Il Pil italiano crescerà dello 0,5% nel 2014 e dell’1,1% nel 2015. Lo sottolinea l’Ocse, che ha rivisto in peggio le previsioni per il nostro Paese rispetto al precedente outlook che erano pari rispettivamente allo 0,6% e all’1,4%. La disoccupazione si mantiene su livelli preoccupanti, con 11,25 milioni di persone in più che saranno senza lavoro alla fine dell’anno rispetto agli inizi della crisi. Per il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, «la performance non esaltante del Pil italiano non va enfatizzata, in quanto la nostra economia si sta risollevando da sola senza le iniezioni di spesa pubblica e di aiuti europei di cui hanno beneficiato altri paesi come la Spagna».
Professor Fortis, si può parlare di ripresa o abbiamo solo toccato il fondo?
L’Italia sta uscendo da una crisi artificiale, provocata da una politica di austerità che tra la fine del 2011 e il 2013 ha colpito molto i consumi interni. A peggiorare le cose è stato un crollo della fiducia degli italiani, che hanno tirato i remi in barca per quanto riguarda consumi e investimenti. La disoccupazione è salita a livelli che non vedevamo da tempo, raggiungendo il 12%, e le persone rimaste senza lavoro a loro volta consumano di meno.
In che senso quindi dice che l’Italia sta uscendo dalla crisi?
L’Italia senza richiedere aiuti si è assunta il compito di mettere a posto i conti pubblici, di scendere sotto al 3% del rapporto deficit/Pil nel 2012 e nel 2013, con un risultato che confermeremo nel 2014. Il debito pubblico continua a essere alto, ma negli ultimi mesi si è gonfiato per gli aiuti da 55 miliardi di euro destinati a salvare gli altri Ppaesi. Abbiamo inoltre iniziato a pagare i debiti arretrati della Pubblica amministrazione sotto lo stimolo della stessa Ue.
Insomma, lei vede una situazione in lento miglioramento?
Proprio così. In questo momento l’economia è ancora traumatizzata dalla politica di austerità e non si può certo dire che corra. D’altra parte sembra essersi risvegliata un po’ di fiducia, come documentano anche gli indici sulla fiducia delle famiglie appena pubblicati dall’Istat. L’economia italiana ha potuto contare solo sulle sue forze e non certo sugli aiuti di qualcun altro, anzi gli aiuti li abbiamo dati noi ai paesi periferici. È anche per questo che nel 2014 non potremo crescere più di tanto, a prescindere dal fatto che si tratterà dello 0,5% o dello 0,8%.
Qual è il vero significato economico di questo 0,5%?
Il dato di fatto è che c’è stato un rimbalzo, che secondo il ministro Padoan si concretizzerà soprattutto nella seconda parte dell’anno. Ci sono probabilmente delle sottovalutazioni del rimbalzo del nostro Paese, in quanto le stesse stime del governo sono state ispirate alla prudenza e non hanno tenuto conto dell’impatto delle misure di stimolo che sono state date al sistema. Volutamente il governo ha abbassato le stime e si è dato una linea di prudenza.
Per l’Ocse l’Italia resta vulnerabile a causa del debito e rischiamo una reazione avversa da parte dei mercati. È veramente così?
I rischi di una reazione avversa possono essere innescati solo dagli italiani stessi. Se le elezioni europee determinassero un quadro di confusione e di mancato consenso, sia pure indiretto, alla politica del governo Renzi, con un risultato insoddisfacente del Pd, finiremo in un ginepraio. Tutti gli altri paesi Ue hanno governi stabili che durano cinque anni, l’Italia ne ha appena cambiato uno e se dovesse risultare che non ha una solida maggioranza torneremo ai momenti infausti del 2011 o del 2013.
Intende dire che per i mercati a contare è soprattutto la stabilità politica?
Esattamente. Alle Borse importa relativamente poco che l’Italia sia il fanalino di coda per quanto riguarda il Pil. Il nostro Paese ha scommesso sull’austerità, facendo scendere il deficit sotto al 3% e di conseguenza il Pil è allo 0,5%. Gli spagnoli si vantano tanto dei loro risultati, ma hanno un rapporto deficit/Pil al 7,1%. Se l’Italia avesse fatto 3 punti percentuali di spesa pubblica, la crescita del nostro Pil sarebbe stata molto più brillante.
(Pietro Vernizzi)