Se il fatto che Goldman Sachs ritenga il Brasile come favorito per la vittoria finale della prossima Coppa del mondo di calcio non crea particolare sorpresa, tanto da invitare gli investitori a lanciarsi su equities brasiliane come scommessa speculativa a breve, più interessanti appaiono altri dati contenuti nella quinta edizione del report World Cup and Economics. Lo studio, infatti, analizza i dati macro-economici di tutti i 32 paesi partecipanti e utilizza tutti i suoi strumenti metrici per decretare chi vincerà la finale il 13 luglio prossimo e arriva alla seguente conclusione storica: esiste un chiaro pattern nel mercato equity che vede la Borsa della nazione vincitrice andare in outperformance sulle altre piazze.
Un qualcosa che però ha respiro breve e, quindi, di fatto porta con sé un avvertimento implicito per chi volesse operare: entrare con timing perfetto e uscire altrettanto in fretta, poiché a detta del capo analista equity di Goldman Sachs, Peter Oppenheimer, il mercato azionario del Paese vincitore conosce storicamente un trend di outperform verso gli altri listini globali mediamente del 3,5% ma solo nel mese successivo a quando si è alzata la coppa che un tempo si chiamava Rimet e, sempre storicamente, conosce un tonfo dopo tre mesi, ovvero quando il breve rally porta con sé le ovvie prese di beneficio da parte di chi non scommette sulla solidità del mercato in questione ma sull’effetto boost del trionfo calcistico. Di più, passati dodici mesi, la nazione vincitrice perde tutti i guadagni ottenuti e, mediamente, vede il proprio mercato azionario andare in underperformance a livello globale di circa il 4%. Per Oppenheimer, «il messaggio è chiaro: godetevela finché dura».
In compenso, però, qui non ci troviamo di fronte a coincidenze e credenze, ma a un trend storicamente accertato, basti vedere i corsi azionari dei paesi vincitori e compararli con i movimenti del Msci World Index: dal 1974, tutti le nazioni vincitrici hanno visto un mese di outperformance, poi seguita entro tre mesi da un movimento in underperformance. Anzi, non tutte, c’è stata storicamente un’unica eccezione, guarda caso proprio il Brasile nel 2002, anno che però vedeva il Paese già preda di una brutale recessione e di un crisi valutaria che ha vanificato i possibili guadagni sull’indice azionario nazionale. Chi perde la finale, invece, deve prepararsi a tempi magri, visto che sette volte su nove chi ha si è arreso negli ultimi novanta minuti ha conosciuto non solo la cocente delusione della sconfitta ma anche movimenti azionari al ribasso: l’underperformance comparata all’indice Msci è stata dell’1,4% nel primo mese, raggiungendo il 5,6% nei tre mesi successivi.
Ma al di là dei dati storici, nella sua nota Goldman Sachs sottolinea anche le disparità finanziarie tra le alte aspettative verso la squadra di calcio e le fortune di un’economia come quella brasiliana che sta lottando contro la recessione, dopo il boom degli anni dei Brics e dopo le fughe di capitali seguite alla crisi dei mercati emergenti della scorsa estate, costate alla Banca centrale tre aumenti dei tassi di interesse di fila in meno di due mesi. Per Alberto Ramos, vice-capo dei ricercatori per l’America Latina di Goldman Sachs, «l’intera nazione spera che le performance della nazionale durante la Coppa del mondo saranno migliori di quelle dell’economia interna». Oltretutto, anche perché il prossimo governo brasiliano – che sarà eletto a ottobre – «dovrà contrastare un’inflazione galoppante e porre in essere politiche economiche basate e mosse da una crescita legata a solidi investimenti e non all’inflazione».
Goldman stima che l’economia brasiliana sia cresciuta attorno al 2,5% all’anno dall’ultima Coppa del mondo, quella del 2010, un dato in underperformance rispetto ad altri mercati emergenti e con un tasso inflattivo che non è mai sceso sotto il 6%. Per Paulo Leme, presidente di Goldman Sachs Brasil, «con le politiche giuste, il Brasile può raggiungere i risultati che necessita, ovvero una migliore distribuzione del reddito, un più basso livello di ineguaglianza sociale e un più semplice accesso a sanità ed educazione. Come nel calcio, anche in politica una leadership pragmatica può riportare il Brasile sui binari giusti, aumentando la produttività e implementando le riforme strutturali».
Il governo del presidente Dilma Rousseff ha stimato che l’evento potrebbe aggiungere oltre mezzo punto sulla percentuale di crescita economica di quest’anno e più di mezzo milione di posti di lavoro, mentre gli economisti sono, in media, più conservatori e vedono una spinta più vicina allo 0,2%, secondo un recente sondaggio Reuters. Tuttavia, solo circa 7 miliardi di dollari di investimenti su 11,7 previsti sono stati utilizzati, secondo l’Ufficio di Controllo Generale, un deficit che per la maggior parte degli analisti è colpa della scarsa pianificazione e della burocrazia. A livello nazionale solo 36 dei 93 grandi progetti sono stati finiti, come ha confermato Sinaenco, un gruppo commerciale di ingegneri e architetti. L’evento rischia, quindi, di rafforzare l’immagine del Brasile come un Paese che non investe abbastanza, che manca della volontà politica di intraprendere grandi progetti e in generale di non essere riuscito a vivere fino alla fine la promessa mostrata nel corso di un lungo boom dell’ultimo decennio.
Insomma, il Brasile deve sperare di vincere, per garantirsi almeno un mese di rally azionario. Ma poi dimenticarsi in fretta i mondiali e rimboccarsi le maniche.