Due tra i Paesi più colpiti dalla recessione europea hanno ottenuto un upgrade da parte di altrettante agenzie di rating. Standard & Poor’s ha alzato il giudizio sull’indebitamento della Spagna da BBB-/A-3 a BBB/A-2 sulla base del miglioramento della situazione economica, mentre l’outlook rimane stabile. Nel frattempo Fitch ha migliorato il rating della Grecia da B- a B. Per Fitch, Atene ha registrato un avanzamento a livello di gettito fiscale. Per Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «la crescita del Pil in Spagna e la diminuzione dei prezzi in Grecia migliorano la competitività di questi due paesi spingendoli fuori dalle secche della crisi».
Professor Campiglio, quanto è significativo l’upgrade del rating rispetto al miglioramento dell’economia reale?
Il rating è uno strumento di valutazione della capacità di credito dei paesi e quindi del loro potenziale di affidabilità nel rimborsare i debiti. Questa capacità dipende da alcuni fattori fondamentali dell’economia, tra cui la crescita economica e la competitività. Dal punto di vista della crescita economica, in tutti i paesi europei abbiamo dei dati sul primo trimestre da cui risulta che il Pil è in aumento.
Davvero ritiene che la Spagna stia uscendo dalla crisi?
La Spagna ha ripreso a crescere da parecchio tempo, registrando un +0,4% contro il +0,8% della Germania. Il dato tendenziale è in miglioramento e la crisi economica per quanto riguarda il Pil sembrerebbe che si sia fermata.
Eppure tanto in Spagna quanto in Grecia l’inflazione è sempre più bassa…
La Grecia è in deflazione, registra cioè una diminuzione dei prezzi e quindi una maggiore competitività laddove i prezzi sono un elemento decisivo, come per esempio nel settore turistico. Nel caso della Spagna non c’è deflazione, ma comunque i prezzi sono più bassi di quelli della Germania. Il tasso tendenziale d’inflazione di Madrid è più basso di quello di Berlino, tenendo conto che la Spagna viene da anni di bolla immobiliare, quando l’inflazione tendenziale aveva toccato il 5%. È un elemento che sembra deporre a favore di una potenziale ripresa dell’economia spagnola, che si dovrebbe tradurre in un miglioramento delle partite correnti. Queste ultime prima erano decisamente in rosso, ora invece sono diventate tendenzialmente positive.
Quanto contano le riforme attuate dalla Spagna nel miglioramento del rating?
Per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro, non bisogna dimenticare che la disoccupazione in Spagna continua a rimanere a livelli molto elevati. Nel Paese iberico il tasso armonizzato di disoccupazione è ancora su livelli altissimi, pari al 25,3% nel mese di marzo, molto vicino al 26% della Grecia. Se valutiamo la salute di un Paese sulla base della capacità di rimborsare i crediti, Spagna e Grecia sembrano stare un po’ meglio rispetto al passato. Dopo l’introduzione della riforma del lavoro in Spagna, il tasso di disoccupazione è calato dal 26,2% di un anno fa al 25,3% di quest’anno. Non so se questa lievissima diminuzione sia da attribuire alla riforma di Rajoy, ma comunque si tratta di un miglioramento molto contenuto.
Che cosa si aspetta nel prossimo futuro per il rating del nostro Paese?
La situazione dell’Italia è un po’ più delicata, perché sembrava che avessimo avuto un germoglio di crescita dello 0,1% nell’ultimo trimestre 2013, con la speranza potesse diventare qualcosa di più nel primo trimestre di quest’anno, e invece così non è stato. Il -0,1% del primo trimestre 2013 non è un dramma rispetto a quanto ha passato il nostro Paese, ma va anche detto che siamo davvero calati di molto come tenore di vita e come Pil, mentre altri paesi hanno fatto decisamente meglio, in particolare la Germania.
(Pietro Vernizzi)