Modifica del Fiscal Compact, revisione dei trattati e una politica sull’immigrazione di respiro europeo. Sono i punti più salienti del programma di Matteo Renzi per il semestre italiano di presidenza Ue anticipati ieri dal quotidiano Repubblica. Al testo ha lavorato Sandro Gozi, sottosegretario e coordinatore del semestre italiano. L’obiettivo del documento è ammorbidire le regole sul tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil, ottenere più tempo per quanto riguarda la riduzione del debito prevista dal Fiscal compact e scomputare dal deficit gli investimenti per la crescita. Abbiamo chiesto che cosa ne pensa a Francesco Forte, professore di Economia ed ex ministro delle Finanze.



Che cosa ne pensa del programma di Renzi per il semestre Ue?

Renzi non fa altro che insistere sul discorso su deficit e debito, continuando a cucinare questa frittata keynesiana che ormai è scotta. Non ha alcun senso pensare che la crescita si faccia modificando il deficit. Al contrario può essere attuata con un intervento dell’operatore pubblico teso a favorire la quota degli investimenti. Ciò può essere realizzato in due modi: aumentando la quota degli investimenti pubblici a parità di spesa; evitando di tassare i risparmi e gli investimenti privati.



Il programma del nostro governo va in questa direzione?

Nel programma economico di Renzi ciò non è chiaro, in quanto il premier privilegia la redistribuzione fiscale rispetto allo sviluppo. In questo senso il quadro macroeconomico di Renzi è del tutto puerile, perché presuppone che un maggiore spazio per fare deficit implichi una maggiore crescita. Questa è una proposizione priva di senso, non in quanto è sbagliata, ma in quanto è imprecisa. Non si definisce infatti a quale scopo siano usati questi soldi.

Condivide quantomeno che il Fiscal compact vada modificato?

Sì, in quanto il Fiscal compact ha due difetti. In primo luogo l’idea di ridurre il debito con il surplus di bilancio è malsana. La riduzione del rapporto debito/Pil si ottiene automaticamente quando si verifica una crescita del Pil e il bilancio è in tendenziale pareggio. Il problema è che il Fiscal compact è costruito da giuristi a tavolino, e stabilisce la percentuale annua di riduzione del debito, senza però tenere conto dell’andamento del Pil. Avere una percentuale fissa indipendentemente dal comportamento delle due variabili non ha senso.



E il secondo difetto?

Il secondo difetto del Fiscal compact riguarda la politica monetaria. La Commissione Ue e alcuni stati membri finora hanno remato contro la Bce. Il fatto che la politica monetaria sia decisa dalla banca centrale dovrebbe essere un must. La Bce faccia quindi la politica monetaria e i governi smettano di interferire. Non è possibile che la Germania, attraverso il governo o la Corte costituzionale, attui degli interventi per ostacolare la politica monetaria della Bce. È un fatto indegno di qualsiasi Stato democratico, solo Hitler e Mussolini potevano pensare di entrare nel merito delle decisioni monetarie.

 

Secondo lei, quale dovrebbe essere il programma di Renzi per il semestre Ue?

Renzi dovrebbe presentare un programma basato su tre punti. In primo luogo dovrebbe prevedere che la banca centrale sia autonoma. Secondo, dovrebbe modificare il Fiscal compact togliendo la regola della riduzione del debito pubblico mediante il surplus di bilancio. E infine deve stabilire che si usino dei fondi Ue per una politica di crescita mediante le banche europee. Va modificato il macchinoso sistema di finanziamento, anche regionale, utilizzato dall’Ue che in pratica finisce per essere di natura clientelare e burocratica. Occorrono delle politiche immaginifiche che attuino degli investimenti europei che abbiano un senso dal punto di vista comunitario, stimolando quindi ripercussioni positive a livello nazionale.

 

(Pietro Vernizzi)