È stato un lunedì nero per gli italiani dal punto di vista fiscale. Secondo le stime della Cgia di Mestre, famiglie e imprese hanno versato più di 54 miliardi di euro tra imposte, tasse e tributi, compresa la nuovissima Tasi. Non arriva dunque come una sorpresa la notizia data da Eurostat secondo cui in Italia il fisco ha un peso sul Pil superiore alla media europea. Ne abbiamo parlato con Francesco Forte, ex ministro delle Finanze, che non nasconde il fatto che «50 miliardi che spariscono dai conti correnti dei privati per andare nelle casse del Tesoro non sono certamente un toccasana per il credito alle imprese, specie in un periodo in cui, tra l’altro, gli strumenti all’uopo annunciati da Draghi non sono ancora operativi».
Com’è stato possibile giungere a una situazione del genere?
C’è stato un errore tecnico dovuto alla mancanza di competenza di chi gestisce la cosa pubblica. Siamo passati dal Governo Monti, fatto più da professori che da tecnici, a quello guidato da Letta, un esecutivo ragionevole fatto di politici esperti. Ora siamo finiti nelle mani del Governo Renzi, che vuole fare le riforme, ma manca di cultura, che consiste anche in preparazione. Nella presentazione di tanti volti giovani e semisconosciuti non c’è alcuna scelta generazionale, ma solo una decisione prettamente politica: non mostrare agli italiani persone legate al vecchio Pci.
Sta quindi dicendo che mancano persone preparate al Governo?
Renzi non ha competenze in materia fiscale e il ministro dell’Economia chi si è scelto è esperto in questioni internazionali, ma non ha nessuna preparazione in politica tributaria e non è affiancato da nessun esperto del settore. Il risultato è che così tanti pagamenti in un’unica data non solo risultano scomodi, ma creano un effetto negativo di politica monetaria, perché generano un buco di liquidità eccessiva in un solo giorno.
Intanto però il Governo ha iniziato a ridurre le tasse, grazie al bonus di 80 euro in busta paga…
Renzi ha finanziato apparentemente una riduzione fiscale: in realtà, si tratta di un aumento.
In che senso?
Il decreto Irpef che contiene il bonus da 80 euro porta con sé anche un aumento dell’imposta sulle rendite finanziarie a partire dal 1° luglio. Per quanto possa essere vero che è meglio tassare i ricchi che i poveri, in questo caso a essere maggiormente coinvolte sono le classi medie. C’è una redistribuzione delle tasse in cui l’effetto marginale negativo è superiore all’effetto marginale positivo. Inoltre, gli enti locali stanno aumentando continuamente le imposte, come si è visto con il passaggio dall’Imu alla Tasi, soprattutto nel caso non si tratti di prima casa.
Tenendo conto dei vincoli di bilancio europei, è possibile ridurre le tasse in Italia?
Noi non possiamo permetterci di non pareggiare il bilancio, non per qualche strana regola, ma per il fatto che diversamente, avendo una bassissima crescita sia dei prezzi che dell’inflazione, vedremmo crescere il rapporto debito/Pil, che è già a quota 134%. Senza riduzione della spesa, per pareggiare il bilancio dobbiamo aumentare le entrate e questo è folle in quanto abbiamo una pressione fiscale già molto elevata e un Pil in diminuzione. Alla fine, questi pesi fiscali generano un rallentamento della crescita.
La riduzione della spesa è però già iniziata.
La spending review così non funziona. Basti pensare che una parte dei tagli è affidata al disegno di legge delega sulla riforma della Pubblica amministrazione, che per entrare in funzione ha bisogno delle leggi delegate. Ci vorrà quindi del tempo per renderli effettivi. Si tratta perlopiù di tagli simbolici. È vero che si abolisce un gran numero di Prefetture e di Camere di commercio, ma non si esclude la possibilità di creare sedi periferiche. Per fare un esempio, potremmo arrivare a non avere più la Prefettura provinciale, ma al suo posto potrebbe nascere la sede distaccata di quella regionale.
Nei giorni scorsi Nens, la fondazione che fa capo all’ex ministro Visco, ha presentato un piano per ridurre le tasse, attraverso il recupero di 58 miliardi dall’evasione, specialmente sull’Iva. Cosa ne pensa?
Sicuramente l’evasione dell’Iva si può ridurre facendo maggiori controlli nel settore finale col semplice riferimento ai registratori di cassa. Ci vorrebbe poi un sistema informatico accurato: quello attuale non rende possibile detrarre le fatture di acquisto da quelle di vendita. Ritengo sarebbe utile che ciascun contribuente Iva avesse diritto al segreto bancario sul proprio conto corrente personale in cambio dell’obbligo di aprire un conto separato per i propri movimenti Iva, visibile chiaramente dal ministero delle Finanze.
Ritiene che riforme di questo genere possano essere fatte?
Per fortuna abbiamo almeno un nuovo direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, che viene dall’amministrazione finanziaria, mentre Attilio Befera veniva dall’informatica bancaria. Ma al Mef mi pare non ci sia un esperto a fare il viceministro, come potrebbe essere un Visco. Non c’è un politico in grado di prendere le decisioni di cui ho parlato e nemmeno un esperto di fisco e informatica.
(Lorenzo Torrisi)