenti e della necessità di accrescere la loro mobilità. Ricordiamoci gli sforzi compiuti sotto gli ex ministri Bassanini e Brunetta, e il discorso sui fannulloni che ha diviso l’intero Paese. Spesso i dirigenti hanno rivelato di essere inadeguati, o comunque non responsabilizzati a sufficienza. Quelle che vengono dal governo sono indicazioni condivisibili, il problema non è però la loro formulazione teorica, bensì il modo di realizzare queste cose.
Il sindacato come reagirà?
Su alcuni punti bisognerà mettere in conto una contrarietà del sindacato che non sarà facile aggirare. Renzi ha già dimostrato di volere se non rottamare, quantomeno contenere al massimo ogni forma di concertazione con i sindacati e le imprese. Se il presidente del consiglio vorrà effettivamente mandare in porto tutto ciò che ha detto, dovrà però vincere le resistenze delle organizzazioni dei lavoratori. Da questo punto di vista bisognerà vedere se riuscirà a superarle o se dovrà raggiungere dei compromessi come capita spesso in politica, e se questi saranno dei compromessi al rialzo o al ribasso.
(Pietro Vernizzi)