Stagione di tasse, è un buon momento per riflettere sul quanto sia giusto pagare. Una valutazione generale e comparata della spesa pubblica, alimentata per lo più da entrate fiscali, mostra che l’Italia: (a) impiega più risorse di altre nazioni per mantenere gli apparati burocratici-amministrativi e meno sia per investimenti modernizzanti, sia per aiuti a chi ha veramente bisogno; (b) ha un livello di tassazione tra i più alti al mondo che sfiora il 50% della ricchezza lorda (Pil) prodotta annualmente; (c) offre servizi finanziati da denari fiscali (sanità, infrastrutture, istruzione, ricerca di base, ecc.) di qualità e quantità decrescenti; (d) tende a mantenere crescente la quantità complessiva del prelievo fiscale.



In sintesi, le tasse crescenti finanziano sempre di più gli stipendi pubblici e sempre di meno i servizi. Tale dato sarebbe incompleto se si tralasciasse l’analisi di due vincoli stringenti per l’Italia: il pagamento per circa 80 miliardi all’anno degli interessi su un debito pubblico di oltre 2 trilioni di euro e la necessità, per obbligo di trattato europeo, di portare verso il pareggio il bilancio statale.



Il secondo vincolo, in particolare, spiega perché le tasse sono crescenti: richiede circa 30 miliardi che negli anni scorsi erano reperiti via deficit, ora non più fattibile. Il primo vincolo spiega la difficoltà di tentare tagli di tasse che potrebbero compromettere la fiducia del mercato sul fatto che l’Italia possa ripagare l’enorme debito. Ma il punto è che in questo quadro complesso resta rigida la spesa per l’amministrazione pubblica: se fosse ridotta vi sarebbero maggiori risorse sia per l’equilibrio dei conti pubblici, sia, soprattutto, per investimenti in scuole e infrastrutture modernizzanti nonché per il miglioramento di servizi e per una riduzione dei carichi fiscali e del loro effetto freno sulla crescita economica.



Il governo ha colto questo punto e sta enfatizzando le proposte per ridurre tale voce di spesa. Ma, in base alle prime stime, sarebbe un risparmio irrisorio, insufficiente. Pertanto la riflessione su quante tasse sia giusto pagare va convertita nella domanda: quanti impiegati e apparati pubblici, nazionali e locali, veramente servono per amministrare il sistema e quanti dipendenti sono veramente necessari per erogare i servizi?

Certamente molti meno di quanti ora impiegati, il dettaglio stimabile solo con un progetto di modernizzazione, anche tecnologica, del sistema pubblico nazionale e locale. In conclusione, una parte delle tasse finanzia spesa inutile e sprechi: pagare questa parte è sostanzialmente ingiusto, anche se va fatto per obbligo di legge.

 

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