La fusione con Etihad per salvare Alitalia, dopo la fallimentare privatizzazione di sette anni fa, rischia di avere più costi che benefici per l’Italia. Accettando le condizioni di Etihad, lo Stato italiano si accolla tutti i costi della fusione con interventi protezionisti che si possono configurare come aiuti di Stato. A parte la questione del “controllo europeo” della compagnia, la Commissione Ue potrebbe quindi avere una ragione in più per mettere il naso in questa operazione.
Dopo aver speso oltre 3 miliardi di risorse pubbliche (tra debiti rimasti in capo allo Stato e ammortizzatori sociali) ci ritroviamo oggi di nuovo con un’Alitalia agonizzante e sarebbe sbagliato accollarsi tutti i costi imposti dalla compagnia emiratina. I costi della fusione tra due imprese private non possono essere pubblici.
L’ipotesi di accordo contenuta nella lettera inviata ad Alitalia da Etihad prevede che lo Stato si accolli i costi di circa 2.500 addetti in esubero, da mettere in cassa integrazione. A questi vanno aggiunti i 5.000 addetti in cassa dal 2008. Si costituirebbe un esercito di cassaintegrati “privilegiati”, perché la loro cassa è ben più alta rispetto a quella degli altri lavoratori italiani. Dato che interi settori merceologici non possono ricorre agli ammortizzatori sociali e un terzo dei lavoratori italiani precari, a progetto o con partita Iva non hanno nessun ammortizzatore sociale, sarebbe iniquo un provvedimento di estensione della cassa integrazione “privilegiata” per i nuovi esuberi di Alitalia.
Inoltre, le banche Unicredit e Intesa Sanpaolo, azioniste e creditrici, dovrebbero cancellare un terzo del credito (565 milioni) e convertire il restante in azioni. Ma chi ripianerà i disavanzi delle banche tra un anno? Verosimilmente lo Stato italiano. Etihad pretende che la nascente società sia ripulita da tutti i debiti e che lo scalo di Malpensa (3 miliardi di investimenti) venga ridimensionato e limitato al solo traffico merci.
Come se non bastasse viene chiesta la liberalizzazione degli slot di Linate a favore di Alitalia, cosa che consentirebbe a Etihad di collegare il bacino del Nord Italia con i suoi hub di Zurigo, Monaco, Istanbul e Dubai. Tuttavia, attraverso una liberalizzazione vera, Linate si svilupperebbe benissimo anche senza la presenza Alitalia ed Etihad.
Non è accettabile sentire parlare ancora di ruolo strategico di Alitalia, assecondandola a tutti i costi, visto che trasporta 24 milioni di passeggeri in un anno, su 144 milioni in Italia, cioè solo il 17% del totale. Alitalia è sempre più marginale, ma i suoi costi crescono e oggi li si vorrebbe sempre più addossare sulle spalle dei contribuenti. Perché non si stimano i costi e si fa metà con gli Emirati Arabi Uniti?