Etihad investirà 1,25 miliardi di euro in Alitalia di qui al 2018, acquistando un pacchetto azionario tra il 40% e il 49%, e renderà necessari 2.250 esuberi per ridurre l’organico a 11.470 dipendenti. È il piano industriale della società aerea presentato dai ministri dei Trasporti e del Lavoro, Maurizio Lupi e Giuliano Poletti, a Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Le norme comunitarie prevedono che, dal momento che non è una compagnia europea, Etihad debba rimanere al di sotto del 50% di Alitalia. Ne abbiamo parlato con il professor Roberto Zucchetti, coordinatore dell’Area economia e politica dei trasporti del Certet dell’Università Bocconi di Milano.
Come farà Etihad a investire 1,25 miliardi di euro senza superare la soglia del 49%?
Su questo va fatta una distinzione. Chi è socio di una società con una quota del 49% può investire ulteriormente facendo un prestito e lasciando immutata la sua quota di partecipazione. Mentre una banca in cambio di un prestito chiederebbe delle garanzie, il socio di un’impresa può rinunciarvi e portarvi dei capitali senza che questi siano necessariamente capitale sociale.
L’Europa e le altre compagnie europee non avranno quindi niente da ridire rispetto al controllo che deve essere comunitario?
Hanno già da ridire oggi, e quindi a maggior ragione lo faranno se Etihad dovesse investire 1,25 miliardi in Alitalia. Dal punto di vista formale, però, un conto è il controllo, un altro il fatto che un socio presti dei soldi all’azienda di cui è azionista. Questo secondo fatto non cambia gli equilibri di votazione in assemblea ed Etihad può sempre essere messo in minoranza dal socio comunitario. Le compagnie europee solleveranno sicuramente la questione, ma dal punto di vista formale il controllo di Alitalia rimane comunitario.
C’è la possibilità che anche qualcun altro investa in Alitalia come le banche o Poste italiane?
Dipenderà dalla credibilità dei piani industriali. La trattativa cui stiamo assistendo è molto seria, Etihad sta ponendo delle condizioni molto dure e pesanti, ma che daranno comunque la possibilità di avere un’azienda competitiva. Se il piano industriale è serio, nasce da una trattativa seria e da un forte apporto di capitali, è anche possibile che altri ritengano interessante investirvi.
Perché ritiene che il piano di Etihad sia molto serio?
Etihad ha due vantaggi aggiuntivi rispetto agli altri operatori. Il primo è che vede Alitalia come un’occasione per entrare in un mercato europeo nel quale non è presente, mentre Air France per esempio ha già i suoi interessi da difendere. In secondo luogo, Etihad ha dimostrato di avere un management estremamente focalizzato sul business, con poca o nessuna attenzione ad altri aspetti di natura relazionale, come i rapporti politici e gli equilibri di governo. Questi due elementi sono entrambi una novità nella vicenda Alitalia.
Che cosa cambierà per Linate e Malpensa con l’ingresso di Etihad in Alitalia?
Non cambierà moltissimo. Già oggi a Malpensa non è presente Alitalia, anche la scelta di potenziare alcune rotte internazionali aumenterà i collegamenti intercontinentali e quindi il lavoro di Malpensa. Quello che potrebbe cambiare è se il governo italiano, con il permesso della Comunità europea, dovesse modificare in modo molto pesante l’attuale ripartizione di traffico tra Linate e Malpensa. A me sembra francamente difficile che ciò avvenga, perché il governo italiano a suo tempo si è speso con scelte non commerciali, bensì a tutela di interessi generali come ambiente e sicurezza.
(Pietro Vernizzi)