Scatta oggi l’aumento della tassa sulle rendite finanziarie che passa dal 20% al 26%. A salvarsi dall’aggravio saranno soltanto i buoni postali e i titoli di Stato italiani, per i quali l’imposta rimane al 12,5%, nonché quelli stranieri inseriti in una cosiddetta “white list” che di fatto esclude i paradisi fiscali. Intanto da ieri è in vigore l’obbligo del Pos per artigiani, commercianti, professionisti ed esercenti per tutti i pagamenti al di sopra dei 30 euro. In pratica i lavoratori autonomi come idraulici e antennisti saranno obbligati ad avere la macchinetta che permette ai loro clienti di pagare con il bancomat. Ne abbiamo parlato con il giornalista economico Oscar Giannino.
Che cosa ne pensa della scelta di Renzi di aumentare l’imposta sui conti correnti?
Penso che sia assolutamente sbagliata per una serie di ragioni. La sinistra giustifica l’aggravio dicendo che si tratta di alzare il prelievo sulle cosiddette rendite da capitale rispetto alla tassazione del lavoro. Se la sinistra fosse coerente con questa sua impostazione, che si può discutere ma ha un fondamento di verità, dovrebbe però scegliere una strada completamente diversa da quella dell’aumento dell’aliquota al 26%.
In che cosa consiste questa strada alternativa?
Consiste nel seguire la via maestra di molti altri grandi Paesi europei, nei quali la tassazione sui redditi da capitale non viene distinta dallo Stato per fonte percepita, rispetto alla tassazione per redditi da lavoro dipendente o lavoro autonomo. Al contrario si porta tutto in Irperf, tassando secondo le aliquote progressive di sistema. L’effetto dell’aumento dell’aliquota al 26% è quindi totalmente regressivo, cioè colpisce in modo indipendente dalla somma dei redditi i piccoli risparmiatori, e non interessa se non in percentuali molto più basse le imprese e gli intermediari finanziari.
Quantomeno si può dire che non ci sono effetti negativi per le imprese?
Purtroppo non è così. La novità in vigore da oggi espande i vantaggi di cui godono i prodotti finanziari delle obbligazioni pubbliche e alcuni prodotti del risparmio postale, estendendo il gap di vantaggio fiscale rispetto ad altri prodotti della finanza privata. Ciò ha delle ovvie implicazioni rispetto alle necessità di finanziamento del sistema produttivo italiano in modo non bancario. Tutti si dicono d’accordo, ma la tassazione così stabilita è un ostacolo alla crescita e alla possibilità da parte delle aziende di diventare maggiormente patrimonializzate.
Che cosa ne pensa di quanti hanno denunciato l’introduzione di una patrimoniale?
Sono d’accordo con loro. L’aumento dell’aliquota, che è una vera imposta patrimoniale, si aggiunge ad altre mini-patrimonialine come l’aggravio dell’imposta di bollo.
Quali saranno le conseguenze?
Le tre ragioni che ho illustrato fanno dell’aumento dell’aliquota sui conti correnti un classico esempio dello Stato che prende dove può. Non c’è però una giustificazione che regga rispetto a come è stata fatta, rispetto a quanto è discriminatoria nei confronti dello Stato e rispetto alla somma di imposte che negli anni recenti hanno finito per tartassare il risparmiatore.
Ieri è scattato l’obbligo del Pos per idraulici e antennisti. Come valuta questa novità?
Lo ritengo un perfetto esempio di come lo Stato metta i contribuenti gli uni contro gli altri. L’effetto di questa misura, cioè l’obbligo di Pos per artigiani e professionisti sopra ai 30 euro, non accompagnato da sanzioni, comporta un aumento degli aggravi per tutti coloro che rispetteranno la normativa. D’altra parte il fatto che non ci siano sanzioni ottiene l’effetto di spaccare i contribuenti. Poniamo che il cittadino si rivolge al professionista o all’artigiano e questi gli risponda che non è obbligato ad averlo. A quel punto il cittadino si sentirà legittimato a pensare che l’artigiano o il professionista che si trova di fronte è un evasore, invece che magari un lavoratore con l’acqua alla gola che vuole evitare un obbligo non accompagnato da sanzioni.
(Pietro Vernizzi)