Per i 2.200 dipendenti in esubero da Alitalia non ci sarà nessun ammortizzatore sociale, né sotto forma di cassa integrazione né di contratti di solidarietà. “Etihad su questo è intransigente”, ha dichiarato Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Alitalia. Ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, quello dei Trasporti, Maurizio Lupi e i sindacati si sono incontrati per discutere degli esuberi. Questi ultimi si sommeranno ai 3mila lavoratori attualmente sottoposti a cassa integrazione, solidarietà o rotazione, di cui 700 a zero ore. Ne abbiamo parlato con Roberto De Blasi, ex dirigente di Alitalia e autore del libro “Alitalia. Una privatizzazione italiana”.



Che cosa ne pensa delle scelte che stanno emergendo sulla questione degli esuberi?

I sindacati sono scettici a fronte degli ulteriori esuberi dopo un piano lacrime e sangue che dura da tanti anni, ma sono anche consapevoli che non ci sono vie d’uscita. Bisognerà vedere se si riuscirà a rinnovare la stessa operazione del 2008, che prevedeva quattro anni di cassa integrazione e tre anni di mobilità, anche perché c’era un importante contributo da parte dello Stato. Il ministro Poletti ha dichiarato che faranno quanto è opportuno fare dal punto di vista del contributo dello Stato a questa operazione.



I nuovi esuberi si aggiungono a quelli già sanciti nel 2008…

Vale la pena sottolineare che quella del 2008 è stata un’operazione fallimentare. L’obiettivo doveva essere il salvataggio di Alitalia, e dopo quattro anni ci troviamo ad avere speso grandi somme di denaro per una compagnia che senza l’intervento di Etihad sarebbe vicina al fallimento. Poi bisognerà trovare il modo di gestire questi 2.200 esuberi nella maniera meno dolorosa possibile. Credo che il governo farà di tutto per farlo, anche perché questa è l’ultima opportunità per non tagliare tutti e 11mila i dipendenti dell’azienda.



Per quale motivo ritiene che quella del 2008 sia stata un’operazione fallimentare?

Quella del 2008 è stata un’operazione che avrebbe dovuto salvare Alitalia, che ha comportato già migliaia di esuberi gestiti attraverso la finanza pubblica con oneri molto pesanti per la collettività. Dopo quattro anni ci troviamo con questa operazione che è stata fallimentare, eppure dobbiamo affrontare ulteriori 2.200 esuberi. Questo è il focus, poi la modalità con cui sarà gestito andrà studiato attentamente. Non penso che tutto sarà fatto saltare perché non si trova l’accordo su 2.200 persone, in quanto dall’altra parte vorrebbe dire metterne a repentaglio la vita professionale di 14mila persone, senza contare l’indotto. Gli esuberi sono quindi il male minore.

Come sarà risolta alla fine la questione dei crediti  vantati dalle banche nei confronti di Alitalia che Etihad non si vuole accollare?

Alla fine ritengo che sarà risolto anche questo nodo, che rappresenta un problema soprattutto per le banche. Tutti gli attori attorno al tavolo faranno del loro meglio per evitare una situazione ancora più grave di quella che si sta paventando oggi. Quello che sembra emergere dalle indiscrezioni degli ultimi giorni è un piano d’investimento che può portare l’azienda lontano, seppur nell’ottica degli interessi di Etihad con tutto ciò che ne consegue.

 

Che cosa ne sarà di Linate e Malpensa con la gestione di Etihad?

Inizialmente si era detto che Malpensa doveva essere l’aeroporto destinato principalmente al cargo, anche se poi manteneva un traffico passeggeri. Poi si è parlato di un decreto sulla liberalizzazione, o quantomeno sul riordino dell’assetto aeroportuale italiano. Ora invece si dice che anche Malpensa sarà potenziato, in quanto saranno aggiunte delle nuove rotte, e quindi ci saranno investimenti anche sullo scalo varesino, oltre che sull’aeroporto principale che sarà Fiumicino. Bisognerà però trovare delle modalità adeguate, altrimenti il problema annoso del dualismo Malpensa-Fiumicino rimarrà inalterato.

 

(Pietro Vernizzi)