Il tema dell’Africa è ritornato periodicamente a galla nelle ultime settimane, ma soprattutto in corrispondenza degli sbarchi degli immigrati sulle coste della Sicilia e della Calabria. E collegata a questi vi è stata l’insistente, e giustificata, richiesta dell’Italia di una maggiore partecipazione dell’Europa allo sforzo messo in campo per salvare vite umane dalle acque del Mediterraneo. Ma gli esodi, in gran parte per motivi politici e umanitari, sono solo la pur drammatica punta di un iceberg di una realtà che è estremamente diversificata e in cui fianco a fianco stanno paesi in rapida corsa verso la modernità e paesi in cui regimi autoritari e corrotti non riescono e non vogliono sposare forme di progresso o di democrazia.
Basti pensare ai paesi del Nord Africa a noi più vicini dove l’instabilità politica appare il frutto di lotte tribali, di integralismi religiosi, di volontà di potere dei militari. E paesi potenzialmente ricchi come la Nigeria, che ha vastissime riserve petrolifere, sono sconvolti dal terrorismo e dalla guerra civile.
Eppure all’interno dell’Africa esistono molte diverse realtà. “La percezione del sottosviluppo generalizzato è solo uno dei numerosi luoghi comuni sull’Africa”: lo scrivono Lucia Wegner e Federico Bonaglia nel loro libro “Africa, continente in movimento” (Il Mulino, pagg. 240, euro 18). I due autori, che hanno seguito a lungo come ricercatori dell’Ocse la realtà dei paesi africani, sottolineano proprio come vi siano molti elementi positivi che possono dare un quadro diverso da quanto normalmente viene descritto.
In termini generali, basti pensare che “la crescita media del periodo 2004-2012 è stata del 5,4%, ben superiore alla performance dei paesi Ocse. Nel 2012 la crescita si è attestata al 6,6%, due volte il tasso di crescita del Pil mondiale; sedici delle trenta economie con la maggiore crescita al mondo sono in Africa mentre solo due delle trenta economie con le peggiori performance sono in questo continente”.
Alla base di questi risultati vi è anche il fatto che l’Africa ha nel suo complesso il tasso di crescita demografica più alto del mondo: si calcola che nel 2050 la popolazione raddoppierà rispetto a quella attuale raggiungendo gli 1,8 miliardi di persone. Siamo di fronte a un continente giovane, con grandi potenzialità anche dal punto di vista umano grazie anche a un presenza dell’Occidente che si è concentrata nei settori della scuola e della sanità dopo l’oscuro periodo coloniale. Con molte differenze tuttavia, perché la povertà e la fame coinvolgono ancora milioni di persone soprattutto dove, se sviluppo vi è stato, questo ha generato ancora più ampie disuguaglianze.
Per l’Europa una politica estera aperta all’Africa è altrettanto importante quanto difficile. Importante perché la crescita dei paesi africani è un’opportunità sia per limitare la pressione migratoria, sia per creare nuovi mercati di sbocco per le produzioni europee. Difficile perché l’Africa ha bisogno soprattutto di infrastrutture capaci di collegare i singoli paesi innanzitutto tra di loro e poi con il resto del mondo: e tutto questo ha costi molto alti. Non è un caso tuttavia che negli ultimi anni sia cresciuta in maniera forte la presenza della Cina che silenziosamente, ma metodicamente, sta creando le basi per una forte partnership economica.
Ma c’è un altro elemento di difficoltà. Il fatto che l’Europa sia ancora lontana dal poter agire con unità di intenti e unendo le forze e le risorse dei singoli paesi: è ancora sensibile la divisione in sfere di influenza sulla linee di un passato coloniale a cui paesi come la Francia non hanno ancora del tutto rinunciato. Eppure la crescita dell’Africa potrebbe essere uno dei punti di forza per ridare ossigeno anche alla sempre stentata crescita europea.