La proposta polacca di inserire nel calcolo del Pil anche la stima di attività illegali (traffico droga, prostituzione, contrabbando, ecc.) anche se stupisce perché viene dalla patria di Giovanni Paolo II, da un Paese che fa un vanto delle sue radici cristiane, si muove in perfetta coerenza con la tendenza del nostro capitalismo. I polacchi stanno dicendo, con questa proposta, che il Pil dice molte cose ma non il benessere, né la qualità della vita, né la democrazia, né i diritti o le libertà di una nazione. Lo sapevamo, ma ogni tanto, magari in occasione di queste notizie, è bene ricordarcelo. Il Pil indica la produzione in beni e servizi di un Paese, niente più.



Una volta, in un mondo più semplice, era anche indicatore di creazione di posti di lavoro, e forse di benessere (in società che uscivano dall’indigenza aumentare merci e servizi aumentava anche il ben-essere delle famiglie). Oggi indica sempre meno e sempre peggio. Da una parte la parola beni, cioè cose buone (bona, in latino), ha perso ogni contatto con le cose che chiamiamo beni economici: che cosa ha di buono la pornografia, la prostituzione? Ma, venendo all’Italia, che cosa ha di buono il gioco d’azzardo e questa invasione di legioni di “gratta e vinci” che stanno impoverendo sempre più i nostri concittadini più fragili, tra cui molti anziani e anziane? Niente, ma sono tutto Pil: più la gente si rovina giocando nelle slot machines, più aumentano i posti di lavoro, il (troppo piccolo) gettito fiscale, più aumenta il Pil; e, cosa ancora più grave dal punto di vista etico, parte di questi profitti sbagliati finiscono per finanziarie attività “non-profit”, le quali magari si occupano di cura di quelle stesse dipendenze. “È il capitalismo, bellezza!”. Certo, ma è molto triste, e chi ama la verità e la giustizia dovrebbe darsi da fare per cambiarlo.



Tutto questo ci dice allora quanto poco dice il Pil riguardo alla salute economica e civile di un Paese: se oggi l’Italia dovesse, ad esempio, ripartire con un Pil in zona positiva (0,…), grazie all’aumento del gioco d’azzardo, o se la Polonia aumenta la crescita perché cresce l’uso di pornografia e l’alcool, dovremmo avere buone ragioni per rallegrarci?

“Aumentano i posti di lavoro”, qualcuno può replicare, e spesso replica. Ma, rispondo, non tutti i posti di lavoro sono cosa buona. Che esperienza umana ed etica fa una donna che oggi, per sopravvivere, lavora in una “impresa” pornografica? O chi lavora in una video lottery dove assiste ad autentiche tragedie di chi si rovina per “giocare”? Chi produce mine anti-uomo? Ci sono posti di lavoro pessimi, e una civiltà cresce riducendo i lavori sbagliati e aumentando quelli buoni.



Con l’abolizione della schiavitù in Europa e in America abbiamo perso migliaia di posti di lavoro (basti pensare a quanti navi e porti lavoravano fino all’Ottocento in questo turpe commercio), ma dopo pochi decenni abbiamo creato le rivoluzioni industriali e tecniche proprio perché era venuta meno la schiavitù. La democrazia è una “distruzione creatrice”, dove muoiono attività sbagliate e contro la persona e dopo, quando le civiltà funzionano e con esse la democrazia, ne nascono altre migliori che le sostituiscono.

Potremmo, allora, cogliere l’opportunità di questa proposta polacca per riflettere anche in casa nostra sulla natura del Pil, su che cosa dice e su che cosa non dice, e dar vita ad altri indicatori che diminuiscano quando la gente sta male e si fa male (mentre aumenta il Pil). Un indicatore di felicità soggettiva, ad esempio, che potrebbe dirci altre cose che il Pil non sa dire, o dice troppo poco e sempre più male.