“L’attesa del piacere è essa stessa piacere” chiosava Gotthold Ephraim Lessing nel 1700, solo 100 anni dopo la storica bolla dei tulipani in Olanda, proprio quella che fece valorizzare un solo bulbo, privo anche d’un mero germoglio, quasi quanto una casa nella bella Amsterdam. L’attesa di qualcosa di annunciato, come uno schianto nel mezzo di una via, priva di ogni ragione di biasimare sia chi ci si è schiantato, sia chi non ha affisso un cartello “attenzione, muro all’improvviso”. Ciò che abbiamo visto ieri sulle azioni Monte dei Paschi di Siena, al netto dell’ignoranza, mostra manifesta incapacità chi quel cartello dovesse affiggerlo, e chi una via molto simile l’avesse già percorsa negli anni addietro, senza farne esperienza o, spero, memoria.
L’aumento di capitale di Mps è annunciato da molti mesi, e da alcune settimane noto come di importo rilevante (5 miliardi di euro) sia in termini assoluti, sia in rapporto alla capitalizzazione di mercato della banca (attorno ai due miliardi e mezzo di euro). Come è noto, dopo l’approvazione dell’operazione da parte dell’assemblea dei soci, un consiglio di amministrazione ha definito i particolari dell’aumento di capitale, in accordo con i dettagli del contratto stipulato con il consorzio di collocamento delle nuove azioni.
È stato quindi deciso che le nuove azioni sarebbero state emesse al prezzo di un solo euro (contro i 25 fatti segnare dalle azioni sino al giorno prima). Essendo le azioni in circolazione circa 116 milioni, la valorizzazione della banca pre-aumento di capitale è stata fissata a 116 milioni di euro, contro i 2 miliardi e qualche lacrima del giorno prima. Pertanto, piazzando azioni per 5 miliardi di euro, l’operazione è constata in un azzeramento totale del capitale esistente e nel collocamento di un capitale nuovo di zecca, per buona pace degli azionisti che, per non azzerare la loro quota nella banca, devono andare a comprare ben 214 nuove azioni ogni 5 vecchie possedute.
Certo, i 5 miliardi di euro sarebbero potuti essere divisi, invece che in 5 miliardi di nuove azioni del valore di un euro, in 1,25 miliardi di azioni a 4 euro, valorizzando così la banca e il suo vecchio capitale quattro volte di più, ma la decisione è stata diversa.
Questo incipit è la parte più seria della storia, perché i risvolti sono un agrodolce miscela di lacrime e comiche. In occasione di un aumento di capitale, i derivati quotati da Borsa Italiana vengono modificati, seguendo un regolamento ben preciso e senza discrezionalità, per tener conto delle nuove condizioni di quantità di azioni in circolazione e del nuovo capitale sociale più ampio.
Tali modifiche, in situazioni particolari come questi aumenti di capitale iper-diluitivi, portano a delle distorsioni patologiche che obbligano alcuni investitori a dover comprare senza indugi una quantità di azioni calibrata sul nuovo numero di azioni post-aumento di capitale (5 miliardi e spiccioli), ma in un momento in cui tali azioni non sono ancora disponibili, perché arriveranno solo quando l’aumento di capitale sarà concluso. In questo frangente si verifica, per esempio, che tale aggiustamento dei contratti derivati porti gli investitori a dover comprare, per non rimetterci di più, una quantità di azioni nell’ordine di grandezza di 30 milioni di pezzi, quando il flottante è ancora inferiore ai 100 milioni.
Ieri mattina, quindi, nel primo giorno di inizio di aumento di capitale, Borsa Italiana e Ftse (società che provvede al calcolo del valore del nostro indice di borsa) hanno realizzato col tempismo del rimorso che tanti investitori avrebbero dovuto comprare di botto il 30% del capitale sociale. Così, velocemente, nei primi minuti di contrattazione. Avendolo realizzato ieri mattina, dopo lunghi studi (vogliamo immaginare) diurni e notturni in questi giorni trascorsi dall’annuncio dei dettagli dell’operazione, hanno bloccato le negoziazioni sul titolo, rimasto abbandonato ma non negletto perché sotto osservazione di tutti gli investitori attenti nel mondo al mercato italiano.
A quel punto è iniziato il lato comico della faccenda. Mentre, come un uno Charlot che lascia utili e posto di lavoro sul viale del tramonto, in tanti hanno visto montare delle perdite nel loro portafogli a seguito di questa gestione più improvvida che improvvisa. Nel frattempo che la Borsa Italiana taceva, forse imbarazzata, Ftse prometteva di aprire delle consultazioni che, capiamo bene, non hanno potuto tenere nelle scorse giornate di estate incombente.
La sospensione del titolo Mps dalle negoziazioni ha evitato una bolla dei prezzi che avrebbe portato facilmente il prezzo del titolo a moltiplicarsi per svariate volte, ma allo stesso tempo ha evitato che la negligenza del regolatore facesse il suo corso come da regolamento della borsa.
Tutto ciò era stato annunciato in maniera precisa e dettagliata dalla storia. Lo stesso fenomeno si è infatti verificato, negli anni addietro, con gli aumenti di capitale di Tiscali, Seat Pagine Gialle e, più recentemente, Fondiaria Sai, che nelle stesse condizioni volò del 700% per alcuni giorni. Questo pare però che non abbia insegnato nulla a chi avesse gli strumenti per provvedere a evitare che questo accadesse di nuovo e che molti investitori ci rimettessero un capitale.
Ultima nota di colore è stato l’annuncio del presidente Profumo che ha stabilito che l’aumento di capitale è iniziato bene, pur riconoscendo il contributo di fattori tecnici. Ipse dixit.