La presidenza di turno dell’Ue è un ruolo tipicamente cerimoniale, ma la nazione che la detiene ha il potere di agenda, cioè di stabilire i temi che le euronazioni devono trattare. Nelle contingenze, poi, il secondo semestre del 2014 vedrà la nomina dei vertici degli organismi europei, situazione che rinforza il potere di agenda. Pertanto la presidenza italiana dell’Ue, dal 1° luglio, godrà di una certa rilevanza. Potrà e saprà Roma trasformarla in vantaggio?
I primi segnali indicano la seguente strategia: ottenere dalla Germania la disponibilità a rendere più flessibili le regole dell’Eurozona in cambio di nomine gradite a Merkel. Tale linea è emersa nel vertice dei leader socialisti europei a Parigi, sabato scorso. Renzi, in convergenza con Hollande, ha annunciato che l’Italia metterà in priorità nell’agenda europea crescita e occupazione, anticipando una posizione degli eurosocialisti favorevole alla nomina del popolare Junker alla presidenza della Commissione, non particolarmente gradito a Merkel, ma da questa considerata un male minore perché garante della priorità del rigore.
Come mai i socialisti, che puntano ad aumentare la spesa in deficit nelle loro nazioni per interventi assistenziali aggirando gli euro-vincoli al bilancio, accettano un Presidente di Commissione tendenzialmente contrario a tale opzione? Nel “sottostante” (geo)politico, da settimane, è in corso una trattativa così semplificabile: il successo degli anti-euro ha messo in particolare difficoltà la Francia, ponendola in una traiettoria di rottura con la Germania; Berlino non può rischiare tale spaccatura e dovrà concedere a Hollande un po’ di capacità di spesa per finanziare il consenso pro-europeo; ma Merkel potrà farlo solo nei limiti del consenso interno tedesco che vede l’ammorbidimento del rigore come un rischio.
In sintesi, si sta cercando un compromesso. Lo si sta trovando nella formula di togliere dal calcolo dei deficit le spese per investimento. Renzi ha preso la posizione di mediatore tra Germania e Francia.
Come finirà? Probabilmente: (a) il compromesso renderà disponibile qualche soldo, ma insufficiente a stimolare veramente crescita e occupazione; (b) alla fine la Germania preferirà concedere alla Francia, come ha sempre fatto, di poter truccare il bilancio piuttosto che ammorbidire le regole europee. Pertanto l’unico vantaggio possibile per l’Italia è ottenere la stessa cosa. Sarebbe poco, ma meglio di niente, anche se sarebbe preferibile per l’Italia tentare l’audace detassazione in deficit avviata dalla Spagna guidata dal popolare Rajoy, questa sì una politica seria.