La partita Alitalia è tutt’altro che chiusa. Mentre è in corso un referendum tra i lavoratori che divide i sindacati, domani è in programma un’assemblea dei soci che si profila come uno snodo importante per giungere all’ingresso di Etihad. Le banche azioniste non sembrano contente della possibilità che Poste italiane investa circa 40 milioni di euro solo dopo l’arrivo degli arabi, lasciando così agli altri comproprietari di Cai l’onere di ripianare le perdite e di garantire per i debiti contratti. Nel frattempo non solo il panorama sindacale non è dei migliori, ma anche il rapporto tra azienda e rappresentanze dei lavoratori. Roberto Colaninno e Gabriele Del Torchio hanno infatti scritto ai dipendenti una lettera che non è piaciuta affatto a Uiltrasporti e alle associazioni professionali di piloti e assistenti di volo. Abbiamo cercato di capire perché con Carlo Amati, responsabile della Rsa Alitalia per Anpav, l’Associazione nazionale professionale degli assistenti di volo.
Insieme a Uiltrasporti, Anpac e Avia avete criticato quanto hanno scritto Del Torchio e Colannino. Perché?
Abbiamo contestato i toni della lettera, che appare un po’ “intimidatoria”. Si mette pressione ai dipendenti con questioni assolutamente scollegate con l’arrivo di Etihad.
Nella lettera c’è scritto che “tra le condizioni imprescindibili richieste dalla compagnia degli Emirati per entrare in Alitalia ce ne sono tre che riguardano direttamente o hanno impatti sulle persone e che si devono realizzare prima del loro investimento”…
Questo è falso. Etihad aveva posto una sola condizione: la firma dell’accordo riguardante gli esuberi. L’intesa è stata siglata da tutti, salvo che da Cgil e Usb. Ora i vertici di Alitalia vogliono far credere ai dipendenti che anche gli accordi sul contratto nazionale e sul costo del lavoro siano essenziali per l’alleanza con gli arabi. Lo stesso James Hogan, Ceo di Etihad, nei giorni scorsi ha ribadito che era felice per l’accordo quadro raggiunto e che la partita sul costo del lavoro riguardava sindacati e azienda e che ci sarebbe stato tempo per risolverla fino a fine luglio od oltre. Ora Alitalia ci mette fretta dicendoci che tutto va concluso entro venerdì…
Del Torchio e Colaninno hanno però ricordato che Etihad vuole un “clima non conflittuale per i prossimi anni”…
Etihad richiede la stabilità delle regole contrattuali, non un contratto nazionale. Basterebbe quindi un contratto aziendale, dove le regole di rappresentanza non vengono imposte e dove il personale navigante, nel nostro caso specifico, verrebbe adeguatamente rappresentato. Cosa impossibile con il contratto nazionale (che infatti non abbiamo firmato), dove sarebbe imposta la maggioranza secca per la rappresentanza. E visto che in Alitalia il personale di terra supera quello di volo, non avremmo adeguata rappresentanza. Va poi detta un’altra cosa in merito al contratto nazionale.
Quale?
Che andrebbe sottoposto a referendum prima della sua ratifica. Alitalia sembra dimenticarsene, mentre invece parla di referendum solo per quel che riguarda il tema delle retribuzioni. Oltretutto dicendoci che ha “bisogno che la risposta ci arrivi entro venerdì 25 alle ore 9, quando inizierà l’assemblea dei soci”.
Ma esattamente cosa prevede questa intesa sul costo del lavoro su cui il referendum è già stato avviato?
Quando alla fine dello scorso anno è stato presentato un piano industriale stand alone, senza quindi alleanze con altri vettori, l’azienda riteneva di dover chiedere un contributo straordinario di solidarietà ai dipendenti pari a 128 milioni di euro (la richiesta attuale è di 31 milioni, ndr).
E voi non siete d’accordo con questa richiesta?
Guardi, la questione è molto semplice. Non si può far finta che non ci sia stata la novità dell’interesse e del quasi certo ingresso di Etihad. Quindi la richiesta di allora non può essere ritenuta ancora valida. Men che meno si può dire che è essenziale per l’accordo con gli arabi e che occorre aderirvi entro il 25 luglio.
È vero che in questi giorni molti lavoratori stanno cambiando sindacato?
Sì, è in corso un esodo dei lavoratori dai sindacati che hanno firmato il contratto nazionale verso le associazioni professionali. In un certo senso molti dipendenti hanno capito che la rappresentatività ci stava per essere scippata per la seconda volta, visto che un esercizio di questo genere era già avvenuto nel 2008. Troviamo poi strano che un sindacato, la Cgil, abbia firmato il contratto nazionale, ma non l’accordo sugli esuberi. E c’è anche un’altra stranezza.
Di che cosa si tratta?
L’azienda ci dice che il 25 luglio è una data cruciale entro cui vanno conclusi tutti gli accordi. Eppure a oggi anche la stessa intesa sugli esuberi non può dirsi chiusa, visto che ancora non c’è stata l’apertura e chiusura in sede ministeriale delle procedure di mobilità e non c’è stata l’estensione del fondo del trasporto aereo. Quest’ultima è un passaggio fondamentale per la gestione degli esuberi, eppure l’incontro in merito è stato rinviato al 29 luglio, ben oltre il termine del 25.
Intanto, in vista dell’assemblea di domani, sembrano esserci anche dei malumori e dei disaccordi tra i soci stessi di Cai…
Questo è un tema che non attiene nello specifico le rappresentanze dei lavoratori. Io posso dirle che il driver dell’operazione Alitalia-Etihad è il ministero dei Trasporti e Maurizio Lupi, in maniera netta, ha fatto capire che le Poste saranno della partita ed è solamente in corso un approfondimento tra azionisti circa la modalità con cui questo avverrà. L’importante è che questa situazione non venga scaricata indirettamente sui dipendenti. Chi tenta di dire che le turbolenze sindacali possono influenzare gli azionisti compie un’azione faziosa. Come già è accaduto nel 2008.
(Lorenzo Torrisi)